Cosca Tegano. Confiscati i beni all’“esattore” delle tangenti

Reggio Calabria Cronaca

Sei immobili, tra cui una villa di pregio e due appartamenti tra Reggio Calabria e Scilla, due autovetture, disponibilità finanziarie varie e due diritti di credito vantati presso terzi: un patrimonio stimato “prudenzialmente” in un milione di euro.

A tanto ammonta il valore dei beni che - già sequestrati nel 2017 (QUI) - stamani sono stati confiscati dalla Dia della città dello Stretto a Rosario Aricò, 59 enne con trascorsi lavorativi nel settore dell’ortofrutta.

Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale locale su proposta del Direttore della Divisione investigativa antimafia.

In passato Aricò, a seguito dell’operazione “Archi” (QUI), è stato condannato dalla Corte d’Appello, con sentenza divenuta definitiva nel 2015, a 6 anni e 8 mesi di reclusione per associazione mafiosa, essendo ritenuto affiliato alla cosca Tegano, che opera prevalentemente nel quartiere di Archi del capoluogo.

In particolare, dalle indagini sarebbe emerso il suo supporto alle azioni criminali del clan, forte del rapporto intrattenuto con il defunto Peppe Schimizzi e con suo cognato Carmelo Barbaro, pluripregiudicato e personaggio di spicco della stessa consorteria criminale.

Secondo gli inquirenti, inoltre, il 59enne sovraintendeva alle attività economiche della cosca di appartenenza ricoprendo il ruolo di “fornitore obbligato” della frutta nel settore della grande distribuzione alimentare.

Rilevanti, per le attività investigative, sono risultate anche le dichiarazioni rese, sul conto dell’Aricò, dai collaboratori di giustizia Giovambattista Fracapane e Roberto Moio, dalle quali ne sarebbe emerso il suo ruolo di riscossore di tangenti, per conto dei fratelli Tegano, nei confronti della catena di supermercati Gdm, a cui sarebbe stata anche imposta la fornitura di frutta.

Le risultanze giudiziarie, che hanno acclarato la sua “pericolosità sociale qualificata”, insieme agli esiti delle indagini patrimoniali condotte dalla Dia, hanno evidenziato una netta sproporzione tra i redditi dichiarati rispetto agli acquisti effettuati nel tempo, e che sono risultati determinanti per l’emanazione del provvedimento di confisca.