Migranti sfruttati nei campi, un euro per ogni cassetta raccolta: in 20 finiscono in manette

Reggio Calabria Cronaca

Sei mesi di indagini che hanno portato a stroncare una vera e propria rete di “caporali” composta da extracomunitari centrafricani che vivevano tra la baraccopoli di San Ferdinando e Rosarno.

Col coinvolgimento dei titolari di aziende agricole e cooperative che si occupano della raccolta e della vendita degli agrumi, nella Piana di Gioia Tauro, in pratica avrebbero gestito l’intermediazione dei lavoratori, soprattutto braccianti agricoli stranieri, ma anche la prostituzione di donne africane e lo spaccio di stupefacenti, in particolare di marijuana.

Questo il sunto dell’operazione denominata “Euno”, dal nome non a caso dello schiavo siciliano che, nel 136 a.C., guidò la prima guerra servile contro il possidente terriero Damofilo.

Stamani il blitz che ha visto coinvolte 29 persone, tredici delle quali sono finite in carcere, altre sette ai domiciliari (in questo caso tutte italiane, così come altre cinque che sono anch’esse indagate) e le altre sottoposte ad obblighi di dimora o di presentazione alla polizia, se non ad entrambe le misure (QUI).

L’operazione arriva al termine delle indagini condotte dalla Stazione dei Carabinieri di San Ferdinando e della Compagnia di Gioia Tauro, col supporto del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Reggio Calabria, e coordinate dalla Procura di Palmi, diretta da Ottavio Sferlazza.

Le investigazioni - niziate a luglio del 2018 e durate fino al gennaio del 2019 - sono scaturite dopo la denuncia di un bracciante agricolo senegalese nei confronti di un presunto caporale ghanese.

Gli uomini dell’arma c’hanno voluto vedere chiaro e hanno avviato una serie di pedinamenti e riprese video, ascoltando persone che si riteneva informate sui fatti, ma anche eseguendo delle intercettazioni.

AL LAVORO NEI CAMPI PER 12 ORE AL GIORNO

È così che sono arrivati a scoprire come durante l’intera stagione agrumicola 2018-2019, “in modo sistematico”, i caporali avrebbero reclutato gli stranieri, anche irregolare, preoccupandosi di accompagnarli nelle aziende agricole locali e dove, con la compiacenza dei titolari delle stesse, li avrebbero impiegati nei campi approfittando del loro stato di bisogno ed in condizioni di evidente sfruttamento.

La filiera iniziava già alle 5 mattino quando i caporali, alla guida di minivan e veicoli - il più delle volte inidonei alla circolazione su strada ed al trasporto di persone - iniziavano a caricare a bordo i braccianti, radunati presso diversi punti di raccolta, come la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo containers di Rosarno.

Da qui li trasportavano, in condizioni di estremo disagio, nei diversi fondi agricoli sparsi nel territorio pianigiano per essere impiegati nella raccolta degli agrumi.

Nei campi, poi, i braccianti erano costretti a lavorare in condizioni precarie, obbligati a raccogliere mandarini ed arance 7 giorni su 7, festivi compresi, per 10 o 12 ore consecutive, con pause contingentate e sprovvisti di qualsivoglia protezione individuale o di tutela della salute.

DUE EURO L'ORA PER 12 ORE DI LAVORO

I Carabinieri avrebbero accertato, inoltre, che ciascun lavoratore ricevesse una paga giornaliera in base al numero di cassette di frutta raccolte (circa 1 Euro ognuna) e comunque non superiore a somme che oscillavano tra i 2 ed i 3 euro per ogni ora di lavoro.

All’interno dei furgoni, omologati per il trasporto di non più di 9 passeggeri compreso il conducente, i caporali riuscivano anche a caricare fino a 15 persone in un’unica soluzione, costringendo i braccianti, già provati dalle scarse condizioni di vita all’interno della baraccopoli, a trovare posto su sedili di fortuna realizzati con tavole in legno, secchi di plastica, cassette per la raccolta e pneumatici usati di autoveicoli.

In alcune occasioni i Carabinieri hanno sorpreso alcuni dei lavoratori che, rannicchiati all’interno del bagagliaio di autovetture station-wagon, alla vista dei militari, non esitarono a scappare pur di non farsi identificare o per paura di subire eventuali sanzioni.

Il complesso delle indagini, infine, avrebbe permesso di documentare alcuni episodi di detenzione ai fini di spaccio di marijuana e delle condotte di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione da parte di un cittadino liberiano, destinatario del provvedimento restrittivo, che si sarebbe occupato del trasporto di donne, tutte nigeriane, da Rosarno verso la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo di Rosarno, e dove sarebbero state costrette a prostituirsi ed a passare parte del ricavato al loro sfruttatore.

Nell’ambito dell’operazione, sono state anche sottoposte a sequestro preventivo tre attività imprenditoriali a Polistena, Rizziconi e Laureana di Borrello, oltre a 18 beni mobili registrati e per un valore stimato di oltre un milione di euro.

TUTTI GLI INDAGATI

In carcere sono dunque finiti: Agbevadi Johnny Amenyo, ghanese di 37 anni; Mark Benjamin, ghanese di 78; Haadi Dimbie, ghanese di 31; Joseph Jerry, liberiano di 38; Kader Karfo, ivoriano di 41; Lo Cheikh, senegalese di 68; Babacar Ndiaye, senegalese di 54; Ibra Ndiaye, senegalese di 36; Mbaye Ndiaye, senegalese di 53; Gorgui Diouma Sarr, senegalese di 36; Ballan Sidibe, ivoriano di 43; Nuhu Suleman, ghanese di 39; Kouda Burkinabè Yabre di 46.

Ai domiciliari, invece: Daniele Bruzzese, laureanese di 30 anni; Carmine Giuseppe Cannatà, rosarnese di 29; Vincenzo Galatà, melicucchese di 50; Annunziato Larosa, rosarnese di 51; Vincenzo Domenico Porretta, rosarnese di 69 (arresti domiciliari); Giuseppe Savoia, taurianovese di 47; Domenico Ventrice, rizziconese di 64.

Obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria per: Moussa Diakite, ivoriano di 36 anni; Abdou Khadim Diop, senegalese di 36; Amath Ndiaye, senegalese di 59.

Solo obbligo di dimora per: Giuseppe D’agostino, polistenese di 37 anni; Michele Fidale, polistenese di 61; Giuseppe Careri, rosarnese di 60.

Solo obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per: Osei Victor Afere, ghanese di 31 anni; Giacomo Condello, polistenese di 42; e Maliki, Burkinabè Gouem di 54.

Il blitz, scattato all’alba nelle province di Reggio Calabria ed in altre del territorio nazionale, è stato disposto dalla Procura della Repubblica di Palmi ed eseguito dai Carabinieri del Comando Provinciale dello Stretto, col supporto del Nucleo Ispettorato del Lavoro, dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria, dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia e dei Comandi Arma competenti per territorio.

Le accuse contestate, a vario titolo, sono di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Le indagini del Nucleo Ispettorato del Lavoro dell’Arma dei Carabinieri, hanno consentito di elaborare un qualificato e solido quadro indiziario a carico di tutti gli indagati: diciotto ritenuti come i caporali, datori di lavoro ed undici imprenditori agricoli.