Carceri in Calabria: superato il sovraffollamento ma rimangono forti criticità

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Amnistia per la Repubblica e Garante dei diritti dei detenuti per la Calabria. Così Rocco Ruffa (membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani) e Giuseppe Candido, militante del Partito Radicale e segretario dell'associazione Non Mollare a conclusione delle visite nelle carceri calabresi effettuate come delegazione del Partito Radicale durante le ultime festività natalizie.

Come ogni anno a Natale e Capodanno Marco Pannella e i Radicali - che con l'associazione Nessuno Tocchi Caino si occupano di abolire la pena di morte nel mondo e la pena fino alla morte in Italia - hanno visitato i penitenziari della Penisola. Grazie alle autorizzazioni del DAP avute per l'interessamento di Rita Bernardini, nell'ambito dell'iniziativa Spes contra Spem, si è deciso di visitare tutte, una per una, anche le dodici carceri calabresi con un tour iniziato la vigilia di Natale con la visita alla circondariale di Castrovillari (CS) e terminato il 5 gennaio alla casa di reclusione Luigi Daga di Laureana di Borrello.

Il 26 dicembre mattina la delegazione è stata invece a Palmi e, nel pomeriggio, a Vibo Valentia; il giorno dopo alle case circondariali di Reggio Calabria, Panzera ed Arghillà. Il 29 dicembre il ritorno, dopo averci trascorso il capodanno 2015, nella circondariale Ugo Caridi di Catanzaro e il 30 in quella di Crotone.

Il Capodanno, mentre Marco Pannella visitava Rebibbia, spiegano Rocco Ruffa, “noi lo abbiamo passato con i detenuti del carcere di Rossano Calabro, il 2 gennaio con i ristretti nel carcere di Locri e il 3 a Paola la mattina e a Cosenza il pomeriggio. Abbiamo infine concluso il giro delle carceri calabresi con la visita il 5 gennaio ai detenuti della casa di reclusione di Laureana di Borrello (RC)".

Durante i sopralluoghi, anticipazione di un rapporto delle visite effettuate che sarà pubblicato a breve, si sono raccolti dei dati con un questionario carceri elaborato da Rita Bernardini, riguardante agenti e detenuti presenti distinti per grado di giudizio. Ciò ha reso possibile calcolare, per ogni istituto, percentuale di sovraffollamento, di reclusi in attesa di giudizio, di quelli che hanno la possibilità di lavorare ed evidenziare le principali carenze.

12 CARCERI: SOLO IN 10 UN DIRETTORE, OLTRE 130 GLI AGENTI IN MENO

“Un dedalo di ‘labirinti’ di dodici carceri sparse tra le ‘Calabrie’ - spiegano Ruffa e Candido - di cui solo dieci hanno direttori effettivi perché due delle carceri visitate non hanno un direttore e sono affidatiti a ‘reggenti’ che devono perciò dirigere più di un istituto; un dedalo di labirinti in cui lavorano - ristretti pure loro, spesso ignorati dalla famosa quanto assente società civile - 1342 tra agenti e graduati della polizia penitenziaria, oltre educatori, personale medico sanitario, direttori; tutti senza un provveditore regionale la cui reggenza, anche questa a scavalco, è affidata al provveditore regionale della Basilicata, Salvatore Acerra (dopo il suicidio del dottor Quattrone). Dovrebbero esserci 1473 agenti di polizia penitenziaria ma in realtà assegnati sono 1342 di cui 198 impegnati nel nucleo traduzioni”.

SUPERATO IL SOVRAFFOLLAMENTO, SOTTOUTILIZZATI CROTONE E LAUREANA

Con 2.385 persone detenute presenti al momento delle visite (di cui 60 donne) ed una capienza regolamentare di 2.692 posti (2.519 quelli effettivamente disponibili; alcune celle sono inagibili e il carcere di Arghillà ha due intere sezioni chiuse per carenza di personale) nel carcere "Calabria" il problema del sovraffollamento sembra superato (il valore medio si attesta al 95% rispetto alla capienza regolamentare). Ci sono però istituti sottoutilizzati come quelli di Crotone e Laureana ed altri, invece, che hanno superato la capienza regolamentare: Palmi (169 detenuti su 135 posti realmente disponibili - sovraff. 124%), Locri (92 detenuti su 89 posti), il Panzera (249 detenuti in 186 posti - sovraff. 134%) e Arghillà (178 detenuti in 176 posti) a Reggio Calabria. Quest'ultimo, in particolare, avrebbe una capienza regolamentare di 306 posti ma due intere sezioni sono chiuse (in realtà non sono mai state aperte) per mancanza di personale e i posti realmente disponibili sono 176.

