380 licenziamenti al Porto di Gioia Tauro. Prc: solo promesse, quale futuro?

Reggio Calabria Infrastrutture

Un totale fallimento: così viene definita dal Dipartimento Lavoro, Politiche sociali e giovanili del Partito della Rifondazione Comunista della Calabria, la trattativa relativa ai licenziamenti dei portuali di Gioia Tauro. In seguito alla mediazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si è passati infatti da 400 a 380 licenziamenti.

380 persone che lavoreranno fino al 31 luglio per poi essere assorbite da quella che sarà chiamata “Agenzia del Lavoro”, che si occuperà di formazione e ricollocamento dei licenziati e per i prossimi 3 anni.

Una soluzione che non piace al Prc che parla di “solite promesse” in relazione alle prospettate possibilità di riassunzioni e di un Porto potenziato al termine di questo periodo. “È il solito vecchio schema – affermano i Comunisti - che va avanti dagli anni '70, con il quale vengono illuse 380 famiglie che rischiano concretamente di restare con un pungo di mosche alla fine di questo triennio, quando l'agenzia chiuderà i battenti e, verosimilmente, non si vedrà l'ombra di alcun potenziamento infrastrutturale”.

Il Prc punta il dito contro la Mct, la società che gestisce il terminal containers dello scalo, sostenendo che la stessa non abbia ancora manifestato chiaramente se intenda fare investimenti ed in che direzione.

“Una struttura portuale del genere, senza che vi siano dietro infrastrutture e trasporti adeguati, è destinata a morire” sbottano dal Partito della Rifondazione. “Insomma – proseguono - ci sono i presupposti affinché questa vicenda non abbia mai fine e che, periodicamente, si ritorni a parlare di licenziamenti”.

“Questo – aggiungono - non è di certo l'intervento forte che si aspettava da parte del Governo e della Regione. Quest’ultima sembra non dare alcun segnale, evidenziando ancora una volta la miopia del governo regionale”.

Secondo il dipartimento lavoro di Prc, dunque, se davvero si vuole puntare su Gioia Tauro non bisogna ridurre il personale di circa un terzo, ma tornare a parlare di investimenti pubblici e di pianificazione industriale. “È ora – concludono - di chiedere quale futuro si vuole dare alla Calabria e ai tanti lavoratori che cercano risposte e certezze di fronte ad un presente fatto di precarietà”.