Frana di Maierato, 8 avvisi di garanzia a funzionari pubblici ed imprenditori

Vibo Valentia Cronaca
La frana vista dall'elicottero

Otto avvisi di garanzia, emessi dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vibo Valentia, sono stati notificati a due funzionari del Comune di Maierato e a due funzionari della Provincia di Vibo oltre che a quattro imprenditori della zona industriale di Maierato. Per i dirigenti pubblici l’accusa è di disastro colposo e frana mentre per gli imprenditori dovranno rispondere del reato di disastro ambientale doloso e frana.

Le indagini, avviate da carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico e della Compagnia di Vibo Valentia, risalgono al periodo di tempo antecedente alla frana che, il 15 febbraio del 2010 interessò la cittadina di Maierato. In particolare si riferiscono all’anno 2008 e sono scaturite a seguito di una denuncia presentata da un contadino della zona che aveva segnalato una strana colorazione del fosso Scuotapriti, accompagnata de esalazioni nauseabonde.

I successivi approfondimenti consentirono di accertare una mancata gestione del depuratore a servizio della zona industriale e un presunto smaltimento illecito di reflui industriali inquinanti nel fosso. Le quattro aziende maggiormente coinvolte, già dalle prime indagini furono interessate da provvedimenti di sequestro parziale o totale dell’opificio, ed in alcuni casi anche dell’arresto in flagranza dei due soci con l’accusa di smaltimento illecito di rifiuti speciali pericolosi.

Gli accertamenti dei tecnici della Procura, che si è avvalsa per alcuni aspetti societari anche della Guardia di Finanza, avrebbero stabilito che la reazione chimica provocata delle sostanze smaltite nel fosso, “hanno contribuito in modo assolutamente determinante alla verificazione dell’evento frana”.

Per gli investigatori tutti gli indagati, “con le loro condotte commissive (per gli imprenditori) o omissive (per i funzionari pubblici)” avrebbero causato una frana di enormi proporzioni caratterizzata “da una diffusione talmente repentina - spiegano gli inquirenti - da esporre a un concreto pericolo la collettività”.

Queste condotte, in base alla tesi dell’accusa, avrebbero contribuito ad “acidificare fortemente le acque” del Fosso Scuotapriti che, attraverso l’ininterrotto scorrimento sotterraneo tra le rocce carbonati che, caratteristiche del sottosuolo, provocarono la lenta e progressiva destrutturazione dei calcari. Tutto ciò, combinato con la sovrassaturazione dell’area dovuta, oltre che a deflussi superficiali e allo scarico di acque bianche, anche alle copiose precipitazioni registratesi nei giorni immediatamente precedenti all’evento, provocò la repentina accelerazione del processo di dissoluzione delle rocce e quindi il collasso del sistema geologico di località Giardino.

LA VIOLENTA FRANA DI MAIERATO

Come si ricorderà, il 15 febbraio del 2010, un’enorme frana evolutasi in una colata, interessò il paese di Maierato. Una massa enorme si staccò da una collina ad ovest del paese, muovendosi a gran rapidità verso valle, portando via con sé alberi, vegetazione, un pezzo di strada provinciale, e creando una enorme nicchia nella collina larga 500 metri ed alta 50. Il volume stimato del movimento franoso fu di 10 milioni di metri cubi.

La frana si attivò alle 16.30 del 15 febbraio ed ebbe inizialmente un comportamento che i geologi chiamano tecnicamente “scivolamento roto-traslazionale”: formato cioè da una componente di rotazione ed una di traslazione. In seguito, a causa della saturazione dei terreni e della loro liquefazione, il movimento evolvette in una vera e propria colata di fango che avanzò verso valle con velocità molto elevata coprendo più di un chilometro di distanza.

I motivi della frana sono stati ricondotti, dopo approfondite indagini supportate da consulenze tecniche, ad un intreccio di fattori: alle scarse qualità geo-tecniche dei terreni del sottosuolo, alla intensa circolazione idrica sotterranea e soprattutto ad alcuni importanti fattori inquinanti che hanno accelerato lo sfaldamento e la liquefazione della roccia.

I Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Reggio Calabria e del Comando Provinciale di Vibo Valentia, hanno effettuato dei sopralluoghi (assistiti da CTU della Procura e da personale dell’Arpacal) nell’area della frana. Dai controlli sono stati interessati anche il depuratore della zona industriale e quattro stabilimenti mentre, contestualmente, è stata acquisita della di documentazione presso gli Uffici del Comune di Maierato e della Provincia di Vibo.

Secondo gli inquirenti l’evento franoso sarebbe avvenuto in seguito al versamento di solfuri, bromuri, ferro, zinco ed acidi vari provenienti da residui industriali. Per diversi anni questi rifiuti sarebbero finiti senza alcun trattamento di depurazione direttamente nella fogna e nel torrente di Maierato, proprio nell'area poi oggetto nel 2010 della gigantesca frana. Il pericolo per l'incolumità pubblica e l'inquinamento, per come riferito dagli inquirenti in conferenza stampa, è ancora in atto.

Le quattro imprese coinvolte nell'operazione odierna avrebbero scaricato di tutto nel torrente, avvelenando l'intera area con l'illecito smaltimento di rifiuti speciali pericolosi.

Anche il depuratore del Comune di Maierato al servizio del Nucleo industriale, per gli investigatori, avrebbe funzionato malissimo contribuendo all'inquinamento. È la prima volta in Calabria che viene contestato a delle aziende, oltre che a funzionari pubblici, il reato di disastro ambientale doloso. Una delle aziende indagate avrebbe scaricato nel torrente anche avanzi provenienti dalla lavorazione del tonno, tanto da rendere rossa l'acqua del torrente ed irrespirabile l'aria.

(Ultimo aggiornamento 14:29)