IL 40% DEI DETENUTI È IN ATTESA DI GIUDIZIO

“La cosa che fa specie – sottolineano i Radicali - è che di 2.386 detenuti presenti solo 1.414 (il 59,3%) hanno una sentenza definitiva di condanna. Gli altri, il 40,7% circa della popolazione detenuta nelle calabre galere sta lì in attesa di giudizio. Ma questo è il dato "regionale" medio e la media, se riguarda le persone, non sempre è adatta a fotografare una realtà: nel carcere di Palmi, ad esempio, le persone detenute in attesa di giudizio sono il 75% della popolazione carceraria, il 68% ad Arghillà. Persino in una casa di reclusione come Rossano, dove in teoria dovrebbero starci solo detenuti con condanne definitive, più del 10% dei ristretti è in attesa di giudizio”.

"In molti casi appare urgente" ha scritto Papa Francesco nel messaggio inviato in occasione della giornata mondiale della pace "adottare misure concrete per migliorare le loro condizioni di vita nelle carceri, accordando un'attenzione speciale a coloro che sono privati della libertà in attesa di giudizio avendo a mente la finalità rieducativa della sanzione penale e valutando la possibilità di inserire nelle legislazioni nazionali pene alternative alla detenzione carceraria".

“Noi - ribadiscono Ruffa e Candido - diciamo che l'irragionevole durata dei processi per la quale l'Italia è condannata da trent'anni dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per violazione dell'articolo 6 della Convenzione EDU, per i detenuti in attesa di giudizio si traduce spesso in irragionevole durata di una ingiusta detenzione considerato che, come nota l'avvocato Deborah Cianfanelli nel dossier giustizia del Partito Radicale inviato al Presidente della Repubblica, i processi per ingiusta detenzione o errore giudiziario sono oltre 2000 all'anno e, nel 2011, lo Stato ha pagato risarcimenti per 46 milioni di euro”.

MEDIATORI CULTURALI ASSENTI IN 9 STRUTTURE

Altra problematica delle carceri calabresi è quella dei mediatori culturali: assenti in ben nove dei dodici istituti visitati. Hanno un mediatore solo il carcere di Arghillà (dove però c'è è un volontario) di Reggio Calabria, il Caridi di Catanzaro dove ci sono 136 detenuti stranieri e un solo mediatore e quello di Paola in provincia di Cosenza. Ma il mediatore non c'è - ad esempio - a Rossano dove i detenuti stranieri sono 44 e c'è un'intera sezione di imputati per terrorismo internazionale, unica nel suo genere in tutta Italia.

ASSISTENZA SANITARIA ALTRO PUNTO CRITICO DEL SISTEMA

Anche dal punto di vista sanitario le cose, secondo o Radicali, non andrebbero bene: “da quando la sanità in carcere è passata dalle dipendenze del DAP alle Regioni e, di conseguenza, da queste alle Aziende Sanitarie Provinciali”, affermano. In molte carceri visitate non vi sarebbe un servizio medico H24; c'è a Rossano ma in alcuni istituti, come Laureana di Borrello, il medico è presente solo tre ore al giorno.

Nonostante nelle carceri calabresi ci siano 108 tossicodipendenti per lo più da cocaina solo diciotto sono in terapia con metadone, 138 sono affette da epatite C, 11 sono disabili motori e 513 i casi psichiatrici, trattati per lo più con ansiolitici.

Il diritto alla salute - in Calabria già poco tutelato fuori dal carcere - per le persone private della libertà diventa un miraggio” denunciano ancora i Radicali spiegando ancora che “a Laureana di Borrello per un banale mal di denti si passa la nottata: detenuti e agenti; bisogna chiamare il 118; l'ambulatorio odontoiatrico e gli altri ambulatori della struttura sono lasciati senza materiale di consumo. E per una visita odontoiatrica esterna può capitare che il detenuto debba aspettare oltre sette mesi per avere l'autorizzazione del magistrato di sorveglianza. Perché – presguono i due rappresentanti - il magistrato di sorveglianza è stracarico di lavoro e spesso non gira tra le celle come dovrebbe”. Emblematico il caso di Biagio, detenuto a Palmi, che essendo stato operato al colon-retto vive con un pannolone e soffre per non potersi lavare adeguatamente in cella dove non c'è bidè né doccia, soprattutto i giorni del processo quando deve essere portato fuori dal carcere prima dell'ora delle docce comuni.

Sempre a Palmi - solo per citare un altro esempio - non vi sarebbe poi uno specialista cardiologo e non vi sarebbe nemmeno la possibilità del tele consulto. Un qualunque sintomo deve perciò essere preso come 'caso grave' e tradotto in ospedale.

STRUTTURE E AMBIENTI MEDIOCRI, ACQUA CALDA ANCHE MEZZ’ORA AL GIORNO

“In alcuni istituti, come in particolare quelli di Palmi e Castrovillari, - aggiungono poi i Radicali - le condizioni strutturali degli ambienti detentivi sono mediocri, con umidità sia nelle celle sia nei corridoi; le docce, in violazione del Regolamento penitenziario del 2000, sono docce comuni alla sezione ed esterne alle celle con tre posti e il soffitto e le pareti verdi dalla muffa. Si riesce a garantire una doccia giornaliera ma l'acqua calda, in molti istituti non viene erogata tutto il giorno. Come a Palmi e Castrovillari pure a Vibo Valentia, dove le celle hanno il bagno con doccia, l'acqua calda arriva mezz'ora al giorno”.

