“Braccio economico dei Tegano”: confiscati beni per 50mln all’imprenditore Rechichi

Reggio Calabria Cronaca

Prima il sequestro ed ora, sulla scorta di alcune sentenze, arriva la confisca definitiva per il patrimonio di un imprenditore noto a Reggio Calabria, il 60enne Giuseppe Rocco Rechichi, ritenuto dagli inquirenti come un appartenente alla cosca di ‘ndrangheta dei Tegano.

I sigilli hanno riguardato beni - tra quote societarie, conti correnti ecc. - per un valore stimato in poco più di 50 milioni di euro, e che ora sono stati definitivamente acquisiti al patrimonio dello Stato.

Il provvedimento di oggi - eseguito dalla Guardia di Finanza - è contenuto in una sentenza del 20 giungo 2014 della Corte di Appello (LEGGI) della città dello Stretto, divenuta definitiva il 14 maggio dell’anno successivo, e si fonda sui risultati delle indagini relative all’operazione “Astrea” (LEGGI), che portò nel 2011 all’arresto di 11 presunti affiliati e contigui alla cosca Tegano, tra cui lo stesso Rechichi a cui venne contestato il trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso.

Secondo gli inquirenti l’imprenditore avrebbe effettuato una serie di intestazioni fittizie di beni ed aziende, arrivando tra l’altro e tramite le stesse ad infiltrare, con conseguenti condizionamenti gestionali, la “Multiservizi”, società a capitale misto e partecipata dal Comune di Reggio Calabria.

In quel contesto vennero sottoposte a sequestro preventivo alcune aziende riconducibili all’imprenditore, le stesse oggi confiscate.

Successivamente, le posizioni del processo Astrea e quelle di un altro, il procedimento Archi - quest’ultimo relativo all’omonima operazione della Questura reggina, conclusa nel 2011 con 21 provvedimenti cautelari nei confronti di presunti affiliati alla stessa cosca (LEGGI) - sono confluite nello stesso processo.

LE INFILTRAZIONI NELLA MULTISERVIZI

Gli inquirenti, al riguardo, sostengono che Rechichi costituirebbel’anello di congiunzione tra i due procedimenti confluiti nel presente processo (“Archi” e “Astrea”, ndr.) chiamandolo a rispondere “per un verso, della condotta partecipativa alla cosca Tegano e per l’altro, di una serie di intestazioni fittizie di beni (in specie aziende) … omissis …”.

Quanto alla misura cautelare eseguita sulle proprietà delle società Sica, Recim e Comedil, il Gup del Tribunale del capoluogo, nella sentenza emessa il 16 luglio del 2012 ha così stabilito la confisca di quanto era stato già sequestrato

Per ciò che riguarda la posizione processuale di Rechichi, poi, dalla lettura del provvedimento della Corte di Appello emergerebbe che:

“...Quanto in atti, secondo il Gup, comprova come il Rechichi costituisca un vero e proprio braccio economico del sodalizio …, con ogni probabilità ancor più marcatamente di altri sodali e coimputati” perché sempre i magistrati, l’imprenditore sarebbe riuscito grazie anche all’aiuto di liberi professionisti e, probabilmente, di centri di potere “ancora nell’ombra”, a penetrare ed infiltrare la Multiservizi, la società mista costituita dal Comune per gestire, tra l’altro, la manutenzione ordinaria e straordinaria di beni di proprietà dell’ente.

IL GUP: “AFFILIATO DI UN CERTO SPESSORE”

Società di cui lo stesso Rechichi, fino al momento del suo arresto nell’operazione Archi, sarebbe stato il reale “dominus o comunque soggetto munito al suo interno di sicuro potere decisionale, svolgendo in seno alla stessa le funzioni di direttore operativo”.

Il Gup aveva rilevato che dalle dichiarazioni di cinque collaboratori (Fiume, Iannò, Moio, Fracapane, Lo Giudice) sarebbe emersa la figura di Rechichi come presunto affiliato di un certo spessore” nel clan radicato nel quartiere Archi di Reggio Calabria.

Nel processo di Appello l’imprenditore, in relazione ai reati contestatigli, è stato condannato per associazione mafiosa. I magistrati in tal senso sostengono che come partecipe qualificato” della cosca sarebbe risultato “stabilmente dedito” alla gestione degli affari illeciti dei Tegano - di cui sarebbe una “rilevante espressione imprenditoriale nella veste di socio privato della società mista Multiservizi … - oltre che a Reggio Calabria anche in altre parti del territorio nazionale, con compiti di pianificazione ed esecuzione delle specifiche attività illecite a lui delegate dal vertice dell’organizzazione”.

Inoltre, avrebbe svolto e continuato a svolgere delle “attività di supporto alle azioni criminali della cosca forte del ruolo acquisito durante la guerra di mafiaessendo ritenuto particolarmente legato a Carmelo Barbaro, “per aver fornito supporto logistico ai gruppi di fuoco, impiegati nell’agguato a Nino Imerti in agro di Fiumata di Muro…”.