Narcotraffico ed estorsioni. Il ruolo delle donne, in manette le “signore” della ‘ndrangheta

Reggio Calabria Cronaca

Un ruolo importante quello ricoperto dalle donne nella ‘ndrangheta rosarnese. Compiti rilevanti affidati al “gentil sesso” della cosca dei Grasso-Cacciola, che prevedevano non solo l’incarico di veicolare i messaggi tra i vari affiliati, anche con quelli detenuti, ma addirittura la gestione in prima persona delle iniziative imprenditoriali che, per conto del clan, riciclavano il denaro ricavato dal narcotraffico.

Un ruolo che è stato ricostruito dagli inquirenti nel corso di un’indagine avviata dall’anno scorso e che già il 9 luglio scorso portò a far scattare l’operazione Ares, con il fermo di una trentina di persone ritenute elementi di spicco delle due pericolose cosche della ‘ndrangheta di Rosarno, entrambe impegnate nelle estorsioni e nell’importazione di quintali di cocaina purissima dal Sudamerica e di hashish dalla Spagna e dal Marocco. Droga poi destinata a varie piazze di spaccio: in Lombardia, Piemonte e Sicilia (LEGGI LA NOTIZIA).

Stamani un altro blitz. In questo caso sono 45 i soggetti indagati per associazione mafiosa, traffico internazionale di stupefacenti, tentato omicidio, estorsione, porto e detenzione di armi, danneggiamento e altri reati.

Una misura, quella di oggi, che confermerebbe completamente l’impianto accusatorio dell’indagine eseguita dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Gioia Tauro, sotto la direzione della DDA reggina, che ha portato alle misure cautelari di una ventina di giorni fa (LEGGI).

Ma con qualche elemento in più: ovvero il fermo di altre sette persone che non erano state coinvolte nell’operazione Ares e che si ritiene abbiano ricoperto dei ruoli di rilievo nelle due cosche.

In particolare, come anticipavamo, quattro donne, che - secondo gli inquirenti - avrebbero apportato “un contributo sostanziale al perseguimento dei fini illeciti” del clan.

I DESTINATARI DEL PROVVEDIMENTO

Francesco Cacciola, nato a Rosarno l’8.10.1968; Giovanni Battista Cacciola, nato a Rosarno il 31.8.1964; Gregorio Cacciola, nato a Rosarno il 07.05.1980; Gregorio Cacciola, nato a Rosarno il 28.09.1951; Salvatore Cacciola, nato a Rosarno il 12.04.1982; Salvatore Cacciola, nato a Rosarno il 25.5.1958; Vincenzo Cacciola, nato a Rosarno il 25.10.1977; Serhiy Chimbru, nato in Ucraina il 23.03.1979; Simone Ciurleo, nato a Polistena il 21.09.1987;

Salvatore Consiglio, nato a Taurianova il 25.06.1980; Roberto Cutano, nato a Polistena il 2.12.1968; Giuseppe Di Marte, nato a Cinquefrondi il 25.10.1988; Rocco Elia, nato a Gioia Tauro il 17.02.1980; Gianluca Fantasia, nato a Cosenza il 13.09.1975; Domenico Giampaolo, nato a San Luca il 18.05.1960; Giuseppe Giampaolo, nato a Locri l’8.10.1992;

Domenico Grasso, nato a Rosarno (RC) in data 09.08.1956; Giovanni Grasso, nato a Gioia Tauro il 08.06.1992; Marilena Grasso, nata a Gioia Tauro il 25.09.1986; Michele Grasso, nato a Gioia Tauro il 7.7.1981; Rocco Grasso, nato a Gioia Tauro il 21.01.1979; Rosario Grasso, nato a Cinquefrondi il 25.12.1988; Rosario Grasso, nato a Gioia Tauro il 20.07.1982; Dario Giuseppe Antonio Ieni, nato a Catania (CT) il 20.03.1992; Francesco Ieni, nato a Catania (CT) il 25.02.1982;

Domenico Italiano, nato a Taurianova il 17.11.1969; Giuseppe Marando, nato a Locri il 29.11.1985; Giuseppe Maduli, nato a Polistena il 28.03.1989; Giuseppe Mesiti, nato a Locri il 24.3.1988; Giuseppe Nardelli, nato a Rosarno il 04.01.1971; Giuseppe Nasso, nato a Taurianova il 19.11.1979; Fabio Nullo, nato a Rosarno il 06.05.1973;