A questo quadro generale vanno aggiunti 161 atti di autolesionismo in due anni: 99 nel 2014, 62 nel 2015, nove agenti vittime di aggressioni, due detenuti e un agente suicidi nel 2014 e nel 2015.

Dovrebbero esserci 56 educatori in pianta organica ma assegnati effettivamente in servizio nel "carcere Calabria" sono solo in 42. Pure per ciò che attiene la finalità rieducativa e di reinserimento sociale dei detenuti nelle carceri calabresi si è lontani dal dettato costituzionale: come il diritto alla salute anche il lavoro in carcere resta un miraggio. Di 2.385 persone detenute solo 587 (il 24,6%) lavoravano alle dipendenze del DAP facendo, tra l'altro, mestieri come scopino e porta vitto. Altri dieci soltanto lavorano in carcere per imprese o cooperative esterne e solo sedici lavorano all'esterno in condizioni di semi libertà: quattro per conto proprio e dodici dipendenti da datori di lavoro esterni.

Solo 75 detenuti hanno permessi premio e ben 661 di loro non effettuano regolari colloqui: oltre gli stranieri ci sono persone totalmente abbandonante anche dalle loro famiglie. Numeri che tradotti in percentuale stanno allo zero virgola e “che palesano il fallimento della funzione rieducativa e di reinserimento sociale della pena detentiva”.

“CARCERI LUOGI DOVE SI CONSOLIDA LA TRADIZIONE CRIMINALE”

Un ultimo aspetto riguardante i diritti dei detenuti: “in molti istituti – sostengono Ruffa e Candido - manca il regolamento (spesso è in fase di approvazione da parte del DAP, dicono) ma in tutti c'è una carta dei diritti e dei doveri disponibile anche nelle lingue di appartenenza quando ci sono detenuti stranieri.

“La sensazione che rimane al termine di queste visite – spiegano ancora i due radicali - è che, sebbene vi sia un miglioramento nelle condizioni di sovraffollamento (che comunque permane in alcune carceri) ed alla buona volontà di direttori, comandanti ed educatori, molto resti ancora da fare per porre termine alle violazioni del diritto e dei diritti umani. In particolare, oltre ai problemi infrastrutturali di molti istituti, restano insufficienti - marginali - le misure volte alla formazione e al reinserimento dei detenuti rendendo così le carceri luoghi dove spesso si impara o si consolida la tradizione criminale”.

Il carcere è un luogo dove ci si può perdere per sempre o dove, invece, ci si può ritrovare per sempre. Dovrebbe almeno in teoria essere un luogo dove rieducarsi e reinserirsi a pieno titolo nella società. Per i Radicali è dunque necessario ripensare il carcere, rendendo effettive ed incentivando misure alternative alla detenzione.

Il Partito Radicale, anche dalla Calabria, ribadisce però che “una riforma strutturale della giustizia in Italia deve necessariamente partire da un provvedimento di amnistia ed indulto come aveva suggerito Napolitano nel messaggio inviato alle Camere nell'ottobre 2013 rimasto inascoltato; amnistia e indulto che sarebbero in grado - da soli - di creare le condizioni affinché, grazie all'alleggerimento dei carichi giudiziari ed alla deflazione penitenziaria, che consentano di ripensare la funzione stessa del carcere come istituzione formativa piuttosto che solo punitiva o afflittiva, un carcere dove la detenzione in cella sia prevista quando vi è reale necessità di non nuocere ad altri e per il minor tempo possibile; carceri in cui la maggior parte del tempo è impiegato per migliorare sé stessi e non perduto nell'ozio forzato della cella. Quello che invece la politica regionale subito potrebbe e dovrebbe fare è evidente: istituire anche in Calabria la figura del garante dei diritti delle persone private della libertà personale".

IN ALCUNE DELLE VISITE effettuate dai Radicali erano presenti anche militanti e simpatizzanti del Partito. a Castrovillari: Claudio Scaldaferri, Emilio Quintieri, Gaetano Massenzo ed Ernesto Biondi; a Palmi: Gianpaolo Catanzariti; a Reggio C.: Gianpaolo Catanzariti, Giuseppe Mazza, Santo Cambareri e Gernando Marasco; a Catanzaro: Antonio Giglio ed Emilio Quintieri; a Crotone si è aggiunto - con funzione ispettiva - il Senatore Francesco Molinari di Alternativa Libera ed Emilio Quintieri quale suo accompagnatore; a Rossano C. Emilio Quintieri; a Paola Sabrina Mannarino, Carmine Curatolo, Emilio Quintieri, Claudio Scaldaferri ed Ernesto Biondi; a Cosenza Gaetano Massenzo, Emilio Quintieri, Claudio Scaldaferri, Ernesto Biondi e Valentina Moretti; a Laureana di Borrello Luca La Gamba e Gernando Marasco.