La Festa della Repubblica e il voto alle donne: Anassilaos ne discute in un incontro

Reggio Calabria Attualità

Al 70° anniversario della Repubblica e dell’estensione del diritto di voto alle donne (1946) e al 40° della nomina di una donna a Ministro della Repubblica, l’Associazione Culturale Anassilaos dedica un incontro che si terrà martedì 31 maggio alle 18 presso la Sala di San Giorgio al Corso con l’intervento di Antonino Romeo e Rosella Crinò, del Comitato di Indirizzo di Anassilaos. Introdurrà Tito Tropea, Presidente Anassilaos Giovani.

Nel marzo-giugno del 1946, in occasione delle amministrative e del voto per l’elezione dell’Assemblea Costituente e del Referendum, per la prima volta le donne italiane furono ammesse al voto. In appena due righe “Il diritto di voto è esteso alle donne che si trovino nelle condizioni previste dagli articoli 1e 2 del testo unico della legge elettorale politica, approvato con Regio Decreto 2 settembre 1919 n. 1495”, contenute nell’art. 1 del Decreto Legislativo Luogotenenziale del 2 febbraio 1945, veniva sancita una rivoluzione politica e sociale.

Un successivo Decreto Legislativo Luogotenenziale (n. 74 del 10 marzo 1946), all’articolo 7, stabiliva per le donne l’eleggibilità “Sono eleggibili all'Assemblea Costituente i cittadini e cittadine italiani che, al giorno delle elezioni, abbiano compiuto il 25° anno di età, eccettuati i casi previsti dagli articoli 5, 6, 8, 9, 10, 11 del presente decreto”.

Si concludeva così un lungo percorso che per l’Italia era cominciato all’indomani dell’Unità Nazionale (1861) quando all’intero paese fu esteso lo Statuto Albertino che, all’articolo 24, affermava: “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, e militari, salve le eccezioni determinate dalle Leggi”.

Purtroppo una tale eccezione riguardava, sia pure non in modo esplicito, il voto alle donne e nonostante le battaglie di Anna Maria Mozzoni, una femminista socialista, e di altre femministe (Maria Montessori) le donne italiane dovettero attendere il 1946. Una scrittrice da sempre impegnata sul fronte femminista, Sibilla Aleramo, così commentò sul “Mattino” di Napoli il voto alle donne "Per la prima volta a noi italiane viene conferita la dignità di cittadine. Siamo chiamate ad assumere parte della responsabilità che finora hanno avuto solo gli uomini nello svolgersi degli eventi pubblici. Eravamo delle escluse, delle eterne assenti, non avevamo colpa degli errori e delle follie che accadevano fra popoli e popoli, nè delle ingiustizie che si perpetuavano [...], oggi non più. Oggi che il voto ci è stato elargito, prendiamo sulle spalle per il futuro metà del peso che grava sui nostri compagni, padri, sposi, figli. Immenso peso".

La prima prova per le elettrici fu nelle amministrative del 10 marzo 1946. Si votò per eleggere le amministrazioni di moltissimi comuni e molte donne, circa duemila, furono elette nei consigli comunali. Ovviamente più significativa, per la posta in gioco, fu la partecipazione delle donne al Referendum Costituzionale e alle elezioni per l’Assemblea Costituente del 2 giugno del 1946. In quella circostanza vennero elette 21 donne e cinque di esse furono chiamate a far parte della “Commissione dei 75”, incaricata dall’Assemblea di redigere la nuova Costituzione: Maria Federici, Angela Gotelli, Lina Merlin, Teresa Noce, Nilde Jotti. La socialista Merlin, il cui nome è legato all’abolizione delle case chiuse (legge 20 febbraio 1958, n. 75), si impegnò per inserire all’art. 3 della Costituzione il riferimento alla parità di genere inserita all’articolo 3. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

La comunista Nilde Jotti fu il primo Presidente Donna della Camera (1979). Quest’anno ricorre peraltro il 40° anniversario della nomina del primo ministro donna della Repubblica Italiana (1976). Si tratta di Tina Anselmi, Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale nel III Governo Andreotti.