Gli imprenditori in “odore” di mafia e le ricchezze accumulate in 40anni

Reggio Calabria Cronaca

Milano, Torino, Alessandria, Agrigento, Novara e, dunque, il reggino. È qui che sono stati eseguiti i sequestri - all’ingente patrimonio, di circa 212 milioni di euro - da parte della Guardia di Finanza, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di due noti imprenditori della zona (LEGGI).

I sigilli sono scattati ad imprese commerciali, beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie: il tutto a carico di Domenico Gallo, 62enne di Bovalino attivo nel settore delle costruzioni edili e della fabbricazione e distribuzione di conglomerati bituminosi; e di Gianluca Scali, 46enne di Roccella Jonica che si occupa invece di inerti e calcestruzzo.

I provvedimenti fanno seguito ad un altro recente ed importante sequestro, da ben 115 milioni di euro, che ha colpito un altro gruppo imprenditoriale della Piana, quello riconducibile invece a Giuseppe, Francesco, Luigi e Francesco Bagalà (rispettivamente di 61, 28, 72 e 40 anni) (LEGGI), attivi negli appalti pubblici e che gli inquirenti ritengono abbiano accumulato le loro ricchezze grazie ad una presunta “vicinanza” e “contiguità alla cosca di 'ndrangheta dei “Piromalli”.

I sequestri di oggi partono anche dall’operazione “Cumbertazione” che nel 2017 ha portato all’arresto di 27 persone (LEGGI), indagate - a vario titolo – di associazione mafiosa, associazione per delinquere semplice aggravata, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici; oltre che al sequestro di 44 imprese per un valore di 224 di milioni.

Nell’ambito di questo procedimento, che attualmente è pendente davanti al Tribunale di Palmi, Gallo e Scali sono imputati per associazione mafiosa.

L’AZIENDA INTESTATA ALLA MAMMA

La tesi è che i due imprenditori, operando in sinergia e attraverso le loro imprese, sarebbero stati in grado di controllare le commesse per le forniture di calcestruzzo e di conglomerati bituminosi, imponendo i loro prodotti anche per la realizzazione dei lavori che farebbero capo al gruppo dei “Bagalà”, con i quali sarebbero da anni in affari.

Analizzando le figure di entrambe, gli investigatori sostengono che Gianluca Scali, già Sorvegliato Speciale e considerato contiguo alla cosca “Ursino di Gioiosa Jonica, sia stato il dominus dell’impresa intestata fittiziamente alla madre, Lina Ursino.

Le vicende giudiziarie che interessano invece Domenico Gallo, inizierebbero con la condanna - divenuta definitiva nel 2005 - per 27 truffe commesse fra il 1985 e il 1991 e per due ipotesi di turbata libertà degli incanti per aggiudicarsi “in modo illecito” degli appalti pubblici per la realizzazione di opere nel comprensorio di Bovalino.

Lo stesso Gallo, poi, è stato coinvolto in diverse recenti inchieste giudiziarie. In particolare, oltre alla “Cumbertazione”, anche nell’operazione “Martingala” (LEGGI) che ha inteso colpire un presunto gruppo criminale che avrebbe commesso gravi delitti tra cui l’associazione mafiosa, il riciclaggio e autoriciclaggio, le false fatturazioni: e per alcuni degli indagati, tra cui l’imprenditore, con l’aggravante del metodo mafioso.

In questo contesto, nei primi mesi del 2018 vennero eseguiti 27 provvedimenti restrittivi personali (LEGGI) e ancora sequestri: sui 51 società, anche estere.

Nell’operazione di allora Gallo fu indiziato, insieme a Antonino Mordà (49 anni) e Antonio Scimone (43), di diverse intestazioni fittizie di società per agevolare il riciclaggio e reimpiego dei proventi da attività delittuose, oltre che di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale.

I RAPPORTI CON I BARBARO E I NIRTA

Sarebbero poi emersi dei presunti rapporti tra Antonio Scimone, Antonio Barbaro (70 anni), Bruno Nirta (70) (quest’ultimi ritenuti rispettivamente intranei alle cosche “Barbaro” detti I Nigri” di Platì e “Nirta” detti “Scalzone” di San Luca) e Giuseppe e Francesco Bagalà (61 e 28 anni).

Secondo gli inquirenti si sarebbero tutti associati fra di loro per gestire i flussi economici, costituendo attraverso Scimone delle società all'estero e così riciclare ingenti somme provenienti da fondi neri creati attraverso dalle attività illecite e giustificati da apparenti rapporti commerciali.

Gallo, ancora, è stato coinvolto nelle altre e seguenti indagini giudiziarie: l’operazione “Chaos(LEGGI) a Vibo Valentia e la “Amalgama(LEGGI), partita dalla Procura di Roma e conclusa nel 2016.

In questo ambito l’imprenditore è indiziato gravemente di essere stato “promotore e organizzatore” di un’associazione per delinquere costituita per commettere “una serie di reati” contro la pubblica amministrazione e finalizzati a consentire l’acquisizione, anche in capo a società a lui riconducibili, di commesse per la realizzazione di grandi opere pubbliche (tra cui il VI lotto della Salerno-Reggio Calabria e l’Alta Velocità Milano-Genova), anche attraverso numerosi episodi di corruzione.

Per condotte definite “speculari” a quest’ultime, Gallo è stato inoltre destinatario di una misura cautelare anche nel contesto dell’operazione “Arka di Noè”, pendente presso il Tribunale di Genova e conclusa nel 2016 con 14 provvedimenti restrittivi per corruzione, concussione e turbativa d’asta perpetrati, in questo caso nell’ambito dei lavori per le opere del “Terzo Valico dei Giovi”.

SOTTO LA LENTE I PATRIMONI ACCUMULATI DAL 1979

Alla luce di queste risultanze, la Dda di Reggio Calabria ha delegato le fiamme gialle e lo Scico delle indagini economico-patrimoniali finalizzate all’emissione di una misura di prevenzione.

Dopo aver delineato il presunto profilo di pericolosità sociale dei due imprenditori, gli investigatori hanno cercato di ricostruire le acquisizioni - dirette o indirette - effettuate in quarant’anni, ovvero dal 1979 ad oggi.

Alla fine ritengono di aver rilevato una sproporzione tra il profilo reddituale e quello patrimoniale per entrambi ma anche un ruolo definito dagli stessi inquirenti di imprenditore mafioso … rivestito nel tempo da Scali, per conto della cosca di riferimento e la conseguente mafiosità dell’impresa individuale Ursini Lina, da questi gestita, in relazione al metodo con il quale la stessa impresa ha inquinato il relativo settore di mercato alterandone la concorrenza”.

La tesi è poi che Gallo abbia utilizzato una serie di società per operare in diversi contesti territoriali, sia provinciali CHE nazionali.

Infine, si sarebbero individuati - attraverso una complessa e articolata attività di accertamento e riscontro documentale - i patrimoni dei quali i due disponevano, direttamente o indirettamente, e del valore considerato decisamente sproporzionato rispetto alle loro capacità ufficiali oltre che le possibili fonti illecite” dalle quali li avrebbero acquisiti.

I SEQUESTRI

Complessivamente, è stato disposto il sequestro di 14 imprese commerciali (compresi rapporti bancari, partecipazioni, 69 immobili e 36 veicoli), quote societarie, immobili (fabbricati e terreni, tra cui una villa di pregio), beni di lusso (12 orologi di noti marchi), finanziari e assicurativi, disponibilità finanziarie: per un valore come detto stimato in circa 212 milioni di euro.