Cristian Pagano, nato a Taurianova il 18.06.1980; Michele Petullà, nato a Cinquefrondi il 13.05.1989; Cristian Angelo Pulvirenti, nato a Catania (CT) il 08.02.1980; Giuseppe Quaranta, nato a Cinquefrondi il 30.06.1982; Giuseppe Raso, nato a Polistena l’1.08.1990; Pietro Raso, nato a Taurianova il 29.12.1989; Giuseppe Sorbara, nato a Taurianova il 02.08.1974;

Giuseppe Suriano, nato a Cosenza il 31.03.1977; Angela Tibullo, nata a Polistena il 16.6.1982; Domenico Ursetta, nato a Vibo Valentia il 15.01.1979; Anna Maria Virgiglio, nata a Rosarno il 01.08.1962; Antonietta Virgiglio, nata a Rosarno il 07.02.1970; Vincenzo Zungri, nato a Rosarno il 23.02.1959.

I DETTAGLI DELL’INCHIESTA

Il blitz di oggi è scattato in diverse province calabresi e non solo: oltre a quella reggina interessate anche quelle di Catania, Cosenza, Vibo Valentia, Ancona, Bologna, Udine e Pavia.

Cinque le ordinanze di custodia cautelare emesse dall’Ufficio del Gip del Tribunale della città dello Stretto, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, diretta da Giovanni Bombardieri, nei confronti dei 45 indagati.

Sotto la lente, dunque, le cosche “Cacciola” e “Grasso”, radicate nella Piana di Gioia Tauro e riconducibili alla cosiddetta società di Rosarno del mandamento tirrenico della provincia reggina.

Oltre al traffico di droga agli indagati vengono contestate la corruzione in atti giudiziari, ma anche la produzione, il traffico e la detenzione di stupefacenti, il danneggiamento, la minaccia, l’intestazione fittizia di beni, l’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, la violazione della sorveglianza speciale: il tutto aggravato dalle modalità mafiose o “perché funzionali ad agevolare il sodalizio mafioso”.

GLI SVILUPPI DELL’OPERAZIONE ARES

Il provvedimento di oggi, come dicevamo, avrebbe confermato in toto l’impianto accusatorio dell’indagine Ares, avviata nel settembre 2017 (coordinata dal Procuratore Aggiunto Gaetano Calogero Paci e del Sostituto Adriana Sciglio).

Gli investigatori hanno ricostruito gli assetti e gli equilibri interni ed esterni ai Cacciola, documentati nel corso tempo grazie alle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia ed attualizzati.

Con l’operazione del luglio scorso, infatti, si sarebbe accertato come l’originaria compattezza della cosca si fosse affievolita già dopo la scomparsa di Domenico Cacciola, ucciso nel 2013 dai suoi sodali per “lavare l’onta” di una relazione extraconiugale intrattenuta con una donna riconducibile ai “Bellocco”, Francesca Bellocco, anche lei ammazzata per mano del figlio, Francesco Barone, che di recente è stato condannato per questo delitto.

LE DONNE DEL CLAN, TRA “AMBASCIATE” E LE ARMI

Le misure eseguite oggi delineano le posizioni di altri sette soggetti (cinque finiti in carcere e due ai domiciliari) non contemplate nel fermo del 9 luglio e ritenuti avere dei ruoli di rilievo nel perseguire gli interessi delle due cosche rosarnesi.

In particolare sono emerse le presunte responsabilità delle “donne del clan”, Anna Maria VIRGIGLIO (56 anni), Antonietta VIRGIGLIO (58) e Marilena GRASSO (32), tutte legate da vincoli parentali strettissimi con i vertici dei “Cacciola-Grasso”.

Gli investigatori sostengono che abbiano “apportato un contributo sostanziale al perseguimento dei fini illeciti dell’articolazione mafiosa”.

Le tre donne, difatti, sarebbero state inserite pienamente nei meccanismi dell’organizzazione, con il compito di assistere gli affiliati nella detenzione e nel porto delle armi, di favorire i contatti fra affiliati con le cosiddette “ambasciate”, anche nei casi in cui fossero detenuti.

