Corruzione in Comune: terremoto tra Cosenza e Fuscaldo, arrestati sindaco e vice

Cosenza Cronaca

Un vero e proprio “terremoto” che ha coinvolto figure per così dire “eccellenti”: un sindaco, il suo vice e un assessore oltre che un funzionario pubblico, ma anche imprenditori e un professionista.

Sono tutti finiti in manette: in totale ben 14 persone di cui 12 in carcere e due ai domiciliari. Complessivamente 20 quelle indagate. I reati contestati sono di corruzione, tentata concussione, indebita induzione a dare o a promettere, peculato, turbative d’asta e di procedimenti di scelta dei contraenti della pubblica amministrazione, falso ideologico.

Sotto la lente degli inquirenti la gestione di molti appalti pubblici ed affidamenti diretti per lavori, servizi e forniture da oltre sette milioni e mezzo di euro.

Questi i numeri della vasta operazione denominata “Merlino” ed eseguita stamani dalla Guardia di Finanza di Paola. Il provvedimento del Gip Maria Grazia Elia - su richiesta del Procuratore Capo Pierpaolo Bruni e dei Sostituti Antonio Lepre e Teresa Valeria Grieco - ha colpito tra a gli altri il primo cittadino di Fuscaldo, Gianfranco Ramundo; il suo il vice ed assessore Paolo Cavaliere ed un altro assessore dello stesse ente del cosentino.

Gli appalti ed affidamenti interessati dall’indagine riguarderebbero però anche il Comune di Cosenza. La tesi degli investigatori è infatti che vi fosse un “elemento di collegamento fra i due enti locali, ovvero il funzionario che come dipendente del Comune Bruzio era autorizzato ad esercitare part-time le funzioni di Responsabile di Settore anche presso quello di Fuscaldo.

UN SISTEMA “COLLAUDATO” E “RADICATO”

Gli inquirenti parlano addirittura di un sistema corruttivocollaudato” e di “collusioni nella gestione della cosa pubblica” radicate nei due enti, il tutto alimentato da presunte condotte illecite ritenute abituali e messe in atto dai pubblici ufficiali ed imprenditori, ovviamente ai danni dei Comuni.

Le diverse turbative delle gare e dei procedimenti di scelta dei contraenti della Pubblica Amministrazione sarebbero spuntate grazie a delle complesse indagini che sono state sviluppate con attività tecniche, analizzando poi un'enorme mole di documentazione cartacea ed informatica acquisita durante perquisizioni e sequestri (che hanno interessato anche 26 supporti informatici tra computer, tablet e telefoni cellulari).

Gli investigatori hanno anche raccolto le dichiarazioni di testimoni ed effettuato indagini finanziarie ed accertamenti patrimoniali.

GLI ACCORDI “CLANDESTINI” TRA PUBBLICO E PRIVATO

Per ciascuna gara o scelta del contraente, le fiamme gialle ne hanno ricostruito gli accordi ritenuti clandestini e le presunte “collusioni” fra i soggetti pubblici e privati, oltre ai “mezzi fraudolenti” usati per assegnare illecitamente i lavori ed i servizi da parte dei Comuni, violando però le norme del Codice degli Appalti e quelle che regolamentano l’esercizio della funzione pubblica.

In diversi casi le indagini documenterebbero anche delle omissioni di atti dovuti da parte di pubblici ufficiali che per i loro “servigi” avrebbero ricevuto in cambio incarichi professionali, assunzioni di lavoratori, l’utilizzo gratuito di una struttura alberghiera ma anche trasferimenti di sede di lavoro ed altri “doni”.

Si sono così ricostruiti i rapporti interpersonali fra funzionari, imprenditori e altri soggetti coinvolti, che - sostengono gli inquirenti - hanno contrassegnato una “funzione pubblica spogliata della sua reale natura”, finalizzata cioè al “perseguimento dell’interesse pubblico e del bene comune”, e in realtà che sarebbe stata piegata strumentalmente” per il “mero raggiungimento di interessi privati”.

In molte occasioni, la commistione fra gli interessi pubblici e quelli privati avrebbe portato alla creazione di una vera e propria “confusione fra ruoli” tra il Pubblico Ufficiale, l’imprenditore e viceversa.

LE GARE FINITE SOTTO LA LENTE

Diverse le gare pubbliche oggetto delle indagini. Tra le principali quella per l’affidamento diretto della gestione del depuratore comunale di Fuscaldo, da oltre un milione di euro; così come i lavori di ripristino del Lungomare della stessa cittadina, dell’appalto di 236 mila euro.

E poi: la raccolta, trasporto e conferimento in discarica dei rifiuti - tra differenziata ed assimilata - e il servizio di igiene urbana, sempre a Fuscaldo, un appalto da ben 4 milioni; l’affidamento diretto della pulizia delle spiagge per 16.550 euro; e il conferimento da parte del Comune di un incarico professionale.

Inoltre, l’assegnazione delle concessione demaniali, in relazione al piano spiaggia; il rifacimento di un manto stradale pubblico a spese di un imprenditore (quindi non dovuto), già affidatario di commesse; l’installazione di un dehors (un insieme degli elementi mobili per la ristorazione posti sul suolo pubblico o asservito all’uso pubblico.

Ed ancora: i lavori di completamento della chiesa San Domenico di Cosenza, da 1,9 milioni; quelli aggiuntivi per il miglioramento dell’efficienza energetica del Teatro Rendano del capoluogo (90 mila euro); l’acquisto da parte del Comune bruzio di un personal computer di ultima generazione (da oltre 1300 euro) di cui se ne sarebbe appropriato un Pubblico Ufficiale.

Nell’ambito dell’operazione, infine, è stato disposto il sequestro di beni nei confronti di alcuni indagati e società, per un valore complessivo di 215 mila euro. A due aziende, inoltre, è stata applicata l’interdittiva del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione per un anno.

GLI INDAGATI

Nelle maglie degli inquirenti sono finiti: Michele Fernandez, 60enne funzionario del Comune di Cosenza e dello stesso Comune di Fuscaldo; Salvatore Fidotti, 48enne imprenditore napoletano; Robertino Perri, 52enne imprenditore di Cosenza; Francesco Caputo, 46enne imprenditore rossanese; Antonietta Caputo, 32enne imprenditrice anche lei Rossano; Giovanni Risoleo, 64enne imprenditore di Rossano; Sergio Gioia, 60enne libero professionista di Cosenza; Luigi de Simone, 53enne imprenditore di Paludi; Gianfranco Mirabelli, 64enne imprenditore di Rende.

Ai domiciliari, invece, per Salvatore Montanino, 47enne imprenditore di Pomigliano d’Arco e Massimiliano De Santo, 53enne imprenditore di Castrovillari. Altre sei le persone indagate a piede libero.