Smantellato vasto giro di “squillo” nel cosentino, sette indagati

Cosenza Cronaca

Avrebbero gestito un vasto giro di “squillo” straniere: questa la tesi degli uomini della squadra mobile di Cosenza che stamani hanno eseguito sette misure cautelari, emesse dal Gip del tribunale del capoluogo, nei confronti di altrettante persone che devono ora rispondere - a vario titolo - dei reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

Il blitz è scattato all’alba di oggi ed al termine delle indagini condotte sempre dalla mobile, che hanno portato a smantellare la rete delle “squillo” e, soprattutto, a identificare e bloccare chi avrebbe sfruttato le donne che si prostituivano, soprattutto delle straniere che arrivavano da tutta Italia, esercitando il meretricio principalmente a Rende.

GLI INDAGATI, IN DUE AI DOMICILIARI

I provvedimenti cautelari hanno attinto in particolare un 52enne di Zumpano (A.L.), una 43enne brasiliana residente a Montalto Uffugo (A.A.S.P.); un 42enne di Rende (D.B.); un 45enne di Montalto Uffugo (F.C.); una ecuadoregna di 42 anni domiciliata a Rende (J.E.H.H.); e due cittadini rumeni, un 25enne (I.G.) ed un 26enne (D.N.T.).

Per i primi quattro il Gip ha disposto i domiciliari mentre per gli altri l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

I SITI D’INCONTRI E L’ACQUISTO DELLE PRESTAZIONI

Le indagini sono iniziate quasi tre anni fa, nel maggio 2017 e poi si sono sviluppate grazie all’uso di presìdi tecnologici che hanno permesso di delineare quella che ormai è la modalità di offerta delle prestazioni sessuali a pagamento, ovvero l’uso di siti web su cui vengono pubblicati annunci di carattere erotico o pornografico - che i provider, prevalentemente “bakekaincontri” e “escortitalia”, suddividono opportunamente per provincia – e che propongono incontri concordabili quasi sempre per telefono, numeri di cellulare, per poi essere consumati in appartamenti affittati apposta dagli inserzionisti.

Le fotografie ed i testi contenuti negli annunci erano espliciti, i protagonisti mettevano in evidenza i loro corpi nudi e soprattutto le parti intime. In genere, durante il contatto telefonico, veniva indicato all’eventuale cliente il posto dove raggiungerlo, che nel messaggio è solo indicato genericamente, ed il costo della prestazione che può variare a seconda delle esigenze dell’acquirente. Le prestazione, poi, vengono solitamente svolte in appartamenti nei quali “operano” una o più donne.

Queste modalità, spiegano gli investigatori, “hanno quindi evidentemente comportato il proliferare di figure che compiono un’attività che può essere definita ‘servente’ e che ha come scopo ultimo quello di agevolare in tutto e per tutto la buona riuscita degli incontri tra clienti e prostitute”

Di contro i favoreggiatori ne traggono un vantaggio economico importante, “con la consapevolezza che i proventi ottenuti derivano dall’altrui meretricio” aggiungono gli inquirenti.

IL BUSINESS DEGLI APPARTAMENTI CON TANTO DI CONTRATTO

In questo “mercato”, l’attività più remunerativa e più importante è certamente quella di trovare le abitazioni in cui ospitare le prostitute. I proprietari degli appartamenti, così com’è stato riscontrato in questa indagine, non sempre sono a conoscenza di ciò che vi avviene all’interno e questo è dovuto al fatto che gli stessi locatori abitano a diversi chilometri di distanza dal luogo in cui, magari solo per un investimento finanziario, hanno deciso di acquistare gli immobili.

In alcuni casi, per gli appartamenti dati in affitto vi è anche un regolare contratto registrato presso l’Agenzia delle Entrate, talvolta da parte dell’agenzia immobiliare che ne ha curato la stipula o direttamente dal padrone dei locali.

Gli “affittuari ufficiali”, invece, sono dei prestanome quasi sempre di nazionalità extracomunitaria, anche loro dediti al commercio sessuale e che generalmente si spostano settimanalmente di città in città.

Le case, quindi, sono ad uso donne che chiedono di “lavorare” per un certo periodo in quella precisa località, pagando ognuna 50 euro al giorno a chi gestisce gli appartamenti.

LE SUDAMERICANE, LE RUMENE E IL TASSISTA TUTTOFARE

La complessa attività investigativa, eseguita con intercettazioni telefoniche e videosorveglianza, si fonda sulle prove acquisite e che cristallizzato la sussistenza di gravi indizi in ordine all’ipotesi di reato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione.

Le indagini avrebbero dimostrato che a partire dal luglio 2015 i sette soggetti oggi indagati avrebbero favorito e sfruttato, anche in tempi diversi, numerose prostitute, perlopiù sudamericane o rumene, collocandole sistematicamente in degli appartamenti di Rende.

Secondo gli investigatori, uno dei soggetti raggiunti oggi dalla misura cautelare avrebbe funto, su compenso, anche da “tassista tuttofare” delle prostitute, accompagnandole nelle case e impegnandosi a fornirgli oggetti necessari per consumare i rapporti sessuali a pagamento.

C’era poi una donna che oltre a esercitare ella stessa la “professione”, si sarebbe preoccupata anche di reclutare altre prostitute.

Sempre gli inquirenti, nell’ottobre 2017, altri indagati avrebbero favorito la prostituzione di rumene alle quali sempre uno degli indagati aveva affittato un appartamento a Rende.

(aggiornata alle 08:55)