Alle loro sarebbe stata anche riservata la gestione delle iniziative imprenditoriali con le quali il clan “ripuliva” le consistenti somme di provenienza illecita.

Come esercizi commerciali, avviati col solo scopo di riciclare il denaro ricavato essenzialmente dal narcotraffico, e che sono stati sequestrati durante l’operazione Ares e che sono attualmente gestiti da un amministrazione giudiziaria.

DAL NARCOTRAFFICO AL “PIZZO”

Altri tre nuovi provvedimenti sono stati poi emessi nei confronti di Michele Grasso, Roberto Cutano e Giuseppe Mesiti, già arrestati nello scorso mese di giugno nell’ambito di operazioni antidroga nella piana di Gioia Tauro.

Grasso è ritenuto organico alla cosca “Cacciola”, mentre Mesiti e Cutano sono considerati coinvolti a pieno titolo nel traffico di stupefacenti gestito dall’organizzazione, partecipando all’importazione di un ingente quantitativo di droga dal Sud America.

A Cutano, insieme a Rosario Grasso e Giuseppe Suriano (già destinatari di un fermo il 9 luglio scorso), viene contestato, poi, il concorso in un’estorsione aggravata dal metodo mafioso: avrebbero imposto ai titolari dell’Upim di Amantea, di contattare i referenti delle organizzazioni mafiose locali per definire i termini del pagamento del “pizzo”.

LA CRIMINOLOGA "REGINA DELLA PENITENZIARIA"

Ancora un altro provvedimento di custodia in carcere è stato emesso a carico della criminologa Angela Tibullo, accusata di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, corruzione in atti giudiziari e intralcio alla giustizia, aggravati dalle finalità mafiose.

Dagli approfondimenti svolti dai militari di Gioia Tauro ne sarebbe emerso il ruolo che, in virtù della sua professione, sarebbe risultato “determinante nelle dinamiche associative e nel perseguimento degli interessi illeciti” di alcune cosche del mandamento tirrenico”, in particolare i “Crea” di Rizziconi e i “Grasso” e “Pesce” di Rosarno.

In pratica, sostengono gli investigatori, avrebbe messo a disposizione dei propri assistiti detenuti dei vantaggi penitenziari, oppure avrebbe consentito il riconoscimento di un regime cautelare più favorevole (ad esempio i domiciliari invece del carcere), o ancora il trasferimento in un carcere ritenuto “più consono”.

La tesi è che la professionista fosse consapevole “dell’illiceità del suo agire” e ciononostante “si sia prodigata in favore degli affiliati detenuti per far ottenere loro la scarcerazione per incompatibilità con il regime carcerario, redigendo false consulenze e corrompendo i periti d’ufficio nominati dall’autorità giudiziaria per valutarne lo stato di salute o i medici impiegati all’interno delle strutture di reclusione”.

I militari avrebbero documentato numerosi episodi che confermerebbero questa consapevolezza dato che la criminologa avrebbe anche veicolato all’esterno delle carceri i messaggi dei detenuti e fornito ogni altra forma di aiuto agli associati, tanto da essersi prodigata anche per reperire le abitazioni dove far trascorrere le misure detentive alternative al carcere, “o quanto altro necessario all’ottenimento delle autorizzazioni da parte dell’A.G.”, ai boss dei clan che lamentavano delle incompatibilità putative con il regime carcerario”.

Un “servizio” dunque non episodico. Nelle intercettazioni la stessa Tibullo avrebbe addirittura confidato una sua aspirazione: quella cioè di assurgere al ruolo diregina della penitenziariae per soddisfare queste ambizioni, avrebbe creato un vero e proprio “sistema criminale”, aggregando professionisti, medici o funzionari compiacenti che sarebbero stati funzionali ad agevolare i propri assistiti.

In alcuni casi avrebbe anche minacciato di escludere da successivi “affari” quelli che dimostravano di non rispettare le sue indicazioni.

I sei destinatari della misura cautelare in carcere, già sottrattisi al fermo del 9 luglio, sono tuttora irreperibile ed attivamente ricercati.

(aggiornata alle 10:40)