Preso il figlio di “U Paccio”: si nascondeva in una casa popolare di Rosarno

Reggio Calabria Cronaca

Non era affatto lontano di casa. Nonostante la latitanza e nonostante sapesse che gli investigatori avevano le antenne alzate da tempo per tentare di scovarlo, si nascondeva tranquillamente in un rione popolare, l’Oreste Marinelli, della sua Rosarno, cittadina roccaforte della cosca.


Quando all’alba di oggi gli uomini della Squadra Mobile reggina e dello Sco hanno fatto irruzione nell’appartamento, posto al primo piano di un anonimo condominio, non ha opposto alcuna resistenza: non era armato, ha alzato le mani e si è consegnato ai poliziotti.

Finisce così, e dopo un anno, la latitanza di Antonino Pesce, giovane rampollo dell’omonima, potente e sanguinaria cosca rosarnese.

25 anni, Antonino è il figlio di “u Paccio”, al secolo Vincenzo Pesce, boss 59enne attualmente in carcere perché condannato in via definitiva a 16 anni nell’ambito del processo “All Inside” e ad altri cinque, in primo grado , per scambio elettorale politico-mafioso (a seguito dell’operazione Reale 6).

Il giovane latitante era ricercato dal 4 aprile dell’anno scorso, quando sfuggì al fermo emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia nell’ambito del blitz “Recherche” e alla successiva ordinanza di custodia in carcere emessa - qualche giorno dopo - dal Gip nei confronti di elementi ritenuti al vertice o comunque affiliati e prestanome della potente cosca di Rosarno, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, illecita concorrenza con minaccia o violenza, intestazione fittizia di beni, favoreggiamento personale nei confronti del boss latitante Marcello Pesce (arrestato l’1 dicembre del 2016) oltre che di traffico e cessione di stupefecenti.

NEL NOME DEL PADRE, CON L'AIUTO DEL FRATELLO

Ad Antonino gli inquirenti contestato il ruolo di direzione e capo del ramo del clan che si riconosce nella figura del padre, avendo compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni da compiere, degli obiettivi da perseguire, delle attività economiche da avviare ed attraverso cui riciclare il denaro e le altre utilità derivanti dalle attività criminali.

Sempre secondo la tesi degli investigatori, insieme al fratello Savino, 29anni ed attualmente detenuto, impartiva ordini e direttive alla cosca, facendo leva proprio sullo spessore criminale del padre, riconosciuto dagli altri esponenti di vertice della cosca, come Marcello e Antonino Pesce (cl. 1982) con i quali trattava la ripartizione delle zone d’influenza e dei guadagni ottenuti col trasporto merci su gomma per conto terzi.

IL CONTROLLO SUL TRASPORTO MERCI

L’indagine “Recherche” di cui accennavamo avrebbe infatti messo in evidenza l’attualità del potere criminale assunto dai due fratelli, “il cui carisma e potere intimidatorio”, sostengono gli inquirenti, avrebbe costretto alcuni trasportatori della zona di Rosarno a cedere a soggetti di loro fiducia alcuni dei servizi di trasporto merci su gomma (in particolare di prodotti agrumicoli, kiwi ed altro), “facendo prevalere il criterio dell’influenza sulla parte del territorio in cui avevano sede le aziende di settore” ricadenti sotto il loro controllo criminale, già esercitato dal padre Vincenzo.