Cosca del Crotonese gestiva affari nel Centro Italia. 25 arresti e 149 indagati

Crotone Cronaca

Sono 149 le persone indagate in un’operazione che 200 carabinieri stanno eseguendo dalle prime luci dell’alba. Gli agenti dell’Arma, su disposizione del gip del tribunale dell’Aquila, hanno infatti dato esecuzione a 25 ordinanze di custodia cautelare - 20 gli arresti di cui 14 in carcere, 6 ai domiciliari e 5 obblighi di dimora - nei confronti di altrettanti soggetti accusati di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, traffico di armi, estorsione, riciclaggio.

Più in particolare, gli arresti sono avvenuti a Vasto (Chieti), San Salvo (Chieti), Roccella Ionica (Reggio Calabria), a Messina, a San Severo (Foggia). Altri due provvedimenti restrittivi sono stati notificati per altrettanti indagati attualmente reclusi a Voghera (Pavia) e Cassino (Frosinone). A firmare le ordinanze è stato il gip della Direzione distrettuale antimafia Giuseppe Romano Gargarella.

La presunta associazione mafiosa, secondo gli inquirenti composta da elementi di spicco del clan Ferrazzo di Mesoraca, si sarebbe insediata in Abruzzo e Molise per poi estendere le attività anche in altri regioni italiane e all’estero, in particolar modo in America Latina.

A vario titolo risultano indagate dunque le 149 persone e si sta procedendo anche al sequestro di beni immobili ed attività commerciali, nonché a perquisizioni in Abruzzo, Molise, Calabria, Sicilia, Lazio e Marche.


I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE “ISOLA FELICE”

L'operazione, denominata Isola Felice, è l'epilogo di una inchiesta partita a Campobasso su iniziativa della Procura locale e nata dal ritrovamento di un arsenale all’interno di un’auto che sarebbe risultata di proprietà di Eugenio Ferrazzo, pregiudicato 38enne di Mesoraca che, per questo episodio, subì una condanna a 12 anni di reclusione. All'interno della vettura vi erano fucili mitragliatori, Kalashnikov, pistole, silenziatori, proiettili, passamontagna, giubbotti antiproiettile e munizioni.

L'auto, al momento della scoperta, avvenuta nel luglio del 2011, si trovava in un garage di Termoli affittato da una donna del posto da Felice Ferrazzo (61 enne ex collaboratore di giustizia) e padre di Eugenio, ritenuto il capo dell’omonima cosca del crotonese.

Gli inquirenti, anche grazie all’utilizzo di intercettazioni eseguite nel carcere di Campobasso e che riguardavano proprio Eugenio Ferrazzo, sarebbero riusciti a ricostruire il collegamento di quest’ultimo con la malavita abruzzese e delineato i contatti di suo padre, Felice, con gli ambienti criminali calabresi. Il procedimento è stato dunque incardinato dai magistrati dell'Aquila e poi sfociato nel blitz di questa mattina.

L'esponente di vertice, Felice Ferrazzo, è stato arrestato a San Giovanni degli Schiavoni (Campobasso) mentre al figlio Eugenio l'ordinanza di custodia cautelare è stata notificata nel carcere di Ferrara dove già si trovava detenuto.

Nell'ambito dell'operazione "Isola Felice", denominata così poiché l'Abruzzo viene ritenuto tale in quanto a criminalità organizzata, "oggi abbiamo colpito la cosca dei Ferrazzo in modo definitivo". Lo ha detto in conferenza stampa il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti. "Questa 'ndrina - ha aggiunto - che operava a livello transnazionale impiantandosi tra l'Abruzzo e il Molise. È stata sradicata. Parliamo di un gruppo malavitoso che trafficava sia con la droga che con le armi".

"L'intervento giudiziario di oggi - ha aggiunto Roberti - arriva al termine di un'azione investigativa partita nel 2010 a seguito dell'arresto operato dai carabinieri di Pescara a carico di uno degli indagati sorpreso con quasi un chilo di cocaina purissima.

La qualità dello stupefacente ed altri elementi acquisiti nell'immediatezza dagli investigatori hanno determinato l'avvio di attività d'indagine coordinata dalla Procura distrettuale antimafia dell'Aquila, nella persona del sostituto procuratore Antonietta Picardi, al fine di individuare i complici dell'arrestato e risalire la filiera che aveva permesso l'importazione dello stupefacente.

