Imprenditori “contigui” alla ‘ndrangheta: sigilli a beni per oltre 200mln di euro

Reggio Calabria Cronaca

Un ingente patrimonio, del valore complessivo di oltre 214 milioni di euro, riconducibile a due noti imprenditori, è stato confiscato stamani dagli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza e del Centro Operativo della Dia di Reggio Calabria.

Gli investigatori ritengono gli imprenditori “contigui” ad esponenti della ‘ndrangheta legati alle cosche Tegano e Condello di Reggio Calabria, Alvaro di Sinopoli, Barbaro di Platì e Libri di Cannavò; clan considerati tra i più efferati operanti nella provincia della città dello Stretto.

Le indagini, coordinate dalla Procura, avrebbero consentito alla Gdf e alla Divisione investigativa antimafia di accertare “una palese sproporzione” tra l’ingente patrimonio individuato ed i redditi dichiarati dai soggetti oggetto delle investigazioni, “tale - secondo gli inquirenti - da non giustificarne la legittima provenienza”.

Complessivamente sono stati confiscati, tra Calabria e Lombardia, 220 immobili tra appartamenti, ville e terreni; nove società e 22 rapporti finanziari. Irrogate anche due misure di prevenzione personali della sorveglianza speciale nei confronti degli stessi imprenditori.


I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE

Il provvedimento è l’epilogo di una articolata attività investigativa: secondo il Gico la Dia vi sarebbe un’ingiustificata discordanza tra il reddito dichiarato e il patrimonio a disposizione, direttamente o indirettamente, dei due imprenditori “che - sostengono gli inquirenti - sebbene abbiano mantenuto nel tempo una facciata di rispettabilità” risulterebbero contigui con esponenti della locale criminalità.

Estrapolata e acquisita numerosa documentazione - ufficiale e non – come contratti di compravendita di beni mobili e immobili, quote societarie, atti di partecipazione e aggiudicazione di beni messi all’asta dal Tribunale fallimentare, atti notarili, scritture private ecc., necessari per ricostruire ogni singola operazione economica operata dai due imprenditori reggini e dai rispettivi nuclei familiari.

Il materiale acquisito è stato oggetto, quindi, di approfondimenti per ricostruire tutte le operazioni societarie effettuate da Siclari e da Rappoccio e dalle loro famiglie; operazioni che, nel corso dell’ultimo ventennio, hanno determinato un arricchimento che gli investigatori reputerebbero “anomalo” se rapportato alla capacità reddituale lecita dichiarata dai due.

INQUIRENTI: SICLARI, CONSOLIDATI STRETTI RAPPORTI CON LA CRIMINALITÀ

Pietro Siclari, è un noto imprenditore nei settori edilizio, immobiliare e alberghiero; fu arrestato il 17 novembre 2010 dalla Dia di Reggio per estorsione aggravata nell’ambito dell’operazione denominata “Entourage”. Sempre secondo la tesi degli investigatori “avvalendosi anche della forza di intimidazione derivante dagli stretti rapporti con alcune delle cosche mafiose della provincia” l’imprenditore avrebbe minacciato di morte un congiunto di un suo dipendente e costretto quest’ultimo a formalizzare le sue dimissioni dall’azienda rinunciando alla liquidazione. L’episodio risalirebbe all’agosto 2006, quando, successivamente ad una rapina (avvenuta il 4 di agosti di quell’anno) presso gli uffici della società di Siclari lo stesso avrebbe cercato di sfruttare la conoscenza di noti esponenti della criminalità per individuarne gli autori. Le ricerche - spiegano i militari - lo avrebbero condotto al presunto basista della rapina, figlio del dipendente nei cui confronti avrebbe poi attuato le “ritorsioni estorsive”.

Questo fatto rinforzerebbe lo scenario tratteggiato dagli inquirenti, in cui emergerebbe la figura di Siclari come imprenditore “incline - scrivono gli investigatori - a voler gestire i propri affari avvalendosi della fitta rete di collegamenti con esponenti della criminalità …” e con quali, nel corso degli anni, avrebbe consolidato stretti legami.

