Omicidio Di Leo: fermato Salvatore Fortuna, presunto esponente di spicco dei Bonavota

Vibo Valentia Cronaca

Salvatore Fortuna, 34enne considerato come un esponente di spicco della cosca “Bonavota” di Sant'Onofrio, nel vibonese, è stato raggiunto da un decreto di fermo dalla Procura Distrettuale di Catanzaro ed eseguito dai carabinieri di Vibo.

Frotuna è indiziato dell'omicidio di Domenico Di Leo, pluripregiudicato allora 33enne, detto "Micu i Cataluni", assassinato a Sant'Onofrio il 12 luglio del 2004 a colpi di kalashnikov e fucile calibro 12. Secondo la tesi degli investigatori, l’uomo fu ucciso per dei contrasti interni al clan nati da alcune divergenze di vedute in relazione all'allocazione di imprese nella zona industriale di Maierato, nel vibonese.

I vertici della cosca, sempre in base a quanto ricostruito dagli inquirenti, avrebbe voluto realizzarvi un centro commerciale, mentre la vittima era dell’opinione di impiantarvi una catena di autolavaggi. La scusa che avrebbe portato all’omicidio sarebbe stata poi un presunta offesa di Di Leo ad un maggiorente dei Bonavota, il quale avrebbe avuto una relazione con la cugina e da lui non condivisa.

Gli investigatori avrebbero contestualizzato l’omicidio del 33enne durante le indagini sul taglio di mille ulivi, nel 2011, a Stefanaconi, gesto che sarebbe stato un’estorsione ai danni di una cooperativa con scopi benefici e gestita anche da religiosi. Il terreno dove sorgevano gli alberi, di proprietà di un imprenditore agricolo nonché assessore di un Comune del vibonese, era stato concesso alla coop che si occupa di gestione di terreni confiscati alla mafia e dell’assunzione di persone bisognose. Su questa attività avrebbe posto gli occhi la cosca Bonavota, pretendendo di ricevere gratis tutto il prodotto oleario. Al rifiuto da parte della cooperativa, gli ulivi vennero tutti tagliati con delle seghe elettriche.

Dopo due anni di indagini i carabinieri arrivarono dunque all'arresto dei vertici del clan Bonavota. Utili alle investigazioni sono stati anche gli accertamenti scientifici eseguiti dai militari del Ris di Messina.

15:43 | Francesco Salvatore Fortuna è stato incastrato dalle tracce di dna rinvenute su quattro guanti in lattice che vennero rinvenuti poche ore dopo il delitto nell'auto abbandonata dai sicari dopo l'agguato. Le analisi hanno consentito di isolare un dna che, comparato con il profilo genotipo dell'indagato, ha dato "completa sovrapponibilità".

Il procuratore vicario di Catanzaro Giovanni Bombardieri ha reso noto che l'inchiesta è sostenuta anche da alcune intercettazioni e dalle dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia. Per gli investigatori a determinare l'uccisione di Domenico Di Leo furono le frizioni che, in quel determinato periodo storico, erano emerse all'interno del clan Bonavota. La vittima, si legge nel provvedimento di fermo emesso dal pm Camillo Falvo, era "divenuta 'pedina' scomoda per il suo clan".

In particolare Di Leo era entrato in conflitto con i vertici della sua cosca per alcuni interessi commerciali sulla zona di Maierato. Proprio qualche giorno prima del suo omicidio Di Leo "aveva 'cacciato' gli operai che, per conto di Domenico Bonavota, dovevano effettuare gli scavi per la realizzazione di un bar nella zona . Di Leo sarebbe stato il responsabile, inoltre, del collocamento di un ordigno che aveva distrutto una concessionaria di autovetture "sotto protezione" della cosca. Secondo gli inquirenti, quindi, nei vertici della 'ndrina era emerso il "timore che Di Leo potesse porre in essere azioni nei confronti degli stessi maggiorenti del clan, in ragione della sua caratura criminale e della 'voglia' che stava maturando di imporsi nell'ambito della consorteria e sul territorio".

In una intercettazione lo stesso suocero della vittima rivelerebbea che "aveva tentato di far comprendere al genero che da solo non poteva scontrarsi contro la cosca Bonavota, della quale faceva parte, ma la frattura in seno al gruppo era divenuta ormai insanabile ed il suo intervento era stato vano".

L'uomo, nel colloquio registrato dai carabinieri, spiegano gli investigatori, "mostra di accettare con rassegnazione l'eliminazione del genero, nonostante lo stesso lasciasse moglie e tre figli in tenera età. Anzi, è lui stesso ad affermare che 'le cose sono destinate... che quando arriva quel giorno uno deve morire'.

I collaboratori di giustizia, poi, hanno indicato Fortuna come killer del gruppo Bonavota. Il pentito Raffaele Moscato avrebbe svelato l'attenzione maniacale dell'indagato nel non lasciare tracce, al punto da prelevare e portare con sé, in ogni occasione, sia le "cicche" delle sigarette che fumava che le bottigliette di acqua che beveva: "Ogni volta che spegne la sigaretta se la mette in tasca, anche la bottiglia d'acqua di plastica che sorseggiava se la portava sempre a casa e questo lo fa per non lasciare traccia di Dna". Accortezze che però non sono bastate per sfuggire all'arresto.

Soddisfatto il procuratore Bombardieri per l'esito di una "indagine minuziosa che ha permesso di fare luce su un omicidio così efferato da lasciare sul luogo del delitto 45 bossoli provenienti da più armi". Il comandante dei carabinieri di Vibo Valentia, Daniele Scardecchia, e il capitano Diego Berlingeri hanno invece l'impegno quotidiano dell'Arma per fare luce sulle dinamiche criminali di quel territorio.