‘Ndrangheta. Dia confisca 30 milioni di beni ad imprenditore reggino

Reggio Calabria Cronaca

La Dia e la Guardia di Finanza di Reggio Calabria, sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia, hanno eseguito stamani la confisca di beni societari, per 30 milioni di euro, nei confronti di Giuseppe Crocè, 69 anni, imprenditore di Melito Porto Salvo in affari con la figlia Fortunata Barbara, di 38 anni.


Crocè, imprenditore nel settore della grande distribuzione, è stato oggetto di due ordinanze di custodia cautelare, rispettivamente emesse dal Tribunale della città dello Stretto il 21 luglio del 2012 ed il 22 gennaio del 2013. La prima è stata emessa nell’ambito dell’Operazione “Assenzio”, condotta dalla Dia, e che lo vedeva indiziato di partecipare, insieme ad un altro noto imprenditore, Domenico Giovanni Suraci (48), già socio di Crocè in alcune iniziative commerciali, ad un sodalizio criminale responsabile di gravi truffe a danno dello Stato per il conseguimento di erogazioni pubbliche e di evasione fiscale, in particolare sovrafatturazioni di contratti di leasing, emissione di fatture false, percezione indebita del credito d’imposta, ecc.

La seconda ordinanza invece era stata emessa nell’operazione “Sistema” (condotta dai Carabinieri di Reggio Calabria) nella quale sia all’imprenditore che alla figlia Barbara veniva contestato il concorso esterno in associazione mafiosa, in particolare alla cosca Tegano-De Stefano, al fine di favorirne gli interessi economici nel settore della grande distribuzione. Provvedimento, questo, successivamente annullato dal Tribunale del Riesame.

Nel processo tuttora in corso di celebrazione denominato “Assenzio-Sistema”, dove sono confluite le risultanze investigative di ambedue le operazioni, Giuseppe e Barbara Crocè sono stati rinviati a giudizio, il 29 luglio 2013, dal Gup reggino.

La confisca di oggi scaturisce dagli accertamenti eseguiti dalla DIA che ritiene di aver ricostruito “l’illecita formazione dell’ingente patrimonio societario” dell’imprenditore e della figlia. Indagini che troverebbero conferma anche ndagli accertamenti fiscali e tributari eseguiti dalla Guardia di Finanza reggina.

Nei confronti delle aziende gestite dai Crocè gli investigatori avrebbero riscontrato sia una consistente sproporzione tra gli investimenti effettuati e i redditi dichiarati, che una espansione societaria ritenuta “frutto di attività illecite”. Oggi è così scattata la confisca del capitale sociale e il patrimonio aziendale di quattro aziende di capitali che operano nel settore della grande distribuzione e di diversi rapporti finanziari, il tutto per un valore di circa 30 milioni di euro.

Essendo stata ravvisata dal Collegio giudicante “sia una pericolosità sociale qualificata che generica”, Giuseppe Crocè è stato anche sottoposto alla sorveglianza speciale per 4 anni, mentre la figlia Barbara, a cui è stata riconosciuta solo una “pericolosità generica” è stata sottoposta alla stessa misura per 2 anni. Le aziende confiscate proseguono ora la loro attività con degli amministratori giudiziari nominati dall’autorità giudiziaria.