Traslate a Santa Maria Maddalena i resti del Servo di Dio Carlo De Cardona

Cosenza Attualità

Ieri, con una solenne e suggestiva liturgia, le spoglie mortali del Servo di Dio Carlo De Cardona, sacerdote nato a Morano il 4 maggio 1871, sono state traslate dal locale cimitero, dove erano seppellite dal 10 marzo 1958, giorno della sua morte, alla chiesa parrocchiale Santa Maria Maddalena.

Il sacro rito, assai coinvolgente, ha avuto inizio intorno alle 16.00, con l’estumulazione della piccola bara nella quale il corpo era stato ricomposto nei mesi scorsi a margine della ricognizione canonica. Una serie di preghiere ha preceduto l’avvio della processione verso la Collegiata, dove il corteo, intonando le litanie dei santi, è giunto alle 17.00 per la concelebrazione della Messa. Hanno officiato: il vescovo di Cassano Jonio, mons. Francesco Savino, affiancato dal suo vicario generale, don Francesco Di Chiara, dal vescovo dell’eparchia di Lungro, Donato Oliverio, dal parroco don Claudio Bonavita, dal postulatore della causa di beatificazione e canonizzazione, don Massimo Romano, dei vari componenti il tribunale ecclesiastico impegnato ad accertare l’esercizio eroico delle virtù cristiane da parte di don Carlo, dei frati cappuccini di stanza nel convento moranese, di una folta rappresentanza del clero diocesano, di alcuni presbiteri dell’arcidiocesi di Cosenza/Bisignano. Erano presenti: il primo cittadino Nicolò De Bartolo, il vicesindaco Pasquale Maradei, il presidente del Parco del Pollino, Domenico Pappaterra, il sindaco di Malvito, Pietro Amatuzzo, le autorità militari, i familiari del (si spera) futuro beato. Molti i fedeli e devoti intervenuti da diversi paesi della provincia.

“Sono sicuro – ha detto il vescovo Savino nell’omelia – che Don Carlo De Cardona diventerà santo. Egli non ha ceduto alla mondanizzazione, non ha sposato la logica del mondo, del potere. Siamo perciò chiamati a imitarne le virtù; vivere con responsabilità il tempo della Chiesa, tra il “già” e il “non ancora”. Siamo tenuti a custodire il tesoro che ci è stato affidato, la vita; a non essere prigionieri dell’accidia. Don Carlo era uomo preghiera, azione e contemplazione, mistico e spirituale, innamorato di Gesù e dei poveri. Lo slancio e l’amore verso gli ultimi sono stati per lui causa di grandi incomprensioni e sofferenze. E tuttavia non si è arreso ai numerosi ostacoli incontrati nel suo lungo percorso di edificazione del Regno di Dio. L’esistenza terrena di don Carlo è stata una continua incessante “Cristificazione”; a lui il merito di aver anticipato i contenuti del concilio Vaticano II e del Cattolicesimo sociale e democratico».

E termina, mons. Savino, con l’invito ad «approfondire la conoscenza di questa gigantesca figura del cristianesimo calabrese e a ritornare alla preghiera. Perché senza la preghiera il cristianesimo diventa ideologia».

«Abbiamo vissuto un’altra pagina significativa della nostra storia – ha commentato il sindaco Nicolò De Bartolo-. Finalmente la Chiesa riconosce pubblicamente le virtù del nostro concittadino don Carlo De Cardona. Lo fa dopo otto anni di indagini e studi complessi e laboriosi, che certificano le numerose opere materiali e spirituali realizzate dal prete moranese. La nostra speranza, da credenti e da uomini delle istituzioni, è di vederlo presto canonizzato e poterlo additare con l’avallo e il sigillo della Chiesa quale perfetto e indiscusso esempio di operatività sociale e spirituale. Siamo pertanto riconoscenti al nostro vescovo Savino e ai suoi collaboratori per il dono che largiscono alla comunità; inoltre vogliamo ringraziare il parroco don Claudio Bonavita, la famiglia De Cardona, il popolo, autorità civili, militari ed ecclesiastiche, e quanti, nessuno escluso, in vari modi hanno condiviso con noi questo intenso momento di riflessione».

Le spoglie del Servo di Dio riposano ora nel transetto della Collegiata Santa Maria Maddalena, in cornu epistolae, appiè dell’altare dedicato a santa Teresa d’Avila.