Blitz anti ‘ndrangheta in Piemonte: arresti e perquisizioni, anche a Crotone

Crotone Cronaca

I carabinieri del Comando provinciale di Asti hanno arrestato stamani sei persone considerate affiliate ad una cosca di ‘Ndrangheta. Il blitz è scattato all’alba non solo ad Asti ma anche nelle province di Torino e Vercelli e a Crotone, in Calabria. 22 le perquisizioni eseguite dai militari dell’Arma nei confronti di altrettante persone coinvolte nella maxi inchiesta.

Gli inquirenti contestano i reati di coltivazione, produzione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti; porto e detenzione illegale di armi da sparo comuni e da guerra ma anche l'omicidio di Nicola Moro, 53enne commerciante di prodotti ittici all'ingrosso che venne assassinato a Villanova d'Asti nel 2011, omicidio che si ritiene commesso con l’aggravante di aver agevolato le attività delinquenziali della cosca di ‘ndrangheta denominata “locale di Cirò”.

Le investigazioni, che sono durate per circa tre anni e mezzo e che sono ancora in corso, hanno già portato all'arresto per droga di altre quattro persone, al sequestro di 37 chili di stupefacente e di una serra per la coltivazione di marijuana.

GLI ARRESTATI

A finire in manette Massimo Agostinelli, foggese di 48 anni; Giuseppe Bossio 53enne di Strongoli; Giuseppe Chiricosta, 57enne di Ardore (nel reggino); Tomas Pochì, 22enne di Pinerolo e Maurizio Russo, 53enne di Mesagne.

I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE FISHERHAUS

In particolare, Bossio e Chiricosta, secondo gli inquirenti, avrebbero agito in concorso tra loro e con almeno un’altra persona non identificata, uccidendo Nicola Moro sparandogli un colpo di calibro 9. Per l’accusa l’atto criminoso fu mosso da premeditazione poiché gli autori del delitto individuarono una zona isolata dove nascondere il corpo, diedero un appuntamento alla vittima e lì lo portarono per ucciderlo. Ai due è anche contestato di aver agevolato l’attività di un’associazione di stampo mafioso e aver così per favorito l’attività della “locale di Cirò”, dalla quale Moro aveva ricevuto circa 300 mila euro per organizzare una importazione di cocaina via mare senza però concludere nulla e senza restituire il denaro.

Dalle indagini si evidenzierebbe che la vittima era stata incaricata di avviare delle attività commerciali ittiche di copertura, tra cui tre negozi in provincia di Asti (nel capoluogo, a Villanova d’Asti e Costigliole d’Asti), e sarebbe stato assassinato per avere disatteso gli ordini delle cosche in relazione alla somma ricevuta.

A Maurizio Russo, invece, è contestato il reato di avere coltivato illecitamente, all’interno di tre capannoni di una ditta di Caselle Torinese, frazione Mappano, 363 piante del peso complessivo di 6,282 Kg di marjuana, contenenti 153.280,8 mg di THC, nonché di aver detenuto altri quantitativi di droga.

Thomas Pochì, per gli inquirenti sarebbe colui che avrebbe acquistato un ingente quantitativo di stupefacente (circa 8,6 chilogrammi di hashish) per spacciarlo e di aver acquistato alcuni chilogrammi di hashish da diversi fornitori.

Giuseppe Bossio e Massimo Agostinelli sono accusati di aver detenuto illegalmente più armi, in particolare almeno un pistola cal. 9, una pistola cal. 7,65, una pistola Dilljnger e altre di tipo e calibro imprecisato, nonché un fucile mitragliatore Kalashnikov.

ALTRI 4 FINITI IN MANETTE

Nel corso delle attività svolte, sono state arrestate anche altre quattro persone: Francesco Bossio, 24enne di Rivoli e Edoardo Repetto, 25enne di Torino, entrambi finiti in manette per produzione, acquisto, commercio, trasporto e detenzione al fine di spaccio di sostanze stupefacenti; Domenico Visconti, 35enne di Rivoli e Mohamady Mohamed Elnaggar Sayed, egiziano di 30 anni, arrestati per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

I CONTORNI DELL’OMICIDIO MORO

I risultati ottenuti oggi sono il prodotto di un’attività particolarmente complessa ed articolata, frutto di tre inchieste parallele e convergenti delle Procure Distrettuali di Reggio Calabria, Catanzaro e Torino. Le indagini hanno avuto inizio il 17 settembre del 2011, con il ritrovamento del cadavere di Nicola Moro. Alle 3 del mattino, i militari della Stazione carabinieri di Villanova d’Asti intervennero nei pressi del casello di uscita dell’autostrada su richiesta di alcuni cittadini, constatando che in un avvallamento che delimitava il terreno boschivo, adiacente ad una piazzola, vi era un uomo riverso a terra.

