Fisco e tasse. L’allarme della Cgia: in Calabria evade un quarto dei contribuenti

Calabria Cronaca

Un ennesimo primato, e sempre e purtroppo negativo, per la Calabria: parliamo dell’evasione fiscale che posiziona la nostra regione al primo posto tra quelle più a rischio d’Italia, con un indice percentuale del 24,2%; seguita a ruota dalla Campania al 23,2%, dalla Sicilia al 22,2% e dalla Puglia al 22%.

Il dato - allarmante - emerge dall’ultima indagine eseguita dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre e che confermerebbe dunque la tendenza al rischio maggiore nelle regioni del sud, in particolare nella nostra di regione, dove il dato di evasione, appunto, riguarda ben un quarto dei contribuenti.

Parliamo di una dato percentuale di 8 punti superiore alla media nazionale, che si è attestata nel 2016 al 16 per cento: in parole povere, e per semplificare per ogni 100 euro di gettito incassato dal fisco, 16 rimangono illegalmente nelle tasche dei furbetti, un totale che in Italia ammonta - in termini assoluti - a poco più di 113 miliardi di euro.

Si confermano invece più “oneste” le aree del Centro-Nord, sebbene in Veneto l’evasione si attesti comunque ad 13,8%, in Lombardia al 12,5% e nella Provincia autonoma di Bolzano al 12.

Secondo la Cgia, però, si potrebbe essere leggermente ottimisti, almeno se si valuta nella generalità come negli ultimi anni il peso dell'evasione sia leggermente calato: se sempre nel 2016 era costata 113 milioni, nel 2015 aveva toccato i 114 di milioni, e nel 2014 era addirittura di 118.

Una piaga sociale ed economica che secondo Paolo Zabeo, coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia, si potrebbe iniziare a risolvere partendo dalla riduzione del peso del prelievo fiscale.

“In altre parole, pagare meno per pagare tutti” afferma Zabeo aggiungendo che “ovviamente gli evasori seriali vanno perseguiti e messi nelle condizioni di non farlo più, ovunque essi si annidino, ma attenzione a non fare di tutta l'erba un fascio”.

C’È ANCHE L’EVASIONE DI SOPRAVVIVENZA

Il coordinatore fa riferimento alla cosiddetta “evasione di sopravvivenza”, diffusa in particolar modo al Sud: il non pagare le imposte avrebbe infatti consentito in questi ultimi anni la salvaguardia della continuità aziendale e di molti posti di lavoro, fa notare.

Sui contribuenti graverebbe poi il peso dell’oppressione fiscale “che - ribadisce la Cgia - ostacola l'attività quotidiana, soprattutto delle imprese di piccola dimensione”.

Altri elementi che gravano sulla situazione, ed al netto delle tariffe dei commercialisti per la tenuta della contabilità aziendale, secondo una indagine della presidenza del Consiglio dei Ministri sono il costo della burocrazia fiscale per gli imprenditori, come gli obblighi dichiarativi, certificazione dei corrispettivi, tenuta dei registri, etc., che arriva alla cifra di circa 3 miliardi di euro ogni anno.

LA RICETTA: RIDURRE GLI ADEMPIMENTI FISCALI

La ricetta per semplificare i rapporti con il fisco e ridurre le possibilità di evasione, la propone il segretario della Cgia, Renato Mason secondo cui occorrerebbe ridurre anche il numero di adempimenti fiscali che, invece, rischiano di aumentare ancora.

“Non dobbiamo dimenticare – spiega Mason - che le più penalizzate da questa situazione sono le piccole e micro aziende che, a differenza delle realtà più grandi, non dispongono di una struttura amministrativa in grado di farsi carico autonomamente di tutte queste incombenze".

Una tesi confermata da Poalo Zabeo secondo cui a ridurre l'evasione sarebbero stati i risultati ottenuti dall'Amministrazione finanziaria nei confronti dell'evasione ed elusione praticata proprio dalle imprese di maggiore dimensione “e, in parte molto più contenuta, dalla contrazione dell'economia sommersa che è avvenuta grazie alla leggera ripresa economica registrata in questo triennio”.

In questa elaborazione la Cgia ha stimato l’insieme delle imposte evase a livello regionale applicando al valore aggiunto sommerso di ogni regione un coefficiente determinato dal rapporto tra il gettito fiscale e il valore aggiunto desumibile dai conti nazionali, al netto dell’economia non osservata (che è data dalla somma del valore aggiunto riconducibile alle sotto dichiarazioni, al lavoro irregolare e alle attività illegali).