‘Ndrangheta. Escalation intimidatoria nel reggiano, fermati i figli di Francesco Amato

Crotone Cronaca
Foto tratta da Il Messaggero.it

Colpi d’arma e minacce indirizzate a due pizzerie; proiettili esplosi contro le vetrine dei locali ma anche bigliettini minatori indirizzari ai rispettivi proprietari: “dammi mille euro, se sei d’accordo appendi un fiocco”, recitava uno di questi.

Un’altra attività, poi, dov’è stato evitato un incendio “misterioso solo grazie all’intervento dei vigili del fuoco. E infine auto e un furgone dati alle fiamme, dopo aver cosparso di benzina i sedili.

Accade tutto in circa quindici giorni, non in Calabria ma nella provincia di Reggio Emilia. Una escalation intimidatoria che ha costretto la prefettura locale a convocare anche il Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico.

Oggi la volta con i carabinieri che arrivano a fermare tre persone, Mario, Cosimo e Michele Amato: sono i figli di Francesco, ritenuto tra gli organizzatori di un’associazione di ‘ndrangheta nella ricca provincia della regione del centro nord e condannato a 19 anni di reclusione nell’ambito del maxi processo Aemilia (LEGGI); attualmente è detenuto a Terni.

Secondo gli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia di Bologna, insieme al fratello Alfredo sarebbe stato “costantemente in contatto” con gli altri presunti associati alla cosca crotonese dei Grande Aracri, soprattutto per quanto riguarda i “settori” dei danneggiamenti e delle minacce a fini estorsivi.

Uscita la sentenza di condanna era sparito fino al 5 novembre scorso, quando entrò in un ufficio postale a Pieve Modolena tenendo in ostaggio cinque dipendenti per ben otto ore, prima di arrendersi (LEGGI).

I tre figli, invece, sono stati bloccati a Cavazzoli, dove risiedono insieme ad altri membri della famiglia, e portati nel carcere di Pulce in attesa della convalida del fermo, richiesto dal sostituto Isabella Chiesi per l’ipotesi di reato di tentata estorsione.

Il riferimento è proprio a diversi casi (almeno quattro) accaduti nei giorni scorsi e che hanno avuto come “obiettivo” il settore della ristorazione.

DAGLI AVVERTIMENTI ALLE FIAMME

Gli “avvertimenti” alle pizzerie e locali sono iniziati nella notte tra lo scorso 31 gennaio e l’1 febbraio. Di mira è stata presa allora la vetrata di una attività nel centro di Cadelbosco Sopra, comune alle porte di Reggio Emilia dove risiedono nomi “importanti” coinvolti nel processo Aemilia: Antonio Crivaro, Luigi Brugnano, Floro Vito Gianni, Eugenio Sergio, Luigi Silipo e lo stesso fratello di Francesco Amato, Antonio.

Un altro dei locali interessati dalle “attenzioni” minatorie, quello invece della Frazione di Cadè: si trova per l’esattezza in via Vanvitelli, dove due giorni dopo l’esplosione contro la pizzeria di Cadelbosco sono state incendiate le tre auto ed il furgone.

Lì vicino abita un altro soggetto, un crotonese, accusato di usura ma che non è stato rinviato a giudizio poiché nei suoi confronti è caduta l’aggravante mafiosa.

A circa 300 metri di distanza dalla stessa zona, infine, uno dei presunti capi della cosca reggiana, Romolo Villirillo (condannato in via definitiva a 12 anni) avrebbe avuto la disponibilità di un appartamento dove si sarebbero svolte importanti riunioni del gruppo.