Crisi call center, l’allarme del Sindacato: a rischio 15 mila lavoratori calabresi

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“Non sono solo gli effetti del Jobs Act a rendere precario un tempo indeterminato nel settore dei call center”: è quanto sostiene il segretario generale della Slc Cgil Calabria, Daniele Carchidi, sottolineando che sono ben 15mila i lavoratori della nostra regione che sono stati resi precari “dall'assenza o dal mancato rispetto delle regole”.

Il contratto a tempo indeterminato secondo il sindacalista sarebbe stato precario già prima dell'introduzione di quella che definisce una legge “scellerata”. “Nel settore dei call center in outsourcing – spiega - il contratto a tempo indeterminato era tale finché il committente non decideva di togliere la commessa passandola ad un’altra azienda. Per anni abbiamo richiesto norme che regolamentassero il settore, nel tentativo di mettere in sicurezza un settore che nella sola Calabria occupa circa 15 mila addetti”.

Norme che nelle richieste della Slc Cgil impedissero o “quantomeno limitassero delocalizzazione, dumping e gare al massimo ribasso, i tre mali atavici che negli anni – continua Carchidi - hanno affossato un settore produttivo che per la Calabria ha rappresentato uno dei pochi sbocchi occupazionali nell'ultimo decennio”.

L'approvazione della clausola sociale è stato un primo punto fondamentale, che per la Sigla “deve essere però considerato come il punto di partenza, e non di arrivo, della regolamentazione del settore. Anche perché la clausola sociale, da sola non basta, indebolita dalle gare al massimo ribasso, e complici anche ‘avvocaticchi e azzeccagarbugli’ che imperano nei tavoli relazionali, rischia di essere limitata negli effetti”.

Per Carchidi, insomma, c'è bisogno di un intervento concreto del Governo, “e non dei soliti inutili annunci – dice ancora - perché le vertenze Almaviva, Gepin e Qe rappresentano solo la punta dell'iceberg dell'implosione di un intero settore”. Crisi che per il segretario della Slc Cgil rappresenterebbero, ciascuna per la propria parte, gli effetti delle gare al massimo ribasso, della delocalizzazione e di accordi nell'applicazione delle clausole sociali.

“Bisogna intervenire subito, - conclude il Carchidi - per scongiurare la perdita di tremila posti di lavoro a breve termine, ed impedire che l'intero settore collassi sotto i colpi della mancata regolamentazione”.