Bancarotta fraudolenta, imprenditore cutrese arrestato a Mantova

Crotone Cronaca

Bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata e operazioni dolose da falso in bilancio. Con queste accuse è stato arrestato oggi a Mantova Antonio Muto, imprenditore edile originario di Cutro, nel crotonese, che è finito in carcere.

Le indagini a suo carico, coordinate dalla Procura della Repubblica del capoluogo lombardo, sono partite dal fallimento, nel 2016, di una delle società di cui era stato socio ed amministratore lo stesso Muto, la “Le Costruzioni Srl”. I militari del Nucleo di Polizia Tributaria hanno eseguito una serie di approfonditi accertamenti che avrebbero consentito di ricostruire le intere vicende dell’azienda.

In pratica, gli investigatori avrebbero puntato l’attenzione su una importantissima operazione finanziaria che avrebbe portato alla distrazione dalle casse della società fallita - e si ritiene ad opera dello stesso imprenditore - di oltre 3,8 milioni di euro.

Una somma che sarebbe stata versata in favore dell’azienda “Lagocastello Immobiliare”, altra società di cui Muto era anche qui socio ed amministratore: il pagamento sarebbe stato giustificato dall’acquisto di alcuni immobili ancora da costruire in una lottizzazione dell’area che si trova sulle rive del fiume Mincio, prospiciente il Castello di San Giorgio.

GLI IMMOBILI ACQUISTATI SENZA CONTRATTO E SU AREA VINCOLATA

I militari fanno notare però che il versamento sarebbe avvenuto senza che fosse stato stipulato un alcun accordo scritto e senza che, soprattutto, questa operazione “sottintendesse in realtà – affermano - ad un’autentica operazione immobiliare”, dato che l’autorizzazione alla realizzazione delle opere di edificazione ed urbanizzazione dell’area era stata revocata dal Comune di Mantova già nel novembre del 2005 e che, in seguito, era stata sancita anche l’inedificabilità assoluta dell’intera zona su cui la Soprintendenza, dal 2007 al 2009, aveva posto dei vincoli di interesse culturale e storico-artistico. Vincoli che furono poi confermati sia dal Tar della Lombardia (nel 2011) che dal Consiglio di Stato (nel 2012).

Gli inquirenti sostengono dunque che Muto abbia “asservito totalmente” le sorti della società fallita per soddisfare gli interessi economici della “Lagocastello” che, a sua volta, avrebbe destinato integralmente i 3,8 milioni per rientrare dei debiti contratti con le banche Istituti di Credito e così facendo sgravando l’imprenditore degli oneri economici imputabili al suo socio unico.

I BILANCI FALSI E I CREDITI ORMAI INESIGIBILI

Dalle indagini, poi, emergerebbe che Muto abbia predisposto dei bilanci falsi della “Le Costruzioni”, nascondendo le rilevanti perdite di esercizio maturate nel tempo. Lo scopo sarebbe stato quello di mantenerla in vita e per far ciò sarebbero state esposte nei bilanci dei crediti verso clienti ormai non riscuotibili da tempo: si parla di circa 821 mila euro.

Così facendo, spiegano i militari, Muto avrebbe impedito di far comparire le perdite della società e di non mostrare la completa erosione del suo capitale sociale; in caso contrario sarebbe stato obbligato a ripianare le perdite e a ricostituzione lo stesso capitale sociale oltre a over sciogliere e mettere in liquidazione l’azienda.

Secondo le Fiamme Gialle, la società avrebbe registrato delle imponenti perdite d’esercizio fin dal 2012: oltre 236 mila euro nel 2012, più di 51 mila nel 2013, 3,5 milioni nel 2014 e circa 834 mila nel 2015). Inoltre avrebbe accumulato una enorme esposizione debitoria che oscillerebbe tra i 19 e i 21,5 milioni di euro (principalmente nei confronti di banche, fornitori ed Erario); posizione che aveva determinato un passivo di quasi 22 milioni nel 2012, 20 nel 2013, 17,5 milioni nel 2014 e nel 2015 e 13,7 milioni nel 2016.

UN’ALTRA AZIENDA “DISSESTATA”

A seguito delle indagini condotte dai finanzieri mantovano, pertanto, la Procura locale ha anche richiesto ed ottenuto, l’8 giugno scorso, che Tribunale di Mantova dichiarasse il fallimento di un’altra società di cui Muto è risultato essere socio ed amministratore unico, la “Immobiliare Edera, per le cui vicende l’imprenditore è stato accusato, anche in questo caso, di averne aggravato il dissesto non richiedendone il fallimento, nonostante fosse stata costantemente in perdita fin dall’anno 2010: rispettivamente per 130 mila euro nel 2010, 96 mila nel 2011, 75 mila nel 2012, 488 mila nel 2013, 977 mila nel 2014 e 684 mila nel 2015).

La società, inoltre, aveva accumulato un’enorme esposizione debitoria, a cavallo tra il 2010 e il 2013, che oscillava tra i 15,3 e i 24,4 milioni (principalmente nei confronti di banche, fornitori ed Erario).