La vicenda giudiziaria si è conclusa con una condanna (l’8 luglio del 2013) ad otto di reclusione e a 2.500 euro di multa.

La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale reggino, in riferimento agli accertamenti svolti dalla Dia, nel provvedimento di oggi ha così stigmatizzato la figura dell’imprenditore: non vi sono dubbi - scrivono - sulla pericolosità sociale del proposto in quanto indiziato di appartenere alla ‘ndrangheta. Tale pericolosità, che certamente ha contrassegnato tutto il percorso di vita imprenditoriale del Siclari, deve ritenersi ancora attuale. … omissis … Ebbene, le risultanze in atti hanno dimostrato una contiguità funzionale del proposto ad importanti appartenenti delle cosche così profonda e soprattutto così risalente nel tempo che non vi è motivo di ritenere sia venuta meno con il mero decorso del tempo … omissis … Il giudizio di persistente attualità della pericolosità sociale è, del resto, avvalorato dalla circostanza che, per tutta la durata del procedimento di prevenzione, il Siclari è stato agli arresti domiciliari avendo il giudice di merito con riferimento all’estorsione aggravata ritenuto ancora attuali le esigenze cautelari”.

Il Tribunale traccia poi un profilo delle imprese riconducibili all’imprenditori, sostenendo nella sua tesi accusatoria che la “Siclari Antonino & figli sas” “sia pienamente inquadrabile nel genus della cosiddetta impresa mafiosa …[]…L’impresa che fa capo all’imprenditore … ha ad oggetto attività economiche lecite, è costituita da capitali leciti ma, al tempo stesso, utilizza per lo svolgimento della propria attività metodi di carattere mafioso e costituisce uno strumento di cui si serve l’organizzazione criminale per seguire le proprie finalità illecite”. “L’esercizio di attività di impresa con metodo mafioso – aggiungono i magistrati - non presuppone il diretto compimento di condotte minatorie e violente da parte della medesima impresa, ma che la stessa operi normalmente, cioè riceva richieste di lavori, sfruttando la forza intimidatrice dell’organizzazione mafiosa di riferimento, sulla base de patti stretti con essa. … [] … Le risultanze in atti conducono a ritenere che la Siclari Antonino & figli sas debba essere ricondotta a questa …[]… categoria: sussistono plurimi e convergenti elementi di fatto che consentono di sostenere che la Sas, a prescindere dalla liceità o meno di parte delle risorse genetiche, si sia progressivamente ampliata e sia cresciuta fino a diventare la realtà economica fotografata dalle indagini solo grazie alla personale attività del proposto, unico e incontrastato dominus della stessa il quale è riuscito ad ottenere appalti del tutto al di fuori delle libere logiche concorrenziali attraverso lo sfruttamento delle proprie conoscenze. …[]… La collusione con la ‘ndrangheta – concludono gli inquirenti - ha permeato tutta la storia imprenditoriale del Siclari consentendo l’ascesa della sas dallo stesso gestita e al contempo alla ‘ndrangheta di esercitare il controllo sulle attività economiche della zona. Siclari Pietro, ben lungi dall’essere un imprenditore vittima del sistema, incarna il tipico esempio di imprenditore colluso”.

INQUIRENTI: RAPPOCCIO, VICONO AD AMBIENTI CRIMINALI DI ELEVATO SPESSORE

Pasquale Rappoccio, è stato Presidente e proprietario della squadra di pallavolo femminile reggina “Medinex”, militante nella massima serie (l’A1), oltre che socio della “Piero Viola”, prestigiosa società sportiva che ha vantato decenni di presenza nel massimo campionato di basket italiano. Attualmente incensurato è coinvolto in importanti procedimenti penali contro lo sviluppo e la penetrazione delle potenti cosche di ‘ndrangheta negli ambienti imprenditoriali e finanziari reggini.

