“Money Gate”. Riciclaggio: otto arresti, sequestrati beni per 4 mln. Cosentino ai domiciliari

Reggio Calabria Cronaca

Sono otto le persone arrestate e di quattro milioni il valore dei beni sequestrati: è scattata stamani all’alba l’operazione denominata “Money Gate” con cui gli inquirenti ritengono di aver scoperto e smantellato un’associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, e accusata di aver compiuto reati di natura fiscale, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e appropriazione indebita di ingenti somme di denaro ai danni una società che opera nel settore dell’import-export.

TRA GLI ARRESTATI, a cui sono stati concessi i domiciliari, ci sono anche due nomi eccellenti: Giuseppe Cosentino, presidente del Catanzaro Calcio, e la figlia Ambra così come una dipendente della società dell’imprenditore, la Gicos Import-Export di Cinquefrondi (nel reggino), Carmela Alì Santoro, e un promotore finanziario milanese, Stefano Noschese.

Inoltre un obbligo di dimora è stato disposto per altri quattro dipendenti di Cosentino: Mariella Viglianisi, Marco Pecora, Caterina Zito e Simona Tedesco.

Al numero uno giallorosso gli inquirenti contestano il reato di appropriazione indebita e reati tributari mentre alla figlia e ai dipendenti quello di riciclaggio: secondo le indagini avrebbero trasferito in Svizzera delle ingenti somme di denaro.

LE INDAGINI, coordinate dalla Procura della Repubblica di Palmi, sono state condotte dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria; le misure cautelari emesse dal Gip di Palmi.

I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE

Il provvedimento di oggi nasce dall’avvio – nel giugno del 2011 – di una verifica fiscale da parte dei finanzieri nei confronti della Gicos: per i militari sarebbero infatti emerse diverse irregolarità su delle transazioni finanziarie verso l’estero considerate “anomale”, oltre ad un ingente utilizzo di denaro contante.

Le attività investigative che ne sono conseguite, condotte sotto la direzione della Procura di Palmi ed eseguite con intercettazioni ambientali e telefoniche, acquisendo documentazione bancaria e fiscale, ascoltando anche persone informate sui fatti, oltre che con perquisizioni e sequestri e rogatorie internazionali, farebbero propendere gli inquirenti sulla tesi dell’esistenza, come dicevamo, di un’associazione per delinquere finalizzata all’appropriazione indebita, all’emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, alla dichiarazione infedele, oltre che al riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.

Il tutto sarebbe stato organizzato, sempre secondo la tesi degli investigatori, da Cosentino e dalla figlia, dai dipendenti della società Viglianisi, Pecora, Zito, Tedesco, Alì Santoro, Trimarchi e dal promotore Noschese.

Si sarebbero poi scoperto un presunto riciclaggio e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte – tra gli altri – della moglie del presidente giallorosso, Francesca Muscatelli, di due cittadini elvetici, amministratori di società fiduciarie svizzere e di alcuni rappresentanti legali di imprese commerciali che avrebbero emesso le fatture false.

PER GLI INVESTIGATORI FATTI SPARIRE QUASI 9 MILIONI DI EURO

Gli inquirenti sostengono che Cosentino, come rappresentante legale della Gicos, si sarebbe avvalso di “sistemi collaudati” per realizzare i reati fiscali (ovvero l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti ed altro) appropriandosi così indebitamente, a danno della società ma anche dei creditori, di ingentissime somme di denaro che si ritiene ammontino a oltre 8,8 milioni di euro.

La tesi è che per accumulare questi importi, negli anni, si siano eseguiti dei versamenti e depositi di contante su conti correnti svizzeri, derivanti da vendite in nero o dall’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti.

In particolare sarebbe emerso che la Gicos, negli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008, avrebbe utilizzato delle fatture false per quasi 2 milioni. La maggior parte di queste sarebbero state emesse da una società con sede negli Stati Uniti e che avrebbe effettivamente ricevuto i pagamenti dovuti.

IL GIRO DEL DENARO: LE SOCIETÀ OFF SHORE E I CONTI IN SVIZZERA

Gli accertamenti dimostrerebbero però che pochi giorni dopo l’avvenuto accredito delle somme, le stesse sarebbero state restituite (trattenendo una percentuale intorno al 5%) tramite un bonifico eseguito su una serie di conti correnti in Svizzera intestati a società con sede in paradisi fiscali (Isole Vergini Britanniche, Panama, ecc.) ma di fatto considerate come riconducibili a Cosentino.

