Arrestato il latitante Giuseppe Alvaro. Era ricercato dal 2009

Vibo Valentia Cronaca

Il latitante Giuseppe Alvaro (33 anni), che è indicato come elemento di spicco dell'omonima cosca di Sinopoli, nel reggino, è stato arrestato oggi dagli agenti della squadra mobile di Vibo Valentia. Gli investigatori, guidati da Marco De Bartolis, lo hanno rintracciato nelle Preserre Vibonesi riuscendo a fermarlo dopo un inseguimento.


Ad Alvaro, che era ricercato da circa 8 anni, esattamente dal 2007, sono contestati dalla Dda di Reggio Calabria diversi reati nell’ambito di alcune operazioni contro la ‘ndrangheta.

L’arresto è stata eseguito dagli agenti della Mobile vibonese e del Commissariato di Polistena, al termine di prolungati servizi di osservazione e di infiltrazione sul territorio che hanno permesso di rintracciate catturare Alvaro, alias “Peppazzo”, in un agro di Monterosso Calabro (sempre nel vibonese). Il 33enne, secondo gli inquirenti, sarebbe ai vertici della cosca “Carni i cani”, che opera a Sinopoli ma ha sue proiezioni anche in Lazio come anche all’estero.

IL LATITANTE PIÙ LONGEVO DELLA PIANA

Era, tra l’alto, il latitante più longevo della Piana di Gioia Tauro, essendo stato colpito da un’ordinanza di custodia Cautelare in carcere, emessa addirittura il 17 febbraio 2009 dal Gip di Reggio Calabria, per reati contestatigli nell’ambito dell’operazione “Virus”. In particolare è accusato di associazione mafiosa, per aver fatto parte della ‘ndrina Alvaro svolgendo funzioni di tramite tra il capocosca Carmine Alvaro e gli altri associati, trasferendo le direttive ricevute e riportando le notizie di volta in volta acquisite; ma anche per aver preso parte alle riunioni mafiose presiedute da Carmine Alvaro o per aver gestito, anche con funzioni decisionali, il riciclaggio di valuta estera tra la Calabria, Roma, Milano, Torino ed i Paesi dell’est Europa; infine, per aver mantenuto contatti con soggetti appartenenti alle altre ‘ndrine, in particolare per la cessione di armi.

Alvaro è anche accusato di ricettazione con finalità mafiosa: secondo gli inquirenti, in concorso con altri soggetti, avrebbe acquisito denaro estero, prevalentemente Croato, Won Coreani e Dollari Coreani di provenienza illecita, trasferendolo con operazioni finanziarie, tipo transazioni o versamenti, in modo da ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa, il tutto sempre per agevolare la cosca.

Il latitante inoltre avrebbe detenuto armi e munizioni illegali. Insieme a Paolo Schimizzi (nel frattempo scomparso), avrebbe avuto e portato in un luogo pubblico una pistola calibro 6.65 con relativo munizionamento e due ordigni esplosivi che Giuseppe Alvaro, Nicola Alvaro (30enne), Nicola Alvaro (34enne) e Rocco Caruso avrebbero poi dato a Schimizzi e a Borruto, esponenti della ‘ndrina Tegano di Archi, una frazione di Reggio Calabria.

SCAPPA DAL RIFUGIO E SI FRATTURA LA CAVIGLIA

Il ricercato, come dicevamo, è stato catturato grazie a dei servizi di osservazione svolti in un’ampia zona rurale. Al momento dell’irruzione eseguita in un frantoio, Alvaro avrebbe cercato di scappare lanciandosi da una finestra, ma poco dopo è stato raggiunto dagli agenti che lo hanno bloccato e ammanettato. Dopo le rocambolesche fasi della cattura, è stato trasportato presso l’ospedale di Vibo Valentia per essere sottoposto ad un intervento chirurgico, poiché, cercando di fuggire dal frantoio, ha riportato la frattura scomposta della caviglia.

Il provvedimento restrittivo a suo carico raggruppa i risultati acquisiti durante l’attività investigativa che aveva svolto la Mobile di Reggio Calabria per la cattura del padre, Carmine Alvaro, 63enne, rimasto latitante dal 9 giugno 2003 al 18 luglio 2005, e condannato dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, il 18 novembre 2002, per associazione mafiosa, poiché considerato il promotore, organizzatore e capo dell’omonima famiglia mafiosa.

“In questo contesto – spiegano gli investigatori - sarebbe emerso "un ruolo di assoluto rilievo di Alvaro nell’organigramma della cosca. I vari accoliti, infatti, non avrebbero esitato ad eseguire puntualmente ed immediatamente le direttive da lui impartite anche, perché, probabilmente, ne avrebbero riconosciuto il ruolo di portavoce del padre boss”.

I RAPPORTI COL PAFRE CARMINE ALVARO

Quelli col padre, dunque, non sarebbero stati semplici incontri tra padre e figlio ma, ribadiscono sempre gli inquirenti “vere e proprie riunioni per stabilire le attività illecite della cosca e per ricevere le direttive del boss latitante”.

Alvaro era ricercato sin dall’inizio della sua latitanza, quando riuscì a sottrarsi alla cattura insieme al cugino Paolo Alvaro, 51enne di Sinopoli, catturato il 20 novembre 2015 a Melicuccà dai Carabinieri. Egli annovera diversi precedenti penali e di polizia per associazione mafiosa, ricettazione, furto, rapina, truffa, riciclaggio, violazioni della legge sulle armi, favoreggiamento personale e procurata inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità.

In relazione all’Ordinanza di custodia cautelare in carcere per la quale Alvaro risultava ricercato, il 7 aprile del 2010 è stato condannato, con rito abbreviato, alla pena di 8 anni di carcere ed 8 mila euro di multa, dal GUP presso il Tribunale di Reggio Calabria. La sentenza di condanna è stata confermata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria il 20 aprile 2010.

(Aggiornatta alle 13:30)