Bilanci “aggiustati” per non pagare le tasse: frode al fisco da 7,5 mln. Azienda edile nei guai

Cosenza Cronaca

Una verifica fiscale eseguita in una società edile di Rossano ha portato i finanzieri della Compagnia della cittadina ionica a contestare la sottrazione al fisco di un importo di circa 7 milioni e mezzo di euro di cosiddetta “materia imponibile, ovvero la base di reddito su cui calcolare le tasse dovute.

I riscontri eseguiti dalle fiamme gialle farebbero ritenere, infatti, come gli amministratori della società (succedutisi nel tempo) fossero stati in realtà dei meri prestanome, completamente all’oscuro della gestione della stessa azienda, che in realtà sarebbe stata condotta da un gruppo familiare che tutt’ora controlla altre “persone giuridiche”, tutte sotto verifica, e che farebbero parte di quello che viene definito come un presunto “sistema fraudolento” che opera appunto nell’edilizia ma anche nella produzione e vendita del calcestruzzo.

Analizzando la documentazione contabile e bancaria, è poi stato scoperto “un collaudato sistema di frode” attuato dagli amministratori di fatto.

La tesi degli investigatori, in particolare, è che siano state emesse fatture per operazioni inesistenti relative alla cessione di mezzi, macchinari e impianti di produzione a società del “gruppo” effettivamente mai entrati nella disponibilità dell’azienda verificato o dismessi in annualità passate.

Inoltre, si sarebbero registrate in contabilità altre fatture relative invece ad acquisti di materiale edile mai effettivamente effettuati e destinato a cantieri non meglio individuati; infine si sarebbero compensati i debiti che l’azienda avrebbe avuto nei confronti dell’amministrazione finanziaria con dei crediti risultati fittizi.

Il tutto avrebbe lo scopo, dunque, di aggiustare” i bilanci annuali e così sottrarre la “materia imponibile” all’Erario.

Inoltre, tutte le operazioni commerciali sono risultate essere state pagate con degli “ingegnosi artifizi contabili” per impedirne l’effettiva tracciabilità dei pagamenti.

Insomma, nel complesso e nell’arco di quasi 8 anni, ovvero dal 2010 al 2018, vengono constatati dai finanzieri l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni “oggettivamente inesistenti” per un totale di 7 milioni di euro; ma anche l’evasione dell’Ires (l’imposta sui redditi delle società) per oltre 2 di milioni e dell’Iva per altrettanti, oltre a che di crediti fittizi compensati indebitamente per circa 700 mila euro.

In tre tra amministratori di fatto e di diritto della società sono stati così denunciati per reati tributari per i quali è prevista la reclusione fino ad un massimo di 6 anni.