Successivamente all’accredito delle somme, le stesse sarebbero state poi trasferite su altri conti correnti svizzeri intestati a società estere, riferibili sempre al presidente giallorosso, cioè su conti correnti cifrati ma comunque che sarebbero riconducibili agli stessi.

Un altro sistema per “distrarre” il denaro, sarebbe stato quello delle “vendite in nero”: le somme sarebbero transitate sui conti correnti aperti da dipendenti della Gicos così da essere poi prelevate in contanti (prevalentemente con banconote da 500 euro), e poi versate sui conti correnti personali di Giuseppe Cosentino e dei suoi familiari o depositate in cassette di sicurezza intestate all’imprenditore e alla figlia Ambra; poi trasferiti in Svizzera su conti riconducibili sempre allo stesso Cosentino.

Gli investigatori sostengono, in particolare, che la Gicos abbia omesso di fatturare una quota parte dei propri ricavi e fatto confluire i relativi pagamenti sui conti correnti intestati ai dipendenti. Quest’ultimi, successivamente, avrebbero emesso degli assegni a favore di altri dipendenti che, infine, li avrebbero incassati in contanti.

IL CONTO “CIOCCOLATO” INTESTATO ALLA FIGLIA

Viene poi messo in evidenza che dall’attività rogatoriale con la Svizzera sarebbe emerso come nel paese elvetico siano stati effettuati, nel periodo 2006-2011, versamenti di contanti per poco più di 4 milioni di euro. Di questi, un milione sarebbe stato versato in contanti il 5 ottobre del 2011 su un conto corrente cifrato denominato “cioccolato” e ritenuto riconducibile ad Ambra Cosentino.

Dagli i accertamenti emergerebbe che queste somme siano state trasferite successivamente, il 26 gennaio del 2012, su un conto sempre in Svizzera e di un’altra società estera, convertite in franchi svizzeri e spostate ancora su un altro rapporto bancario (il 3 gennaio del 2013), ed infine portare su un conto alle Bahamas.

Gli investigatori sostengono inoltre che queste somme siano state fatte rientrare in larga parte (per circa 5,6 milioni) in Italia su conti intestati ad una società fiduciaria, tramite lo "scudo fiscale"; un’operazione che avrebbe consentito la regolarizzazione, ovvero il rimpatrio, su iniziativa dei contribuenti interessati residenti in Italia, delle attività finanziarie e patrimoniali trasferite o detenute all’estero violando gli obblighi del cosiddetto monitoraggio fiscale.

Oltre a questi importi, risulterebbe che Giuseppe Cosentino abbia anche rimpatriato – con lo scudo teroltre 2,3 milioni da un rapporto finanziario acceso presso un istituto di credito di Hong Kong.

I SOLDI RIMPATRIATI “GIRATI” AL CATANZARO CALCIO

Le somme rimpatriate sarebbero state così utilizzate per investimenti finanziari (acquisto e vendita di titoli) e per la garanzia di un’apertura di credito da 3 milioni a valere su un conto corrente intestato a Cosentino, a sua volta utilizzato per acquisti da varie imprese (tramite bonifici) oltre che per le erogazioni della Gicos al “Catanzaro Calcio”, che vennero classificate come “anticipo socio”.

In questo contesto, nel luglio del 2013, vennero eseguite delle perquisizioni personali, locali e un sequestro nei confronti della società e di alcuni degli indagati di oggi, acquisendo anche della documentazione contabile ed extracontabile, disponibilità finanziarie che erano conservate in cassette di sicurezza presso una filiale di Milano di una nota banca e nelle abitazioni di residenza: tra contanti e titoli stiamo parlando di oltre 466 mila euro.

Nell’occasione, l’intervento dei militari della Tributaria, avrebbe impedito a Cosentino, alla figlia e a Noschese di effettuare il trasferimento all’estero del denaro custodito nelle stesse cassette di sicurezza. Sempre secondo gli accertamenti, infine, il presidente giallorosso, per gli anni d’imposta dal 2006 al 2011, non avrebbe dichiarato redditi per oltre 7,3 milioni di euro.

Pertanto, alla luce di queste risultanze, il Gip di Palmi, su richiesta della Procura, ha disposto, oltre alle misure a carico degli indagati, il sequestro di denaro per circa 4 milioni: 1,2 milioni a carico di Cosentino; un altro milione a carico della figlia Ambra, e un altro ancora a carico sia della figlia che della Muscatelli.

(ultimo aggiornamento 11:36)