Salvati oltre 50 volatili di specie protetta, tenuti in stato precario: beccato bracconiere

Reggio Calabria Cronaca

Oltre 50 esemplari di volatili di specie protette ed una consistente quantità di oggetti e attrezzature necessarie e funzionali al bracconaggio e all’uccellagione sono stati scoperti dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria, nel corso di un normale controllo del territorio, in un’area di campagna di Campo Calabro,

Nella zona i militari avevano già avviato delle attività di osservazione e di appostamento tant’è che sono riusciti anche ad individuare un bracconiere, senza alcuna licenza di caccia, e proprio esercitava illegalmente l’attività.

Nello specifico, l’uomo, un 78enne, G.C. le sue iniziali, è stato beccato in flagranza mentre, nascosto dietro una serie di rovi, comandava una rete di cattura puntellata con dei lunghi picchetti d’acciaio e collegata a una corda che giungeva fino al nascondiglio in cui si trovavano gli animali, potenziali future vittime della caccia illecita.

Nelle immediate vicinanze del luogo si trovavano infatti sette gabbie, posizionate su degli appositi paletti e che contenevano ciascuna un volatile appartenente a specie “particolarmente protetta”.

Lo stesso era utilizzato per richiamare, traendoli in inganno, quelli ancora in libertà: scovati così e nel compresso quattro cardellini, due verdoni e un ibrido di cardellino/canarino.

Inoltre, all’interno di un borsone anch’esso ritrovato in una gabbia più grande, c’erano altri quattro verdoni e undici verzellini, che sarebbero stati catturati nella stessa giornata.

Sulla base di quanto individuato, i militari hanno così deciso di perquisire l’abitazione del presunto bracconiere e le relative pertinenze: è qui che in un rustico, adiacente alla casa, c’erano numerose gabbie appese ai muri, tutte di dimensioni ridottissime, arrugginite e sporche, che ospitavano - in condizioni precarie, inadeguate e incompatibili con la natura degli animali - altri diciassette cardellini, un ibrido di cardellino/canarino, un verdone e un verzellino.

Proseguendo nelle ricerche, in un’intercapedine realizzata tra l’abitazione e un terreno, nelle stesse pessime condizioni, scovate altre gabbie con dentro quattro verdoni e sette verzellini.

Le attività di perquisizione hanno anche permesso di ritrovare tutta una serie di oggetti e attrezzi indispensabili e funzionali all’attività, tra cui delle reti di cattura, dei puntelli in metallo, dei richiami elettronici (comprensivi di batterie e casse), delle lenze e delle corde.

Data la specificità dell’operazione, le attività sono state condotte dai finanzieri con l’efficace e preziosa collaborazione del personale dell’associazione anti-bracconaggio C.A.B.S., un’importante realtà composta da un nucleo speciale anti-bracconaggio e formato da volontari esperti.

In questo scenario, visto lo stato di detenzione dell’uccellaggione, le fiamme gialle ha interessante anche il personale tecnico-veterinario dell’Azienda Sanitaria Provinciale che, intervenuto sul posto, ha constatato le modalità inadeguate di custodia di tutti gli animali, oltre che di nove canarini che, benché detenuti lecitamente, sono stati anch’essi sequestrati poiché, come gli altri, erano tenuti in condizioni incompatibili con la loro natura che gli procuravano delle gravi sofferenze.

I veterinari dell’Asp, inoltre, hanno constatato il maltrattamento di un verdone, utilizzato come zimbello (cioè come richiamo) per l’attività di uccellagione: l’animale, infatti, aveva una imbracatura fatta artigianalmente con dello spago, che passava dal collo alle ali ed era annodata all’altezza dello sterno: un metodo per forzarlo a volare e in modo da attirare così gli altri volatili, ma provocandogli di conseguenza un forte stress e costringendolo a vivere in condizioni innaturali.

Tutta la fauna e le attrezzature ritrovate dai militari sono state dunque sequestrate, mentre l’uomo è stato denunciato alla Procura della Repubblica locale per i reati di furto aggravato (commesso nei confronti della fauna, considerata patrimonio indisponibile dello Stato), maltrattamento e abbandono di animali e uccellagione.

Le varie specie sono state portate nell’Associazione Mediterranea per la natura-Centro di recupero fauna selvatica “Stretto di Messina”, dove la responsabile della struttura, dopo averle sottoposte singolarmente a una visita e su disposizione del Pm di turno, ha attivato le cosiddette “procedure di liberazione”, prendendo in carico per le cure necessarie quelli di cui non era possibile la liberazione e disponendo anche l’affidamento delle specie nate e cresciute in cattività.