‘Ndrangheta. Omicidio del “Gringia”: due ergastoli in Appello

Vibo Valentia Cronaca

Quattro condanne e due assoluzioni, questo il verdetto emesso dalla Corte d’assise di appello di Catanzaro - presieduta dal giudice Fabrizio Cosentino - nell’ambito del processo sull’omicidio di Giuseppe Matina, detto “Gringia”, l’imprenditore agricolo ucciso nel febbraio drl 2012 a Stefanaconi (LEGGI), nel corso della cruenta faida tra i Patania e il gruppo dei Piscopisani.

Confermati gli ergastoli per i fratelli Giuseppe e Salvatore Patania mentre sono state rideterminate e ridotte le pene nei confronti di Saverio Patania (dall’ergastolo ai 30 anni di carcere in appello) e per il collaboratore di giustizia Nicola Figliuzzi che ha ottenuto lo sconto di pena ed è stato condannato a 11 anni e sei mesi di reclusione (20 anni in primo grado).

I giudici della Corte d’assise d’appello di Catanzaro hanno confermato l’assoluzione per Giuseppina Iacopetta, vedova del boss Fortunato Patania, ucciso il 18 settembre del 2011 (LEGGI) e Nazzareno Patania (per entrambi il pg aveva chiesto l’ergastolo).

Lo scorso 14 febbraio il sostituto procuratore al termine della requisitoria aveva invocato il carcere a vita per tutti, tranne che per Figliuzzi (LEGGI), a carico del quale aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado.

Giuseppe Matina era sfuggito dapprima ad un agguato il 27 dicembre 2011 mentre si trovava a bordo della sua utilitaria lunga la strada provinciale che collega Stefanaconi ai centri dell’Alto Mesima.

L’appuntamento con la morte per la vittima era stato, tuttavia, solo rinviato. Il giovane fu ucciso due mesi più tardi, con cinque colpi di pistola, di cui quattro all’addome e al torace, uno al volto.

Nel tardo pomeriggio del 20 febbraio 2012 venne finito nel giardino di casa, mentre era intento a concludere la sua giornata di lavoro nei terreni.

Un’area isolata, nella zona rurale di Stefanaconi, non lontano dalla valle del Mesima. I killer colpirono senza pietà, incuranti della presenza di altre persone, tra cui moglie e prole della vittima. La sua disperata richiesta di perdono non servì a nulla.

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