Agricoltura: incontro a Simeri Crichi per uscire dalla crisi

Catanzaro Attualità

Nato da un incontro estivo in Basilicata fra esponenti di movimenti, sindacati e associazioni impegnati negli ultimi anni a fronteggiare la crisi agricola nelle regioni meridionali, il “Gruppo di Metaponto” ha riunito sabato 11 novembre a Simeri Crichi, nel catanzarese, rappresentanti nazionali e territoriali delle strutture e delle reti di Liberi Agricoltori e di Altragricoltura di Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia per un primo confronto intorno al tema: “Crisi agricola, Mezzogiorno, Sindacato”.

L’incontro che si è svolto nella sede dell'ANPA Calabria, ha registrato una importante e qualificata partecipazione ed una sostanziale sintonia di giudizio sulla natura della crisi nella aree rurali: una crisi che investe l’intero Paese, che svuota di significato e reddito l’attività del lavoro della terra e dell’allevamento, impoverisce i territori e le comunità rurali, penalizzate a favore della speculazione commerciale e finanziaria.

Un processo che sta trasformando l’Italia da luogo straordinario e millenario di produzione del cibo a grande piattaforma commerciale, un vero e proprio hub d’importazione di materie prime e di esportazione di prodotti finiti con un “made in Italy che potrebbe tranquillamente fare a meno della nostra produzione”.

Se è tutto l’intero territorio rurale nazionale a essere coinvolto, il Mezzogiorno sta pagando i prezzi più alti nonostante lo sforzo dei suoi agricoltori, delle sue imprese e dei tanti soggetti economici sani che ancora si impegnano nel lavoro nelle campagne.

Gli ultimi dati del rapporto SVIMEZ-ISMEA raccontano di un importante rilancio produttivo dell’agroalimentare meridionale ma, annunciano anche il rischio grande di un’ennesima occasione persa se, a fronte dello sforzo dei nostri produttori, permarranno tutte le criticità di un sistema che regala il valore aggiunto, prodotto dal lavoro, alla speculazione finanziaria che solo una forte azione di riforma e di investimenti può invertire.

La crisi è figlia diretta delle scelte di modello dei decenni scorsi, delle responsabilità istituzionali, del venire meno del ruolo autonomo dei governi e della politica (che hanno lasciato mani libere all’aggressione della speculazione finanziaria anche accettando la logica del primato dei trattati commerciali transnazionali), della responsabilità consociativa, della subalternità e della collusione di “sindacati” degli agricoltori sempre più coinvolti nella gestione di contributi e prebende fino a intervenire direttamente in operazioni speculative.

È il caso di quanto sta accadendo alla produzione di grano duro italiano già sacrificata in questi ultimi decenni agli interessi delle lobbies dei trasformatori industriali, troppo spesso molto più attenti agli interessi corti del guadagno immediato, garantito dall’importazione di grani dall’estero, piuttosto che ad investire nella tutela della sicurezza alimentare e a valorizzare i nostri grani. Così, i nostri cerealicoltori sono stati lasciati nella crisi, nonostante i loro molteplici tentativi di mettere in campo processi produttivi positivi.

È, in questo quadro, che lanciamo il grido d’allarme per l’operazione gravissima a danno del nostro patrimonio cerealicolo meridionale messo in campo dalla Coldiretti che ha portato (con un percorso che dire non trasparente è un eufemismo e su cui occorrerà certamente fare chiarezza) una struttura d’impresa diretta dal suo vicepresidente, la SIS, a mettere le mani sulla gestione del Grano Senatore Cappelli per gestirlo in regime di trust commerciale e contro gli interessi degli agricoltori meridionali e i cittadini italiani.

Sta accadendo, infatti, in questi mesi che il grano Senatore Cappelli, attorno al quale si stavano costruendo molti investimenti nel Sud da parte di diverse esperienze agricole positive (fra queste, alcune realtà del biologico di prima e affermata grandezza imprenditoriale oltre che qualità agronomica e tecnica), sia di fatto stato negato alla coltivazione, Infatti, questo grano, vanto della tradizione contadina meridionale prodotta dall’esperienza collettiva, viene oggi garantito nei fatti solo al sistema “Coldiretti”.

