Assegnato a Viscomi il Premio “Don Massimo Alvaro”

Reggio Calabria Attualità

È stato assegnato al vicepresidente della Giunta regionale, Antonio Viscomi, in onore di Don Massimo Alvaro, fratello del grande autore calabrese, nel centro di Caraffa del Bianco. Lì dove Alvaro è stato parroco per quasi settant’anni, segnando la storia di quella comunità e dove molti intellettuali e giornalisti italiani – tra cui Enzo Biagi - si sono recati nel tempo a fargli visita, per avere da lui testimonianza diretta delle vicende del fratello scrittore.

All’iniziativa hanno preso parte, tra gli altri, oltre al Sindaco Stefano Marrapodi e ai rappresentanti istituzionali della zona, anche Sua Eccellenza il Vescovo di Locri-Gerace,monsignor Francesco Oliva, Annarosa Macrì, Antonio Panzarella, Domenico Talìa, Antonio Renda, Vincenzo Stranieri, Santino Salerno, Antonia Minnici, Bruno Bartolo, Fortunato Nocera e Maria Saccà, nipote degli Alvaro. Al Vicepresidente Viscomi, ad Annarosa Macrì e a Maria Saccà è stato assegnato il riconoscimento intestato a don Massimo Alvaro, nella prima edizione del premio a lui dedicato.

Nell’occasione, Viscomi ha sottolineato l'urgente necessità di "disegnare per la Calabria, in questa seconda parte della legislatura, i tratti essenziali e condivisi di una politica culturale che abbia senso e significato nella prospettiva di un processo più ampio, orientato al recupero di identità perdute, alla ricostruzione di comunità frantumate e, in definitiva, alla trasformazione del nostro stesso essere e quindi del mondo in cui siamo immersi. Per queste ragioni, una politica culturale adeguata non può essere chiusa in se stessa né ridursi al finanziamento di eventi o nel mero recupero di beni materiali. Viceversa, essa coinvolge tutto l'insieme delle politiche pubbliche che anche dal bisogno di cultura di ciascuno di noi prendono forma: basti pensare alle relazioni tra turismo e cultura, al cluster delle imprese creative e culturali, alle attività di produzione culturale dei tanti soggetti collettivi che animano le nostre contrade, al legame tra cibo e cultura, all'organizzazione degli spazi urbani, alle tradizioni popolari ed alle esperienze di contaminazione musicale, al recupero del patrimonio edilizio dei centri storici e dei borghi, alla valorizzazione del patrimonio archeologico e storico, dei castelli e delle fortificazioni, e così via. In questa prospettiva, una politica culturale consapevole non può che rappresentare ed esprimere la visione che un comunità ha di se stessa, della sua identità, del suo passato e del suo futuro possibile: resta sullo sfondo ma anima e definisce le coordinate reali dello sviluppo sociale, civile ed economico della nostra regione".

Ne segue, a giudizio del Vicepresidente, che una visione strategica e di sistema è precondizione per conferire efficacia ad ogni singola azione di tutela, di promozione e di valorizzazione della sfera culturale, spesso lesa dalla logica burocratica degli avvisi e dei bandi, delle graduatorie e degli inevitabili ricorsi giudiziari e delle altrettanto inevitabili polemiche estive, tanto da dare l'impressione che il rapporto tra istituzioni politiche ed attività culturali sia questione in qualche modo estiva e quasi un divertimento vacanziero.

"Proprio perché consapevole di tale complessità -ha detto il Vicepresidente della Giunta regionale- appena investito del ruolo istituzionale, avevo proposto ai soggetti competenti in materia di politiche culturali regionali di condividere la formulazione delle linee essenziali e dei relativi indirizzi operativi con tutti i portatori di esperienze e di competenze in materia, mediante iniziative di deliberazione partecipativa da attuare secondo lo schema dei forum suggerito dall'Unione Europea. Personalmente continuo a ritenere, anzi sono sempre più convinto, che la politica debba reimparare ad ascoltare e ad osservare ciò che succede nel mondo della vita, debba cioè acquisire e considerare come valore quella umiltà della ragione che fu il tratto distintivo di don Massimo Alvaro. Per questo i soldi - che ora ci sono e ci sono in misura significativa - sono importanti ma non sono tutto. Se vogliamo cambiare veramente lo stato delle cose e dare alla Calabria una possibilità di futuro, dobbiamo sentirci parte di una grande sfida e di un progetto comune che attraverso il recupero della nostra identità e di una storia comune porti alla riscoperta di legami sociali profondi e produca una insofferenza creativa verso tutte le storture e le brutture che ci circondano”.