Scioglimento Comuni, i sindaci del reggino a Minniti: “Incontriamoci, la voglia di mollare è forte”

Reggio Calabria Attualità

Soli e abbandonati. E non “conosciuti” dallo Stato. È la sensazione che provano i 51 sindaci del reggino che hanno deciso di scrivere una lettera al ministro dell’interno, Marco Minniti per chiedere un incontro. Una riunione in cui poter affrontare diversi temi e in cui poter discutere della situazione dell’area reggina oggetto di numerosi scioglimenti di consigli comunali.

E non solo. Perché l’incontro dovrebbe servire a “ricreare un clima di serenità e fiducia” al fine di ridare agli amministratori locali la giusta spinta per “continuare a svolgere il mandato nell'interesse delle comunità e della democrazia”. Perché secondo i primi cittadini il rischio di “gettare la spugna è dietro l’angolo. E per questo si deve evitare la situazione in cui si potrebbero trovare i sindaci che potrebbero decidere di non “occupare più il difficilissimo ruolo di amministrare le loro comunità.

La lettera, sottoscritta dai sindaci di Roghudi, Caraffa del Bianco, Sant’Agato del Bianco, Casignana, Sant’Ilario dello Jonio, Camini, Martone, Grotteria, Agnana Calabra, Monasterace, Ardore, Locri, Ciminà, Africo, Palizzi, Ferruzzano, Staiti, Bruzzano Zeffirio, Feroleto della Chiesa (vicesindaco), Serrata, Melicucco, Melicuccà, Molochio, Giffone, Galatro, Montebello Jonico, Scido, Rosarno, Palmi, Cosoleto, Calanna, Cardeto, San Roberto, Oppido Mamertina, Terranova Sappo Minulio, Santo Stefano, Candidoni, Laganadi, Maropati, San Giovanni di Gerace, Roccella Jonica, Cinquefrondi, Bova, San Procopio, Varapodio, Antonimina, Scilla, Melito Porto Salvo, Roccaforte del Greco, Stignano, racchiude inoltre un vero e proprio grido d’allarme.

Perché i sindaci parlano delle scarse risorse dedicate agli enti comunali così da definirli come “l'anello più debole della catena istituzionale”, tanto da essere costretti “a districarsi tra la domanda dei cittadini di servizi essenziali che vanno garantiti ed i vincoli di bilancio, che impongono in modo sempre più stringente di "spremere" i contribuenti nei limiti massimi consentiti”.

Per questo motivo in tali situazioni “la collaborazione e la fiducia reciproca tra i diversi livelli istituzionali è vitale per reggere la sfida del buon governo, specie in una terra afflitta da un fenomeno radicato ed insidioso come la 'ndrangheta che guarda costantemente, soprattutto in una realtà economica depressa come la nostra, ai centri della spesa pubblica”.

Poi la definizione del ruolo ricoperto, quello cioè di “primo presidio di democrazia” rimasto “ a contatto diretto con i cittadini ed il territorio. Un pezzo di Stato, sia pure periferico che non sempre si sente Tale anche perché misconosciuto dagli altri Organi dello Stato presenti sul territorio”. E se “al principio della leale collaborazione - continuano nella lettera - si sostituisce la cultura del sospetto negli altri Organi dello Stato che invece di essere a fianco dei Comuni, sia pure in posizione vigile, ne diventano singolarmente ostili, nessun obbiettivo di crescita sociale e civile e nessuna azione efficace di contrasto alla criminalità organizzata può avere successo, come dimostra l'esperienza di tutti questi anni”.