"Nel corso dei mesi successivi - ha affermato Picardi - una serie di mirati arresti hanno consentito ai carabinieri di scoprire un autentico “fiume”di cocaina che, dal Sudamerica giungeva sul territorio nazionale tramite disparate modalità d'invio". A fine 2010 in collaborazione con la polizia argentina vennero sequestrati 8 chili di cocaina liquida presso l'aeroporto di Buenos Aires mentre erano in procinto di essere imbarcati verso l'Europa e destinati alla piazza abruzzese. La progressione delle indagini, caratterizzata da intercettazioni telefoniche, Ambientai e telematiche nonché da importanti arresti e sequestri di stupefacente, ha portato all'individuazione di una raffineria che l'organizzazione criminale aveva realizzato in un'abitazione di San Salvo, sequestrata nel maggio 2011. In quella occasione era stato registrato anche un primo importante sequestro di armi, con la scoperta di un deposito dove i criminali custodivano 5 pistole, giubbotti antiproiettile e jammer per il disturbo delle frequenze cellulari impiegate dagli investigatori per le attività di intercettazione. Alcuni mesi dopo seguì, a Termoli, il sequestro di un autentico arsenale nella disponibilità dell'organizzazione. Vennero sequestrate numerosi armi da guerra, tra cui kalashnikov, fucili a pompa, pistole e munizionamento. Ulteriori importanti sequestri di armi sono avvenuti in Piemonte e in Calabria e sono stati accertati traffici consistenti tra la Svizzera, le regioni settentrionali, la dorsale adriatica fino alla Calabria (anche utilizzando, per il trasporto, bus di linea solitamente utilizzati dagli emigranti) nonché dai Balcani seguendo rotta marittima attraverso porti pugliesi.

"Dopo importanti sequestri ed altri arresti di singoli corrieri o depositari di droga e denaro (sono stati sequestrati 100 mila euro in contanti) provento del narcotraffico, alcuni componenti dell'organizzazione hanno avviato un percorso collaborativo con gli inquirenti che - ha riferito il sostituto procuratore Picardi - ha permesso di acquisire elementi, riscontrati dai carabinieri, circa la ramificazione di un'articolata organizzazione criminale con basi operative nel Vastese e nel litorale molisano, ma anche a Pescara e L'Aquila operante sotto il diretto controllo del clan Ferrazzo di Mesoraca". Ulteriori ramificazioni sono state individuate in Campania (a Torre Annunziata), in Lombardia (a Mariano Comense, Varese ed altri centri di quella provincia), in Piemonte (nell'alessandrino) ed altrove. "Il Gip - ha spiegato la dottoressa Piardi - ha condiviso l'impostazione della Procura e pertanto, sia pur in attesa dei successivi vagli processuali, si ritiene sussistano consistenti elementi per affermare l'esistenza di un'associazione criminale di natura 'ndranghetista, con base tra San Salvo, Campomarino e Termoli, operante sotto l'egida della famiglia Ferrazzo e composta sia da calabresi e siciliani (diversi esponenti della famiglia Marchese di Messina sono stabilmente legati ai Ferrazzo da interessi economici e criminali) che da personaggi locali, per lo piu' appartenenti alla piccola criminalita' abruzzese e molisana che, nel tempo, hanno fatto 'il salto di qualita'' affiliandosi alla criminalita' organizzata". Non a caso nel corso delle indagini è stata documentata l'affiliazione tramite emblematiche cerimonie che prevedono giuramenti davanti a 'santini' ed altre immagini sacre insieme a rituali di chiara matrice pagana. "L'analisi degli avvenimenti, con particolare riferimento alla pressione criminale esercitata su un territorio relativamente circoscritto al vastese e al litorale molisano, e la conferma fornita da alcuni collaboratori di giustizia - ha quindi osservato il sostituto procuratore della Dda - permette di affermare che l'ascesa del clan Ferrazzo in Abruzzo e Molise è stata in qualche modo resa possibile dalla 'caduta' del clan Cozzolino, precedentemente egemone sul territorio, decimato dalle indagini dell'operazione 'Adriatico' che la Procura aquilana ha sempre sviluppato con i carabinieri. Il coordinamento della Procura nazionale antimafia è stato indispensabile dal momento che ha curato numerose convergenze investigative con altre procure italiane nonché la consistente attività rogatoriale promossa presso le autorità giudiziarie di Argentina, Svizzera ed altre nazioni europee. Al tempo stesso - ha chiosato la dottoressa Picardi - i carabinieri hanno potuto sollecitare l'intervento di collaterali forze di polizia estere grazie al coordinamento di Interpol e della Direzione centrale per i servizi antidroga".

(Aggiornata alle 16:43)