Siamo molto oltre il sistema delle royalty sui semi o sulle specie viventi se, nei contratti di affidamento del seme, si obbliga il produttore a riconsegnare e vendere il prodotto del campo ai “Nuovi Padroni del Grano Cappelli”. Che fine fanno gli sbandierati processi di filiera considerati prioritari dai programmi comunitari e nazionali? Come si può organizzare una filiera trasparente e rapporti commerciali corretti e competitivi se chi gestisce il seme è anche quello a cui il cerealicoltore ha l’obbligo di rivendere il prodotto?

Siamo, in realtà, ad una nuova odiosa gabella ed imposizione al nostro sistema produttivo che vanifica la funzione dell’impresa, il diritto degli agricoltori a scegliere cosa, come e per chi produrre, a chi vendere. Siamo a un salto di qualità pericolosissimo, ad un grossolano e rozzo processo di trust che punta a mettere le mani sul nostro patrimonio produttivo controllando completamente le filiere e i processi economici. Il fatto che questa odiosa e gravissima operazione sia gestita con l’avallo di una organizzazione sindacale (il marchio Coldiretti viene ostentato con inquietante disinvoltura) rende ancora più pericoloso il rischio che il nostro patrimonio agricolo (in questo caso un grano della tradizione meridionale) venga espropriato dal controllo degli agricoltori e dei cittadini per essere consegnato a cartelli frutto dell’intreccio fra finanza e politica.

L’incontro promosso dal “Gruppo di Metaponto” fra Altragricoltura e LiberiAgricoltori ha sottolineato, peraltro, che se questo episodio, consumato a danni del grano Cappelli, dovesse estendersi e diventare modello generale, i danni per la libertà d’impresa del nostro sistema agricolo sarebbero enormi riducendo i nostri agricoltori definitivamente a “prestatori d’opera” per conto di altri interessi, lasciandoli nella crisi economica e sottraendo ai cittadini trasparenza e libertà di scelta.

Occorre reagire con la massima efficacia e determinazione e, per questo, LiberiAgricoltori e Altragricoltura si impegnano a mettere in campo urgentemente la più efficace iniziativa in difesa del Patrimonio del Grano Cappelli operando di concerto a quanti altri vorranno unirsi, per dare vita ad una campagna nazionale di denuncia all’opinione pubblica, di pressione nei confronti delle istituzioni e della politica perché intervengano urgentemente e di contrasto in tutte le sedi, comprese quelle legali nazionali e comunitarie.

Mentre è assolutamente urgente la necessità di denunciare e contrastare questa deriva, il caso del Grano Cappelli e il ruolo giocato dalla Coldiretti rendono ancora più necessario lavorare a un progetto alternativo per riorganizzare le forze sane e non compromesse delle campagne italiane sia sul piano sociale, sia su quello economico e sindacale.

Inizia con la riunione tenuta l’11 novembre in Calabria (cui seguiranno una serie di altri incontri tematici e territoriali) un percorso con l’obiettivo di aggregazione e fare sintesi fra quanti, in questi anni, non riconoscendosi nella deriva della crisi rurale e di quanti l’hanno voluta e rappresentata sindacalmente, scelgono di lavorare al rilancio della funzione produttiva della nostra agricoltura con al centro gli interessi e il ruolo di chi lavora la terra e consuma il cibo.

Due importanti occasioni saranno offerte dall’Assemblea Nazionale di LiberiAgricoltori che si terrà a metà dicembre e dall’Assemblea Congressuale di Altragricoltura, prevista per metà febbraio 2018.

Da questi due appuntamenti (che hanno intanto l’obiettivo di fare sintesi fra le due organizzazioni costituendo nuovi e più forti livelli organizzativi e definendo obiettivi e campagne comuni) sarà lanciato il percorso per l’avvio di una Fase Costituente aperta, inclusiva e capace di spingere in avanti e rilanciare le iniziative sempre più urgenti per difendere l’agricoltura.