Operazione “Round trip”, fatture false per un miliardo. Arresti anche a Cosenza

Cosenza Cronaca

Dalle prime luci dell’alba, oltre 120 finanzieri del Comando Provinciale di Vicenza, in collaborazione con numerosi Reparti sul territorio nazionale e con le polizie di cinque Paesi esteri, stanno eseguendo 18 misure di custodia cautelare in carcere e 11 ai domiciliari, emessi dal Gip Massimo Gerace, nei confronti di altrettante persone ritenute appartenenti a un’organizzazione a delinquere transnazionale dedita, almeno dal 2009, a una colossale e sistematica frode all’Iva e alla commissione di reati fallimentari.

Le indagini, coordinate da Barbara De Munari, Sostituto Procuratore della Repubblica, sono state condotte, dal 2013, dal Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza mediante un imponente sforzo investigativo, utilizzando anche speciali software d’indagine, e che ha visto impegnato decine di militari in attività di intercettazione telefonica (quasi 75 mila le conversazioni ascoltate) e telematica, di perquisizioni e di pedinamenti in tutta Italia e riscontri documentali eseguendo numerose verifiche fiscali nei confronti di ben 218 indagati, praticamente tutti di nazionalità italiana; infatti, solo un denunciato è straniero – un serbo – peraltro residente da anni a Vicenza.

Ne sarebbe risultato un complesso intreccio di società sia nazionali che estere che gli investigatori ritengono essere state utilizzate, strumentalmente, per non versare all’Erario oltre 130 milioni di euro di Iva.

Le aziende interessate sono addirittura 180, di cui quelle italiane 145, in gran parte con sede a Milano e Roma, e delle quali 76 “cartiere” e 69 “filtri”/”broker”, quest’ultimi costituiti da 15 “filtri puri” e da 54 società invece effettivamente esistenti ed operative, nonché dotate di una reale struttura organizzativa e di dipendenti. Quelle estere sono 35 “conduit” di 15 Paesi comunitari: 4 in Austria, 4 a Malta, 4 in Repubblica Ceca, 4 in Slovacchia, 3 in Polonia, 2 in Belgio, 2 in Bulgaria, 2 in Croazia, 2 in Germania, 2 in Romania, 1 Cipro, 1 in Gran Bretagna, 1 in Irlanda, 1 in Lettonia e 1 nei Paesi Bassi.

La complessa attività avrebbe permesso di accertare un presunto giro di fatture per operazioni inesistenti pari a 930 milioni di euro, relative a svariati prodotti tra i quali certamente maggior peso hanno avuto quelli hi-tech come tablet, supporti digitali e televisori; tuttavia, l’organizzazione avrebbe diversificato trattando anche dell’altra merce, ad esempio toner per stampanti e materie prime alimentari: farine, zucchero e latte in polvere.

Il sistema avrebbe apportato delle ingegnose varianti alla classica frode cosiddetta “carosello, allo scopo di rendere più difficoltosa l’individuazione della rete di società utilizzatrici delle fatture false. Pertanto, la merce – che già si trovava nel territorio italiano - veniva ceduta, molto spesso solo cartolarmene, in regime di reverse charge (cioè in sospensione d’imposta), a un’azienda comunitaria, la quale rivendeva (sempre in reverse charge e sempre solo mediante trasferimenti meramente cartolari) alla società “cartiera” italiana.

Quest’ultima avrebbe poi ceduto la merce (questa volta con IVA e “sottocosto”) a una o più società “filtro”, le quali, infine, l’avrebbero venduta al beneficiario finale della frode. Da questo circuito consegue che la “cartiera” (o “missing trader”), nel breve volgere di pochi mesi, avrebbe maturato un ingente debito IVA (quella riscossa nel momento della cessione alle società “filtro”) che però non avrebbe versato; la sede della società sarebbe stata, quindi, trasferita in una grande metropoli (Roma o Milano) e, poi, allocata all’estero dove sarebbe stata “rottamata” lasciando dietro di sé un cospicuo debito tributario non più esigibile e l’impossibilità di dichiararne il fallimento.

Le varianti al sistema classico avrebbero inoltre previsto l’interposizione di più “conduit”, con sede anche in Paesi differenti, e l’ingegnosa eliminazione della figura della “cartiera”, sostituita da un “filtro”: la società italiana che avrebbe acquistato dalla “conduit” comunitaria avrebbe neutralizzato il rilevante debito IVA che sarebbe andato a maturare con un articolato intreccio di operazioni (questa volta oggettivamente inesistenti) con altre due società (entrambe “cartiere”) che si sarebbero poste al di fuori del circuito proprio della frode carosello e, perciò, non immediatamente riconducibili alla frode stessa.

Sul territorio nazionale, le operazioni di esecuzione delle misure cautelari si stanno svolgendo, oltre che nella provincia di Vicenza (nella quale risiedono i principali accusati della frode e dove i presunti appartenenti si riunivano per assumere le decisioni più importanti, come quelle su come spartirsi i proventi dell’evasione), anche nelle province di Catania, Cremona, Ragusa, Roma, Bergamo, Cosenza, Brindisi, Biella, Milano, Napoli, Pescara, Varese, Udine, Alessandria, Parma, Verona e Treviso.