Reati fiscali: “bloccati” 5 milioni di euro a una Casa di cura, indagato l’amministratore

Cosenza Cronaca

Una storica casa di cura, attiva sullo jonio cosentino da oltre 60 anni, caduta nelle maglie degli inquirenti che stamani gli hanno sequestrato circa 5 milioni di euro, tra cui un conto corrente aziendale contenente delle disponibilità finanziarie per diversi milioni di euro.

Ad eseguire il provvedimento - nell’ambito di indagini dirette dal Procuratore della Repubblica di Paola, Pierpaolo Bruni - sono state le fiamme gialle di Cosenza che su ordine del Gip Rosamaria Mesiti, hanno apposto i sigilli ai beni della Casa di Cura Tricarico Rosano, a Marina di Belvedere Marittimo, e di Rosano Fabrizio Tricarico, attuale legale rappresentante dell’azienda.

Gli inquirenti contestano sia alla struttura sanitaria che al suo amministratore unico, i reati di infedele dichiarazione dei redditi e l’omesso versamento delle ritenute certificate relativamente ad un periodo di cinque anni.

La misura di oggi arriva dopo una verifica fiscale eseguita dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria del capoluogo bruzio che ha interessato le annualità che vanno dal 2011 al 2014, e concentratesi principalmente nei comparti delle imposte dirette e dell’Iva.

Secondo gli investigatori la casa di cura, sugli emolumenti erogati, non avrebbe versato le ritenute per circa 4 milioni di euro, e avrebbe evaso l’Ires, l’imposta sul reddito delle società, per oltre 800 mila euro.

Sulla base di queste presunte violazioni tributarie, il Gip del Tribunale di Paola, recependo e condividendo la proposta del Pm, ha disposto dunque un sequestro preventivo per equivalente, finalizzato alla confisca, delle disponibilità finanziarie e dei beni mobili registrati riconducibili all’indagato e all’azienda.

“In tal modo - sostengono gli inquirenti - si è assicurato un effettivo ristoro alle casse erariali, restituendo alla collettività risorse illecitamente sottratte e sono state colpite risorse economiche provento di illeciti, in modo tale da rendere economicamente non conveniente lo svolgimento dell’attività criminosa”.