‘Ndrangheta in Liguria e Piemonte: maxi sequestro ad imprenditore in odore di mafia

Reggio Calabria Cronaca

Un sequestro di beni per un valore che si aggira intorno ai 15 milioni di euro è scattato nei confronti di quattro persone finite in arresto nel luglio del 2016 nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Alchemia” (QUI).

Colpiti, dunque, conti correnti, depositi bancari, beni mobili, società e immobili nelle provincie di Savona, Alessandria e Reggio Calabria, ritenuti riconducibili a Carmelo Gullace (attualmente agli arresti domiciliari); alla moglie Giulia Fazzari; a Orlando Sofio (che si trova ristretto nella casa circondariale di Voghera) e a Marianna Grutteria (a sua volta reclusa nella casa circondariale di Vigevano).

Il sequestro è stato eseguito dalla Dia di Genova con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Reggio Calabria, diretta da Giovanni Bombardieri, e su proposta dell'Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Gianluca Gelso.

Ai sigilli si è arrivati al termine delle indagini relative appunto all’inchiesta “Alchemia” quando, tre anni fa, la Polizia e la Divisione investigativa antimafia eseguirono 42 misure cautelari a carico di soggetti considerati come affiliati e contigui alle cosche di 'ndrangheta reggine dei Raso-Gullace-Albanese e Parrello-Gagliostro (LEGGI).

Gli indagati erano gravemente indiziati dei reati di associazione mafiosa, concorso esterno, corruzione e intestazione fittizia di beni e società.

Tra i destinatari del provvedimento - come dicevamo - spiccano Carmelo Gullace, originario di Cittanova, e la moglie Giulia Fazzari, che secondo il Tribunale di Reggio Calabria sarebbero caratterizzati da una pericolosità sociale qualificata, in quanto sospettati di appartenere alla ‘ndrangheta.

IL REFERENTE DELLA COSCA IN LIGURIA E PIEMONTE

Le indagini patrimoniali eseguite dalla Dia del capoluogo ligure farebbero difatti emergere una presunta contiguità dei due coniugi alla cosca Raso-Gullace-Albanese; contiguità definita dagli inquirenti come “a stretta base famigliare” e che come tale sarebbe dunque stata la “vera e unica forza motrice della loro affermazione imprenditoriale” consentendogli, in pratica, di accumulare patrimoni grazie a proventi illeciti o che deriverebbero da attività svolte anche tramite il ricorso all’intestazione fittizia di società.

Gullace è considerato dagli investigatori come una figura di vertice della stessa cosca, con un ruolo direttivo e di comando, in quanto referente dell’articolazione ‘ndranghetistica in Liguria e in Piemonte per la risoluzione di controversie, per il mantenimento dei contatti con gli esponenti di spicco di altri “gruppi” territoriali della criminalità organizzata calabrese, ma anche per la condivisione di interessi imprenditoriali, anche al di fuori dell’Italia, per il reimpiego dei proventi illeciti.

DAL CAMION AL MATRIMONIO CON LA FIGLIA DEL BOSS

Trasferitosi a Ceriale, in provincia di Savona, nel lontano 1973 - si ritiene per sfuggire alla guerra di mafia allora in corso contro il clan dei Facchineri e che negli anni ’70 insanguinò Cittanova - l’uomo aveva lavorato inizialmente come autotrasportatore alle dipendenze di Francesco Fazzari, di cui sposò la figlia Giulia, considerata oggi come una “partecipe” e “a completa disposizione” della cosca Raso-Gullace-Albanese.

Il suo ruolo - sostengono sempre gli inquirenti - sarebbe stato quello di mantenere rapporti con gli amministratori dei comuni di Savona, così da acquisire appalti pubblici, e di organizzare trasferte in Brasile per riciclare il denaro della cosca acquistando delle proprietà immobiliari.

IL REFERENTE PIEMONTESE DELLA COSCA

Un altro destinatario dei provvedimenti di oggi è invece Orlando Sofio: anch’egli originario di Cittanova è considerato far parte anche lui della stessa cosca come uomo di fiducia di Carmelo Gullace, in pratica un referente piemontese che avrebbe avuto il compito “specifico” di tenere i rapporti con il clan dei Piromalli di Gioia Tauro, così come di trovare i prestanome a cui intestare fittiziamente le attività imprenditoriali riconducibili alla cosca, ma anche di curare gli interessi economici comuni con un altro clan, quello dei Gagliostro-Parrello di Palmi quanto agli appalti per le pulizie in Calabria, nella produzione di lampade e nell’acquisto di autonoleggi in Lombardia.

LA “TELEFONISTA” DEL CLAN

Quanto all’altra indagata, Marianna Grutteria, gli investigatori ritengono che fosse in costante rapporto con Orlando Sofio e con Candeloro Gagliostro (considerato a capo della famiglia mafiosa dei Gagliostro-Parrello di Palmi) su espressa disposizione di Sofio, per cui fungeva anche da telefonista.

LA GESTIONE DEI SETTORI “SENSIBILI”

Sia Sofio che Grutteria - affermano gli inquirenti - hanno concorso con la loro condotta a rafforzare la sussistenza e l’operatività della cosca Raso-Gullace-Albanese espandendone la dimensione imprenditoriale attraverso la gestione occulta di imprese operanti in settori economicamente sensibili, tentando di infiltrarsi, con la compiacenza di esponenti politici ed imprenditoriali, nei sistemi di aggiudicazione dei lavori pubblici, attraverso il meccanismo dei subappalti”.

Una tesi che avrebbe dunque convinto il Tribunale di Reggio Calabria, che anche per questi ultimi ha ritenuto sussistenti i presupposti della “pericolosità sociale qualificata”.

I BENI SEQUESTRATI

Tra i beni sottoposti a sequestro dalla Sezione Misure di Prevenzione del tribunale dello Stretto, su proposta della Direzione Distrettuale Antimafia locale, vi sono nel complesso le quote di partecipazione e il patrimonio aziendale di sette società, circa una ventina di beni immobili, fabbricati e trentasei terreni, numerosi conti correnti e beni mobili riconducibili alle società.