Traffico di rifiuti speciali, un business milionario: una quarantina di indagati

Reggio Calabria Cronaca

Una lunga indagine, durata addirittura per sei anni, dal 2012, per portare a galla un presunto traffico illecito di rifiuti speciali la cui base operativa sarebbe nell’area ionica reggina.

Trentotto, alla fine, i soggetti denunciati a vario titolo e due le aziende sequestrate in via d’urgenza, la Ferro Sud e la Lo.Ca.Fer, entrambe di Siderno dove operano nel settore dei rifiuti speciali.

Questo il risultato dell’operazione denominata “Dirty Iron”, eseguita dal Gruppo Carabinieri Forestale di Reggio Calabria e dai loro colleghi del Comando Provinciale.

Le misure cautelari sono state disposte dalla Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri.

Una indagine complessa quella che ha portato al blitz di oggi, che come dicevamo è iniziata nel 2012 e riassunta nelle informative del Nipaaf (il Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale dei Carabinieri), del Compartimento della Polizia Ferroviaria del capoluogo e del Gruppo Carabinieri di Locri, in particolare della Stazione di Sant’Ilario dello Ionio.

Secondo gli investigatori la Ferro Sud sarebbe stata “il fulcro di un’attività organizzata” per il traffico illecito di rifiuti speciali a cui avrebbero contribuito anche numerosi soggetti terzi in concorso con gli amministratori delle ditte sequestrate.

Le indagini avrebbero fatto emergere come presso la stessa Ferro Sud sarebbero giunti quotidianamente ingenti quantità di rifiuti speciali conferiti sia da aziende (molte delle quali non iscritte all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali), ma anche da privati.

Diversi conferimenti in entrata nell’aziendale, però, non risulterebbero essere mai stati annotati negli appositi registri di carico, elemento che ne impedirebbe dunque la loro tracciabilità.

Si tratta di prodotti provenienti anche da raccoglitori ambulanti e da soggetti non autorizzati a svolgere attività di raccolta e trasporto, che sarebbero stati così conferiti all’azienda ovviamente a pagamento (in base alla tipologia e al peso del rifiuto consegnato) per poi essere destinati ad altri cicli produttivi, senza subire alcun trattamento preliminare di recupero.

Dalle risultanze investigative emergerebbe infatti che le ditte oggi sequestrate sarebbero state prive dei presidi tecnologici necessari al recupero dei rifiuti metallici, al cui trattamento risultavano autorizzate.

I rifiuti, tali e quali, anche contaminati da sostanze pericolose, sarebbero stati così avviati ad altri comparti produttivi, andando ad inficiare la qualità del prodotto finale di settori strategici dell’industria nazionale, oltre a costituire fonte di pericolo per la salute pubblica.

Secondo gli investigatori, dunque, si sarebbe sgominato oggi un giro d’affari di svariati milioni di euro. Un’operazione che ha condotto al sequestro, disposto dal Sostituto Antonella Crisafulli e dall’Aggiunto Giuseppe Lombardo, delle due aziende sidernesi, insieme ai relativi beni aziendali e ai conti correnti bancari, oltre che di altre sedici misure cautelari reali eseguite nei confronti dei soggetti ritenuti implicati, a vario titolo, nella vicenda.