Allarme cinghiali. Arci Caccia: ecco le cause, negli anni passati immissioni scriteriate

Calabria Attualità

Sabato scorso si è svolta a Vibo Valentia una forte manifestazione degli Agricoltori per protestare contro l'emergenza cinghiali e chiedere azioni concrete da parte della Regione e degli ATC (Ambiti Territoriali di Caccia).

L'Arci Caccia e Pesca della provincia vibonese ha così espresso una “piena e incondizionata” solidarietà a tutto il mondo agricolo, un sostegno, è stato ribadito, da sempre manifestato pubblicamente e nelle varie occasioni, esprimendo con chiarezza il proprio convincimento contro i ripopolamenti degli ungulati nelle aree in cui i cinghiali non erano mai stati presenti.

“Punto iniziale ed indiscutibile – ha spiegato Domenico Pitimada, presidente provinciale di Arci Caccia - è quello di considerare attualmente il cinghiale quale unica specie ‘critica’ per l’impatto negativo sugli ecosistemi agrari, anche perché la sua diffusione e il suo elevato numero produce squilibrio della piramide trofica e quindi dannoso allo stesso mondo venatorio. Va attribuito al cinghiale circa il 95% dei danni da fauna selvatica agli ecosistemi agrari e l’impatto presenta aspetti molto critici ormai in quasi tutto il territorio provinciale.”

"Le cause che hanno determinato il raggiungimento di tale situazione di criticità – prosegue Pitimada - sono individuabili in due filoni principali: immissioni scriteriate negli anni passati, a volte favorite da dirigenti dotati di scarsa professionalità perfino in aree ritenute non vocate dallo stesso piano faunistico; strumentale ricorso ai “ripopolamenti fai da te” da parte di gruppi di “cacciatori” supportati dalle loro associazioni. Ripopolamenti, quest’ultimi vietati dalla legge, anche perché spesso mancanti dei prescritti controlli sanitari sulla selvaggina e sua idoneità, quindi aumento delle criticità!"

Per l’associazione, dunque, vi è l’esigenza di considerare il cinghiale “quale parte integrante degli agro-ecosistemi, con la quale è necessario imparare a convivere, accettandone la presenza, senza rinunciare, tuttavia, ad azioni anche drastiche, là dove è necessaria una riduzione delle consistenze, o addirittura la sua eradicazione in alcune zone, specie quelle a forte vocazione agricola e turistica”.

“È necessario – viene poi sottolineato - arrivare ad una migliore gestione della specie; adottare una strategia di governo compartecipata ed estesa alle aree naturali protette, agli ATC, basata su principi tecnico-scientifici e finalizzata al raggiungimento di una situazione di equilibrio sostenibile tra ammontare dei costi economici e sociali del danno, carniere”.

Il problema cinghiale, per Primada, insomma “non può più essere sottovalutato, non solo per le diverse criticità sugli ecosistemi agrari e faunistico-venatori, ma anche sugli aspetti di sicurezza stradale e dissesto idrogeologico”.