Le prime investigazioni accertarono che la vittima era un piccolo imprenditore commerciale (originario di Brindisi) pregiudicato per reati concernenti il traffico internazionale di stupefacenti. Il sopralluogo permise di rinvenire sul posto una cartuccia inesplosa di una semiautomatica ed un bossolo esploso di una cal. 9; il luogo dell’assassinio inoltre si trovava a breve distanza dalla casa di Nicola Moro, poco meno di 5 Km di strada.

Secondo gli investigatori, nelle sue ultime ore di vita, cioè nella serata del 16 settembre del 2011, la vittima si era allontanato da casa a bordo dell’autovettura di famiglia, una Peugeot 205, ritrovata il successivo 18 ottobre nel piazzale del centro commerciale di Moncalieri, alle porte di Torino, regolarmente posteggiata e chiusa a chiave.

Venne anche analizzato il PC di Moro e i suoi tabulati telefonici. Gli investigatori si concentrarono così sulla società “Fischerhaus Snc” della quale la vittima era socio amministratore. Approfondimenti consentirono di appurare che la ragione principale della costituzione dell’aziende sarebbe stata legata al traffico di sostanze stupefacenti che in quel periodo Moro e un suo socio in affari avevano avviato con altri soggetti calabresi, tra i quali proprio Giuseppe Bossio e Giuseppe Chiricosta.

In questa prospettiva, la società avrebbe dovuto essere utilizzata come copertura per noleggiare una nave da utilizzare per l’importazione di un ingente quantitativo di cocaina da destinare alla cosca denominata “Locale di Cirò”.

Tramite intercettazioni telefoniche, pedinamenti, analisi dei tabulati dei cellulari sarebbe emerso che Bossio, Chiricosta, la vittima ed il suo socio in affari, in cambio di circa 300 mila euro, ricevuti dai committenti calabresi, avrebbero dovuto realizzare e portare a termine il trasporto, via mare, di un’ingente quantità di “cocaina” o “pasta di coca”, da prelevare in Colombia o in un altro Stato sud americano. Per gli investigatori, difatti, Mora vantava contatti e collegamenti con esponenti di spicco della criminalità organizzata calabrese, per il tramite di Bossio e Chiricosta, che lo avrebbero coinvolto in una vasta operazione di traffico di stupefacenti con la locale di Cirò.

Di contro, con la somma ricevuta, Moro ed il socio avevano aperto tre pescherie con l’insegna “Fischerhaus” (ad Asti, Villanova d’Asti e Costigliole d’Asti) utilizzando parte del denaro anche per sanare alcune loro personali situazioni debitorie, spendendo tutto il denaro anticipato dalle cosche.

Le risultanze delle operazioni tecniche svolte nel corso delle indagini nei confronti dei soggetti interessati hanno concorso a condurre anche all’arresto in flagranza per “coltivazione illecita e detenzione al fine di spaccio di ingente quantitativo di sostanze stupefacenti di Francesco Bossio (figlio di Giuseppe) e Edoardo Repetto, che sono ritenuti come i realizzatori di tre serre tecnologicamente attrezzate, ritrovate all’interno del capannone industriale di un’azienda facente capo a Giuseppe Bossio e Maurizio Russo (successivamente sottoposto a sequestro). Nei confronti dei due è già intervenuta la sentenza di condanna in primo grado ad 1 anno e 8 mesi di reclusione.

Sempre secondo gli investigatori, l’idea di avviare l’attività di coltivazione di marijuana sarebbe da ascrivere a Francesco Bossio e Edoardo Repetto.

36 LE PERSONE DENUNCIATE

L’attività di oggi, infine, ha portato a scoprire in totale 129 reati (un omicidio di mafia, traffico di armi e stupefacenti e truffe); a denunciare in stato di liberà 36 persone, ad arrestarne 4; a sequestrare 36 kilogrammi di hashish e marijuana, il capannone attrezzato a coltivazione di serra e denaro contante e merce per un ammontare di 80 mila circa.

I provvedimenti di custodia cautelare in carcere sono stati emessi da Elena Rocci, Gip presso il Tribunale di Torino, su richiesta di Stefano Castellani e Sandro Ausiello della Procura presso la Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo piemontese.

[aggiornata alle 12:30]