Italia nostra: 40 siti culturali a rischio crollo. Tre sono in Calabria

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Sono più di 40 i siti culturali a rischio. Da nord a sud, su una linea immaginaria in cui il pil e lo stipendio medio non hanno alcuna collegamento. Sì, perché stando alle sezioni locali di Italia Nostra, il bel paese racchiude siti pericolanti. E il crollo di un capitello nella Basilica di Santa Croce, a Firenze, costato la vita a un turista spagnolo, ha finito per riaccendere i riflettori sull’emergenza in questione. I dati sono contenuti nella seconda edizione della "Lista Rossa", un censimento del patrimonio culturale italiano in pericolo, redatto alla fine del 2016 da Italia Nostra.

Attraverso le 200 sezioni presenti da Nord a Sud del Paese, l'associazione ha avviato una mappatura, per monitorare lo stato in cui versano beni artistici e architettonici, beni comuni o paesaggi in abbandono o bisognosi di tutela, siti archeologici meno conosciuti, centri storici, borghi, castelli, palazzi, chiese, singoli monumenti in pericolo. Tra i 40 siti individuati tre sono in Calabria: lo Stemma monumentale di Carlo V e del viceré don Pedro da Toledo a Crotone; Geosito Saline di Zinga; Chiesa Madonna della Neve a Verbicaro.

Lo stemma, che si trova in via Tellini, è di proprietà del demanio comunale, insieme al Bastione ed alla Cinta muraria. Esso raffigura le Armi dell’imperatore Carlo V e del viceré don Pedro da Toledo. Nel suo genere, rimane uno dei monumenti più imponenti dell’Italia Meridionale. Sempre nella provincia di Crotone si trova il geosito caratterizzato da alcuni elementi geologici peculiari. Quello più facilmente visibile è un suggestivo arco naturale, scavato nel massiccio corpo arenaceo. É ben visibile perché ubicato sulla strada principale e perché valorizzato attraverso un breve percorso selciato e un belvedere. L'intero bene non è sufficientemente ed adeguatamente valorizzato, nonostante la sua peculiarità ed il suo valore naturalistico.

A Verbicaro si trova invece la chiesetta che racchiude un ciclo di affreschi, realizzati tra il Quattrocento e il Cinquecento. Si tratta di opere di maestri locali ancora non del tutto liberi dalla secolare tradizione bizantina, ma testimoni di uno stile con tratti evidenti di originalità e novità. restaurata dalla Soprintendenza negli anni ’80, è ora in stato di grave abbandono.