Omicidio a Pallagorio. Ammazzati per un attrezzo, l’urlo della vittima che “inchioda” l’assassino

Crotone Cronaca

“Nunziato mi stai ammazzando, mi stai ammazzando”: un urlo straziante di un uomo che guarda in faccia la morte, davanti al carnefice che gli punta un’arma dopo aver freddato già il padre. Poi il colpo di fucile che lo finirà.

Un urlo, un’ultima disperata richiesta d’aiuto, di pietà che avrebbe anche potuto cadere nel vuoto, nel silenzio delle campagne isolate.

Ma così non è stato perché ad ascoltarlo, e anche nitidamente, così come il prorompente deflagrare dell’arma, è stato un cacciatore, testimone involontario degli ultimi momenti di vita di Saverino Raffa, il 33enne di San Nicola dell’Alto, nel crotonese, ammazzato nelle campagne di località Furci insieme al padre Francesco, di 59 di anni, nel pomeriggio di un sabato di fine dicembre, a pochi giorni, solo poche ore dal Santo Natale (LEGGI).

Quell’ultima frase disperata del giovane allevatore ha dato il “La - potremmo dire - alle indagini frenetiche dei carabinieri del Nucleo investigativo di Crotone e della stazione locale, per dimostrare come quel carnefice fosse un loro vicino di terreno, Annunziato Lerose, 62enne anche lui sannicolese, che oggi è finito in arresto (LEGGI).

Un uomo schivo, solitario, è stato spiegato dagli inquirenti, che comunque ritengono abbia premeditato e organizzato quell’assassinio.

LA RICOSTRUZIONE DELL’OMICIDIO

Secondo i militari, quel giorno, Lerose avrebbe infatti recuperato un fucile calibro 12, lo avrebbe messo in macchina e poi si sarebbe incamminato per una strada isolata arrivando nel pressi dell’azienda agricola delle vittime.

Qui avrebbe nascosto la vettura dietro la vegetazione e si sarebbe diretto verso l’auto dei Raffa, una Suzuki Samurai, a bordo della quale padre e figlio stavano giungendo al cancello del loro podere.

Francesco Raffa - sostengono ancora gli inquirenti - avrebbe visto Lerose e dunque fermato la vettura ed abbassato il finestrino per parlargli, per chiedergli cosa volesse.

Sarebbe stato a quel punto che il 62enne avrebbe puntato il fucile e fatto fuoco su Francesco, tre colpi mortali. Saverino, rimasto ferito, sarebbe invece sceso dalla jeep per tentare la fuga, inutilmente. Raggiunto da Lerose venne freddato da due colpi di fucile.

Appena due ore dopo il fatto di sangue, poi, Lerose s’era già cambiato d’abiti, era sceso in centro, in paese, e sotto gli occhi di alcuni concittadini, era entrato in un tabaccaio a poca distanza dalla stazione dei carabinieri.

In quel tabacchino, però, pare non ci entrasse a comprare da almeno due anni, da quando cioè aveva smesso di fumare. Si ritiene, dunque, fosse solo un modo con cui avrebbe pensato di costruirsi un alibi.

IL MOVENTE DELL’ASSASSINIO

Poi il movente, la causa scatenante che avrebbe armato la sua mano. Una “questione” banale, futile, ovvero il fatto di ritenere i due Raffa dapprima responsabili del furto, e poi - forse più ragionevolmente - di non averlo aiutato a trovare chi gli avrebbe rubato, anni prima, un attrezzo agricolo.

Pare fosse diventato una “fobia” quest’ultimo elemento, al punto, sostengono di investigatori, di arrivare a prendersela con padre e figlio togliendogli la vita.

Questa dunque l’impietosa ricostruzione di un duplice omicidio che a fine dell’anno scorso aveva scosso una piccola comunità come quella di San Nicola dell’Alto, centro montano del crotonese.

All’inizio s’era anche pensato alla mano della criminalità organizzata. Il tipo di esecuzione, in fondo, poteva farla ritenere una pista plausibile.

Ma non è andata affatto così, ed a dare una svolta alle indagini è stato, come dicevamo, il racconto del cacciatore che ha portato i carabinieri ad indirizzare le investigazioni, fin da subito, nella ricerca chi potesse essere quel “Nunziato” urlato disperatamente da Raffa negli ultimi istanti di vita.

I militari, in pratica, hanno letteralmente passato al setaccio gli uffici anagrafe dei Comuni limitrofi ed è così che si sono resi conto che una sola persona poteva essere riconducibile a quel diminutivo.

Stretto, dunque, il cerchio intorno a Lerose, è stata perquisita la sua abitazione, la sua vettura. Lo stesso è stato sottoposto al test dello Stub, dall’esito positivo poi verificato dai carabinieri con altre investigazioni.

Come ad esempio il controllo delle celle telefoniche per tentare di localizzare il cellulare del presunto assassino nei luoghi e nelle ore del delitto.

Ed ancora l’analisi delle immagini delle telecamere di sorveglianza installate in paese, ovviamente non nelle campagne dove è avvenuto il fatto di sangue e completamente isolate.