Omicidio, armi e ricettazione: diversi arresti, colpo alla cosca di Calanna

Reggio Calabria Cronaca

È scattata stamani all’alba ed al momento in cui scriviamo è ancora in corso, a Reggio Calabria, un’importante operazione della polizia che sta eseguendo alcuni fermi di indiziato di delitto, disposti dalla Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di persone ritenute responsabili di un omicidio e due tentati omicidi oltre che di detenzione e porto abusivo di armi da fuoco e ricettazione, reati aggravati dal fatto di aver commesso i fatti per agevolare le attività della cosca di ‘ndrangheta che opera a Calanna (nel reggino). Effettuate anche numerose perquisizioni.

Il blitz, coordinato dalla Dda del capoluogo e che ha visto l’impiego di ben 80 agenti, colpisce i presunti mandanti ed esecutori materiali di tre gravissimi fatti di sangue - un omicidio e due tentati omicidi, appunto – avvenuti a Reggio Calabria e nel vicino comune di Calanna nei mesi di febbraio e aprile scorsi nel contesto di un conflitto che - secondo gli inquirenti - sarebbe scaturito in seno alla famiglia Greco per l’affermazione della leadership e il dominio criminale nel piccolo comune dell’entroterra.

A febbraio scorso un 45enne incensurato di Calanna, Antonio Princi, fu vittima di un agguato a cui riuscì a sfuggire, nonostante fosse stato ferito ad una gamba, sfondando con la sua auto il cancello d’ingresso e nascondendosi nel piazzale interno di un impianto di rifiuti di Sambatello. Il 4 aprile successivo, nel corso di un altro agguato, il 48enne Domenico Polimeni, venne invece ucciso a Calanna con dei colpi d’arma da fuoco che attinsero e ferirono anche un’altra persona che era con lui, il 56enne Giuseppe Greco.

L’operazione di stamani è stata denominata “Kalanè” ed è stata condotta dagli uomini della Squadra Mobile. Secondo gli investigatori avrebbe svelato i contorni delle cruente azioni di sangue che i sicari di due schieramenti in lotta avrebbero attuato “con premeditazione, individuando accuratamente le abitudini delle vittime i tempi e i luoghi in cui colpirle con l’uso di fucili e pistole”.

Alla base della faida esplosa tra le due fazioni, che un tempo appartenevano alla stessa componente di ‘ndrangheta, vi sarebbe la pretesa di esercitare, in esclusiva, il controllo criminale sul territorio di Calanna: la tesi è che Giuseppe Greco, tra l’altro collaboratore di giustizia e figlio del presunto boss “Ciccio”, avrebbe tentato di arrivare al vertice della ‘ndrina colpendo Antonio Princi, ritenuto il reggente del clan.

ALLA BASE DELL’INCHIESTA NUMEROSE INTERCETTAZIONI

Le indagini della Mobile si sono basate essenzialmente sui risultati delle intercettazioni telefoniche, ambientali e delle video riprese disposte dalla Dda. Gli elementi acquisiti nel corso delle attività consentirebbero di ricostruire puntualmente le dinamiche criminali dei più gravi fatti di sangue verificatisi a Reggio Calabria negli ultimi mesi e le cause che li avrebbero determinati.

IL PIANO PER UCCIDERE PRINCI E LA VENDETTA

Secondo gli investigatori Giuseppe Greco avrebbe progettato di uccidere Antonino Princi all’uscita dell’impianto di trattamento dei rifiuti a Sambatello, dove lavorava come operaio, e dove poi si rifugiò durante l’attentato. Per attuare il progetto, il 9 febbraio scorso, dopo aver studiato accuratamente le abitudini della vittima, accompagnato da uno dei presunti sodali, “con una spettacolare azione di fuoco” tentò di assassinare Princi sparando numerosi colpi di arma da fuoco (sia con di fucile che pistola) contro l’auto sulla quale viaggiava quest’ultimo e che, come dicevamo, riuscì miracolosamente a salvarsi, con una serie di manovre repentine nascondendosi nell’impianto di rifiuti.

Per gli inquirenti il tentato omicidio di Princi avrebbe innescato la vendetta. La reazione di quest’ultima, difatti, non si sarebbe fatta attendere a lungo. Così, la sera del 3 aprile, due persone considerate suo fidatissimi si sarebbero appostati nei pressi di una piccola abitazione di Calanna dove Giuseppe Greco si era rifugiato e con una fulminea azione di fuoco riuscirono a ferirlo gravemente mentre era affacciato al balcone. Durante la sparatoria, investito dai pallettoni, venne ucciso Domenico Polimeni che aveva ospitato Greco e con lui era sul balcone.

I FERMATI

I fermati nell’operazione di stamani sono dunque i presunti componenti delle frange criminali di Calanna: Giuseppe Greco e Domenico Provenzano (20 anni) e i fratelli Giuseppe e Antonio Falcone, rispettivamente di 48 e 45 anni, ritenuti fedelissimi di Antonino Princi (45), quest’ultimo accusato di omicidio e tentato omicidio premeditati e ricercato poiché già irreperibile da alcuni mesi.

L’ASCESA DI PRINCI

Da quanto ricostruito Princi, approfittando dell’assenza dalla Calabria di Greco e del periodo di collaborazione con la giustizia che quest’ultimo aveva avviato dopo il suo arresto nell’ambito dell’Operazione “Meta”, aveva accentrato su di sé il controllo delle attività illecite nella zona di Calanna e Sambatello, feudo storico ed in contrasto della famiglia Greco, alla quale Princi è legato anche da rapporti di parentela.

In sostanza, si ritiene che l’ex collaboratore di giustizia, avvertendo di essere stato esautorato dalle funzioni di vertice della consorteria criminale ricevute in eredità dal padre (don Ciccio, il vecchio boss di Calanna), nella prospettiva di riconquistare il potere, avesse deliberato ed eseguito l’omicidio di Princi, sebbene senza tuttavia riuscire nel suo intento. Come rappresaglia all’azione di Greco lo “Sceriffo” (Princi), avrebbe organizzato l’agguato di contrada Sotira di Sambatello in cui fu ferito Greco e ucciso Polimeni.

In entrambe le azioni di fuoco, venero utilizzati dei fucili calibro 12 caricati a pallettoni e, nel caso del tentato omicidio di Princi, anche una pistola calibro 9.

Nella ricostruzione del tentato omicidio, gli inquirenti ritengono che Greco abbia agito in prima persona e aiutato Domenico Provenzano. Gli indizi raccolti invece in relazione all’agguato contro Greco e Polimeni, fanno desumere agli investigatori che sia stato ordito da Antonino Princi ed eseguito dai fratelli Falcone.

Dopo l’accaduto, i due fratelli vennero condotti in Questura e sottoposti allo stub per rilevare l’eventuale presenza di su di loro tracce di polvere da sparo che risultò positivo sulle mani di entrambi.