Bancarotta fraudolenza e autoriciclaggio, in carcere sindaco e figlio

Cosenza Cronaca
Giacomo De Marco

Bancarotta fraudolenta ed autoriciclaggio: queste le accuse sulla base delle quali i finanzieri di Scalea - con l’operazione “Affari in Famiglia” - hanno fatto scattare stamani le manette per il sindaco del comune di Maierà, Giacomo De Marco, e per suo figlio Gino.

Entrambi sono finiti in carcere su ordine del Gip del Tribunale di Paola, Maria Grazia Elia, e su richiesta del Procuratore Capo Pierpaolo Bruni e del Sostituto Maria Francesca Cerchiara.

Contemporaneamente è stato eseguito un sequestro preventivo che interessato quote societarie, rapporti finanziari e beni immobili e mobili per un totale di circa un milione e mezzo di euro.

Il provvedimento si inserisce in un’ampia indagine eseguita dalle fiamme gialle che hanno avuto come oggetto la verifica della liceità di appalti pubblici e che, in questo caso, avrebbero permesso di delineare un quadro indiziario particolarmente grave quanto, appunto, ai reati contestati.

Le investigazioni si sono concentrate infatti sul fallimento di una società riconducibile al sindaco e sono state eseguite attraverso una meticolosa analisi dei bilanci, della documentazione contabile e bancaria.

Da qui sarebbero emerse numerose condotte “dolosamente distrattive” di beni aziendali e finalizzate a danneggiare i creditori, tra cui l’Erario ed una società in house della Regione Calabria.

Secondo gli inquirenti, la condotta che maggiormente descriverebbe la gravità di questi comportamenti riguarda la sottoscrizione di un contratto di affitto di ramo d’azienda tra la società fallita ed un’altra, amministrata dal figlio del sindaco ma, di fatto, ritenuta amministrata sempre da quest’ultimo, ed il cui scopo sarebbe stato quello di svuotare la fallita ai danno dei creditori.

Il ramo d’azienda - “affittato” per soli 1.200 euro all’anno - comprendeva infatti importanti voci del patrimonio sociale, comprese le attestazioni S.O.A. (che sono necessarie per partecipare alle gare d’appalto) ed avrebbe consentito all’azienda del figlio di De Marco di aggiudicarsi numerosi appalti pubblici per importi prossimi a vari milioni di euro.

Ed è stata proprio l’aggiudicazione di questi appalti ad aver aggravato il quadro accusatorio, costituendo, l’impiego in attività imprenditoriale di beni di origine illecita”, un’ipotesi di autoriciclaggio.