Stipendi a condannati e interdetti. Avviate indagini nell’Asp di Reggio Calabria

Reggio Calabria Cronaca

Avrebbero continuato a percepire lo stipendio nonostante una condanna e l’interdizione dai pubblici uffici.

Così il direttore generale dell’Asp di Reggio Calabria, Giacomino Brancati, ha deciso di presentare un esposto in Procura, denunciando il pagamento dello stipendio ai dipendenti condannati per reati di mafia, lavoratori interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e che quindi dovevano essere licenziati, o per colore che hanno lasciato il lavoro per altre cause.

A seguito di una serie di controlli incrociati, è emerso che per lungo tempo l’azienda sanitaria reggina avrebbe retribuito Alessandro Marcianò, ex caposala dell’ospedale di Locri condannato definitivamente all’ergastolo come il mandante dell’ex presidente del consiglio regionale, Francesco Fortugno.

E non è l’unico caso: nell’elenco figurano anche il medico Filippo Rodà e l’infermiere Giovanni Morabito, che per ben dieci anni e tre mesi avrebbe percepito “indebitamente” una regolare retribuzione, nonostante fosse da tempo in carcere.

Questi gli episodi più eclatanti per i quali l’Asp ha già avviato i “necessari provvedimenti amministrativi per la correzione delle anomalie riscontrate”, almeno stando alla delibera approvata ieri dal dg Brancati.

In base alle indagini nella lista ci sarebbero almeno altri sei casi: si tratterebbe di infermieri, medici e funzionari che sono stati condannati per mafia o altri gravi reati ma non ancora in via definitiva.

Del caso è stata interessata la Dda di Reggio Calabria, che ha subito aperto un’inchiesta mirata ad individuare eventuali connivenze.

Secondo la norma, le persone in questione avrebbero dovuto subire non solo l’immediato blocco delle retribuzioni, ma anche procedimenti disciplinari, che in alcuni casi sembra non siano stati neanche attivati.

Il Dg Brancati, in un'intervista, ha ipotizzato il sospetto, che per diverso tempo qualcuno abbia chiuso un occhio o dimenticato di sospendere lo stipendio a chi per legge non ne aveva più diritto.