Cosche Gallelli e Procopio-Mongiardo, 8 arresti per estorsione: sequestrati beni

Catanzaro Cronaca

La Polizia ha tratto in arresto 8 persone considerate esponenti di primo piano delle cosche Gallelli e Procopio-Mongiardo attive nel versante ionico del Catanzarese. Si tratta di Vincenzo Gallelli (72 anni), Andrea Santillo (55), Gerardo Procopio (55), Michele Lentini, Maurizio Gallelli (41), Mario Mongiardo (47), Fiorito Procopio (62) e Andrea Cosentino (70). Alcuni dei soggetti erano già ristretti perché indagati per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Secondo le indagini - coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia del capoluogo - gli indagati, nel corso di 20 anni, si sarebbero avvicendati nella riscossione di ingenti somme di denaro frutto dell’estorsione ad un imprenditore che era impegnato in diversi lavori pubblici oltre che proprietario di un rinomato villaggio turistico.

Parallelamente, il Gico della Guardia di Finanza ha eseguito anche un sequestro preventivo d’urgenza di immobili e quote societarie, per un valore di un milione e mezzo di euro, contestando a carico di alcuni degli indagati il reato di intestazione fittizia di beni.

Le contestazioni di oggi, riguardano anche estorsioni imposte con il metodo della percentuale sull’importo dei lavori per l’aggiudicazione di gare per appalti pubblici. Nello specifico l’imprenditore sarebbe stato costretto a versare il 3% di un totale di circa 500 mila euro relativamente alla costruzione di un sottopasso ferroviario nel comune di Sant’Andrea Apostolo dello Ionio.

I DETTAGLI DELL'OPERAZIONE

Le investigazioni, coordinate dalla procura distrettuale Antimafia di Catanzaro, da Vincenzo Capomolla, Vincenzo luberto e Giovanni Bombardieri e condotte dalla Squadra mobile con l’impiego di numerosi presidi tecnici e con una meticolosa attività di riscontri, avrebbero consentito di accertare la presunta e pressante attività estorsiva a cui era stato sottoposto l’imprenditore attivo nel settore dell’edilizia privata e degli appalti pubblici e della gestione del rinomato villaggio turistico, nell’arco temporale degli oltre 20 anni.

Il cambiamento degli assetti criminali avrebbe costretto l’imprenditore a subire l’estorsione da diversi soggetti che sarebbero subentrati nel controllo del territorio, a seconda delle dinamiche criminali che avrebbero visto coinvolte le famiglie di ‘ndrangheta nei comuni di Sant’andrea Apostolo Dello Ionio, San Sostene e Badolato.

In particolare la famiglia Gallelli con collegamenti con le ‘ndrine della limitrofa provincia reggina e le famiglie Procopio-Mongiardo, i cui interessi nella gestione di villaggi turistici sarebbero stati già comprovati da precedenti indagini condotte dalla squadra mobile.

Tali avvicendamenti delle consorterie nella gestione delle attività criminali avrebbe costretto la vittima a subire, nel tempo, diversi danneggiamenti con lo scopo di indurla a versare il compenso estorsivo ai soggetti che via via divenivano i personaggi di riferimento delle cosche. L’ammontare dell’estorsione subita dall’imprenditore sarebbe stata quantificata in circa 200mila euro complessivi, versati in somme annuali, nonché sulle percentuali degli appalti realizzati; mentre i danneggiamenti subiti ammonterebbero a svariate centinaia di migliaia di euro.

Le complessive attività investigative, svolte sotto la direzione della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro avrebbero, quindi, consentito oltre che di definire un quadro probatorio ritenuto valido per l’emissione delle misure cautelari personali conseguenti all’attività svolta dalla squadra mobile, ma anche di disporre le misure cautelari patrimoniali del sequestro d’urgenza, come epilogo delle complesse indagini economico-finanziarie eseguite dal Gico di Catanzaro, attraverso una ricostruzione meticolosa degli assetti societari ed il conseguente incrocio con le risultanze dell’attività tecnica e info-investigativa svolta sul territorio.

Queste investigazioni avrebbero permesso agli inquirenti di ricostruire i presunti interessi economici della cosca Gallelli che, ricorrendo ad articolati schermi societari e a fittizie intestazioni di beni, sarebbe così riuscita a inserirsi in importanti iniziative imprenditoriali ed attività commerciali apparentemente legali.

La guardia di finanza, quindi, al termine dell’attività investigativa, che avrebbe permesso contestazioni per intestazione fittizia di beni, aggravata dalla metodologia mafiosa, ha sottoposto a sequestro preventivo, su disposizione della procura distrettuale, quote societarie, beni mobili ed immobili, attività economiche e due aziende operanti nel settore edilizio per un valore complessivo di circa un milione e mezzo di euro.

(ultimo aggiornamento 11:50)