Dal “pizzo” alla pizzeria all’arsenale nascosto nel casolare, quattro fermi a Reggio

Reggio Calabria Cronaca

È di quattro persone sottoposte a fermo, e un’altra arrestata in flagranza, il bilancio dell’operazione “Lampo” eseguita, su ordine della Dda, dalla squadra mobile e dai carabinieri della compagnia di Reggio Calabria. I provvedimenti hanno colpito Gianfranco Musarella, 39 anni; Antonino Marra, detto “Nino”, 37 anni; Giovanni Marra, 34 anni e Alessandro Marra, 29 anni.

Per loro le accuse sono di estorsione, porto e detenzione illegale di armi, lesioni personali, danneggiamento mediante incendio, reati aggravati dalle modalità mafiose. Una donna, Domenica Pamela Barillà (24 anni), insieme a Musarella e a Giovanni Marra, è stata arrestata in flagranza per detenzione illegale di armi e di munizionamento per armi da guerra.

La vicenda trae origine da una richiesta di soccorso arrivata ai Carabinieri e alla Polizia da una famiglia che gestisce una pizzeria nel capoluogo che sarebbe stata costretta, per almeno due anni, a subire le interferenze e le imposizioni dei fratelli Sebastiano e Gianfranco Musarella (il primo detenuto per altra causa) e dei loro presenti sodali nella gestione dell’attività, e sarebbero sfociate in una serie di atti intimidatori di gravità sempre maggiore, fino ad arrivare, da ultimo, anche all’esplosione di colpi di arma da fuoco e all’incendio.

I fermati sono dunque accusati di aver imposto alle vittime il pagamento del pizzo, inizialmente di 1.500euro per il sostentamento dei detenuti e di 500 euro settimanali per un primo periodo e poi di 300, sempre settimanali, fino al 25 aprile scorso. Inoltre avrebbero costretto i gestori del locale a sottostare ad un rigido e giornaliero controllo della contabilità e ad assumere, come cassiera, prima la moglie di Antonino Marra e, successivamente, la compagna di Gianfranco Musarella, la Barillà.

I presunti estorsori, sempre secondo le indagini, avrebbero anche preteso dalle vittime altre prestazioni: per lo più pasti gratis per persone segnalate dai Musarella, costringendole, inoltre, a tollerare i comportamenti arroganti e prevaricatori della cassiera che, probabilmente forte della protezione dell’amante, del gemello Sebastiano e di Antonino, avrebbe offerto spesso e sempre gratis, servizi di ristorazione ad amici e conoscenti, prelevando denaro dalla cassa dei datori di lavoro.

Nel novembre scorso, la Barillà sarebbe stata sorpresa proprio mentre prendeva il denaro per consegnarlo a Antonino Marra, giunto nel locale in compagnia di Giovanni: in quell’occasione la titolare della pizzeria l’avrebbe ostacolata mettendola fuori dall’esercizio commerciale.

A quel punto - sostengono ancora gli inquirenti - Giovanni Marra avrebbe rivolto una chiara minaccia alla titolare, ovvero: Stasera non coricatevi a casa”. Dopo qualche minuto, sarebbe arrivato Gianfranco Musarella che, dopo aver litigato con la proprietaria della pizzeria, avrebbe minacciato il figlio, puntandogli una pistola sotto il mento e ammonendolo con la frase “Vi ammazzo tutti e tre!”.

In altre occasioni, Musareòòa, Antonino e Giovanni Marra avrebbe rivendicato ingiustamente la proprietà dell’attività commerciale.

Lo scorso 25 aprile, la titolare della pizzeria, per aver comunicato l’intenzione di licenziare Barillà a causa delle difficoltà economiche, oltre che per il suo comportamento, sarebbe stata minacciata, aggredita e percossa da Antonino Marra procurandole delle contusioni multiple.

A distanza di due giorni, (il 27 aprile), intorno alle 9 e mezza di sera, nonostante il locale fosse frequentato da numerosi clienti, due soggetti col volto coperto da casco e passamontagna e arrivati a bordo di un motorino, danneggiarono la porta di emergenza del locale, cospargendola di benzina e dandole fuoco con una bottiglia incendiaria.

Ed ancora, il 29 aprile successivo, intorno all’1.40 di notte, due soggetti, sempre a bordo di un motorino simile, una Honda SH bianca, danneggiarono con undici colpi d’arma da fuoco l’autovettura dei titolari della pizzeria che era parcheggiata nei pressi della loro abitazione.

Le vittime avevano sporto denuncia sia ai Carabinieri che alla Polizia. Così erano partite le indagini, svolte congiuntamente, e in pochissimi giorni, gli investigatori, grazie anche alle dichiarazioni delle vittime e dall’analisi delle immagini estrapolate da diversi sistemi di videosorveglianza, hanno portato ad identificare i presunti responsabili di quegli atti intimidatori così che il magistrato ha emesso il provvedimento restrittivo contestandogli, a vario titolo, anche i singoli episodi del 27 e 30 aprile scorsi, relativi al danneggiamento a seguito di incendio della porta dell’uscita di emergenza della pizzeria (di cui Musarella sarebbe stato il mandante) e all’esplosione dei colpi d’arma contro l’auto.

I reati sono aggravati dalle modalità mafiose per il fatto che Musarella, attualmente detenuto, e fratello di Gianfranco, è stato già condannato per associazione mafiosa nell’ambito dell’Operazione “Eremo”, del 2005.

Durante delle perquisizioni domiciliari eseguite in un locale adibito a deposito di vario materiale e connesso all’abitazione di Gianfranco Musarella, la Polizia e i Carabinieri hanno scoperto poi un vano e un sottotetto all’interno dei quali vi era un vero e proprio arsenale, composto da parti di armi e munizioni.

In particolare vi erano un mitragliatore kalashnikov Ak 47, una pistola mitragliatrice Uzi cal. 9x19 senza matricola; una pistola semiautomatica Beretta cal. 9 parabellum con matricola obliterata; un revolver cal.32 con matricola obliterata; un’altra pistola semiautomatica Beretta cal. 9 corto; una a salve cal. 8 senza il tappo rosso e con evidenti segni di manomissione. E poi: quattro fucili cal. 12, di cui 3 con matricola abrasa; due carabine; una carabina ad aria compressa; varie parti di arma da caccia; quattro silenziatori; varie cartucce cal. 9 parabellum, calibro 12, 7,65 e 7.62x39; alcune divise di una ditta di vigilanza; dei passamontagna e guanti; quattro caschi ed attrezzi da scasso.

Alla luce di questo ritrovamento, dunque, Gianfranco Musarella, Giovanni Marra e Pamela Domenica Barillà, sono stati arrestati in flagranza per detenzione illegale di armi; la donna, infatti, è stata sorpresa stanotte insieme a Marra all’interno del casolare in cui erano custodito l’arsenale.