Per gli investigatori sarebbe significativa la sua vicinanza ad ambienti criminali di elevato spessore: una circostanza, riferita da un collaboratore di giustizia, riferirebbe che in occasione del matrimonio di una delle figlie di Giovanni Tegano, Rappoccio sarebbe stato invitato partecipando al banchetto riservato a pochi intimi ed organizzato dal cognato, Paolo Siciliano. “Ciò - è la tesi degli inquirenti - in quanto Rappoccio era ritenuto dalla cosca Tegano un personaggio meritevole di considerazione e, quindi, degno di prendere parte a dei festeggiamenti carichi di significato simbolico all’interno della cultura che contraddistingue gli ambienti mafiosi”.

Sarebbe stato poi stato documentato un articolato quadro indiziario, da cui emergerebbero ripetuti contatti dell’imprenditore con altri esponenti di spicco della criminalità.

Diverse sono le iniziative imprenditoriali che lo vedrebbero coinvolto con esponenti di spicco della ‘ndrangheta, tra le quali si evidenziano, ad esempio, le cointeressenze societarie nel lussuosissimo “Grand Hotel de la Ville” e nel Piccolo Hotel s.r.l.”.

Inoltre, Rapoccio, come sostenuto nel procedimento “Reggio Nord”, sarebbe “tra gli ideatori e suggeritori” del meccanismo formale utilizzato per schermare l’operazione di acquisto da parte della cosca Condello dell’attività commerciale “Il Limoneto” - storico locale di riferimento della movida reggina e palcoscenico della "Reggio bene" - nel più ampio complesso immobiliare comprensivo di villaggio turistico acquistato tra il 2005 e il 2007 dalla “Welcome Investiments Italia s.r.l.”, società partecipata dall’imprenditori e, sempre secondo gli investigatori, in maniera occulta da Pietro Siclari.

I BENI CONFISCATI A SICLARI

L’intero patrimonio aziendale della Siclari Antonino & Figli S.a.s. con sede legale a Reggio Calabria; il 33% delle quote societarie della Gruppo Gestioni Sanitarie S.r.l., con sede a Reggio; il 24,77% delle quote societarie della Gesam S.p.A. (grandi esercizi, servizi alberghieri e mense S.p.A.), con sede a Villa San Giovanni e proprietaria del prestigioso Grand Hotel de la Ville; il 28,85% delle quote societarie della Piccolo Hotel S.r.l., con sede a Villa San Giovanni e proprietaria del noto complesso alberghiero “Plaza Hotel Comfort”; il 15% delle quote societarie della Otto S.r.l., con sede a Reggio Calabria; il 50% delle quote societarie della Welcome Investments Italia S.r.l., con sede legale in Reggio Calabria, via del Gelsomino nr. 45 (Partita Iva 80119590588). La Welcome Investments Italia S.r.l. detiene l’80% delle quote della Jonio Blu S.r.l., proprietaria del complesso alberghiero “Villaggio Jonio Blu” di Bianco; 206 beni immobili, tra villette, appartamenti di pregio, autorimesse e terreni intestati al proposto ed alle società allo stesso riconducibili; 16 rapporti finanziari per oltre 1,6 milioni di euro.

I BENI CONFISCATI A RAPPOCCIO

L’89% delle quote societarie della Nuovo Basket Viola Reggio 98 S.r.l., con sede a Reggio Calabria; il 67% delle quote della Gruppo Gestioni Sanitarie S.r.l., Reggio Calabria; il 40% delle quote della Icras S.r.l., Reggio Calabria; il 34% della Icarus S.r.l., con sede a Milano; il 26% della Gesam S.p.A. (grandi esercizi, servizi alberghieri e mense S.p.A.), con sede a Villa San Giovanni (RC), proprietaria del prestigioso Grand Hotel de la Villedi Villa San Giovanni; il 28,86% della Piccolo Hotel S.r.l., con sede a Villa San Giovanni, società proprietaria del noto complesso alberghiero “Plaza Hotel Comfort” di Villa; il 50% della Welcome Investments Italia S.r.l., con sede a Reggio Calabria e che detiene l’80% della Jonio Blu S.r.l., proprietaria a sua volta del “Villaggio Jonio Blu” di Bianco; 14 beni immobili nella provincia di Reggio Calabria e a Milano; sei rapporti finanziari per oltre 72 mila euro.