Pujia, lettera al Sole 24 Ore su classifica università

Catanzaro Attualità

Riceviamo e pubblichiamo

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Gentile Direttore,

Le scrivo in riferimento alla “classifica” delle Università Italiane recentemente pubblicata dal suo quotidiano, che avrà un notevole impatto sulle scelte delle future matricole relative alla sede in cui proseguire gli studi e che servirà, come ogni anno, da stimolo alle Università e a chi quotidianamente in esse opera, anche in vista di quel miglioramento continuo che tutte le Università sono chiamate a realizzare. Vorrei, infatti, segnalare alcuni punti critici degni di maggiore studio e attenzione. Mi riferisco a due indici, quello di “sostenibilità” e quello di “occupazione” presenti nel rapporto e che vedono l’Università di Catanzaro, presso la quale lavoro, all’ultimo posto.

Nel primo caso, l’assunto (non dimostrato) da cui si parte è che avere più docenti nelle materie principali sia indice di qualità. Per un quotidiano che si rivolge principalmente ad imprenditori non c’è nulla di più paradossale! Infatti, sarebbe come dire che un’auto che consuma 10 litri di benzina per fare 100 km è meglio di una che ne consuma 5 per percorrere la stessa distanza!

Se l’Università di Catanzaro, con i suoi 7,3 docenti per corso di laurea, consente ai suoi studenti di ottenere 32 crediti pro capite (cioè poco più della metà degli esami previsti per ogni anno) e l’Università Statale di Milano con i suoi 15,6 docenti per corso di laurea consente ai suoi studenti di ottenere 38 crediti è più “sostenibile” Milano (terzo posto) o Catanzaro (ultima in classifica)? Le risorse sono meglio allocate a Catanzaro o a Milano?

Anche la classifica concernente l’occupabilità dei laureati merita un commento alla luce dei dati ISTAT da cui emerge che l’indice di occupazione giovanile calabrese nel 2014 era del 20%, mentre quello lombardo del 47%.Una domanda sorge allora spontanea: esiste davvero questa grande differenza tra la realtà universitaria di Catanzaro (collocata in ultima posizione) che garantisce ai suoi laureati il 46% di occupazione e quella di Milano Bicocca (collocata in seconda posizione) che garantisce ai suoi l’81%, considerato che entrambe hanno un indice doppio rispetto alla media?

In conclusione, voglio sperare che su questi indici sia avviata una riflessione critica, nel tentativo di migliorare queste “bussole” utili ad orientare le scelte dei giovani magari in maniera dissimile dalle bussole reali, il cui ago punta sempre e comunque verso il Nord.

Arturo Pujia

Coordinatore del Presidio di Qualità dell’Università di Catanzaro