‘Ndrangheta: chi erano Osso, Mastrosso, Carcagnosso

Calabria Attualità

Ieri sera a "Vieni via con me" Roberto Saviano ha raccontato la mitologia delle mafie italiane, ovvero la storia dei tre cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso e Carcagnosso, da cui si fanno discendere rispettivamente Cosa Nostra, camorra e ‘ndrangheta. La fonte di tutto è costituita da un bel libro, edito di recente da Rubbettino, "Osso, Mastrosso e Carcagnosso. Immagini, miti e misteri della mafia" firmato da tre voci autorevoli quali quelle di Enzo Ciconte (docente di Storia della criminalità organizzata all'Università di Roma Tre), Francesco Forgione (docente di Storia e sociologia delle organizzazioni criminali all'Università dell'Aquila), Vincenzo Macrì (Procuratore generale presso il Tribunale di Ancona). Il libro è illustrato da Enzo Patti, pittore di Favignana, che offre una lettura artistica intrigante, carica delle suggestioni che si accompagnano ai miti delle organizzazioni criminali.

Ma chi erano Osso, Mastrosso e Carcagnosso? Si tratta dei nomi dei tre cavalieri spagnoli, appartenuti ad una associazione cavalleresca fondata a Toledo nel 1412, che portarono nel Mezzogiorno d’Italia quelle che sarebbero divenute le regole della mafia in Sicilia, della camorra in Campania e della ‘Ndrangheta in Calabria. Una leggenda che è servita a creare un mito, a nobilitare le ascendenze, a costituire una sorta di albero genealogico con tanto di antenati. La sera della strage di Duisburg una delle sei vittime, prima di essere uccisa, facendo bruciare un santino di San Michele Arcangelo con tre gocce del suo sangue, aveva giurato fedeltà alla ‘ndrangheta in nome dei tre cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso e Carcagnosso. Si può immaginare un cristiano senza Bibbia o un musulmano senza Corano? Anche per la ‘ndrangheta i codici e la loro trasmissione sono una ossessione. Per quante trasformazioni essa abbia subito non ha mai voluto cambiare le modalità dell’affiliazione formale e simbolica.
Un orrido fascino promana da parole arcaiche e spesso incomprensibili che sembrano sgorgare da sorgenti provenienti da oscure e irraggiungibili lontananze alle quali riportano le immagini di questo libro.


Chi continua a pensare che si tratti solo di folclore, non può comprendere perché la mafia calabrese sia diventata una delle più grandi potenze criminali mondiali, anche grazie all’immaginario collettivo creato da antichi cavalieri che continuano a mietere proseliti cavalcando i nuovi sentieri della globalizzazione. Non è un caso che anche nel corso delle indagini che hanno portato alle recenti operazioni anti ‘ndrangheta al Nord sono emerse prove di rituali di affiliazione che confermano come spiega bene un altro libro appena pubblicato da Rubbettino cui Saviano ha fatto abbondantemente riferimento (“‘Ndrangheta Padana”, di Enzo Ciconte) la natura di un’organizzazione che punta alla globalizzazione degli affari, ma, non dimentica i riti più tradizionali.