Zara (Pcl): “La buona scuola di Renzi nasce dai suoi cattivi maestri”

Calabria Attualità

“Il ddl sulla “buona scuola” non è un passaggio isolato dell’azione del governo. Esso si inserisce pienamente in un progetto organico di tirannia padronale sull’ intera società; dal Jobs Act all’italicum. Questo disegno si muove con tratti inequivocabili”. È quanto sostiene Ivan Zara del Pcl di Reggio Calabria.

“Nella scuola in particolare, si punta a concentrare la sfera della decisionalità ai presidi managers; tanti “Renzi in miniatura” ai quali il Pinocchio fiorentino vorrebbe conferire super poteri dalla definizione degli organici alla valutazione delle “capacità e dei meriti”. Il quadro è ulteriormente aggravato dallo svuotamento della residua parvenza di democrazia di organismi collegiali sempre più depotenziati dai risvolti della gestione economica delle scuole sempre più condizionata dai flussi provenienti dal privato presentati oggi come “contribuzioni volontarie” ma già da adesso carichi di pesanti ipoteche sulla natura e sulle finalità reali di un sistema formativo asservito ai potentati economici.

Gli scandalosi riconoscimenti e i sostegni economici già concessi alle “scuole paritarie” cioè ai privati impallidiscono di fronte ad un progetto di così ampio respiro. Le promesse di assumere 100.000 precari è una favola buona solo come i gonzi. Si pongono infatti alcune ovvie domande: quali (e quante) sono le coperture finanziare che sarebbero necessarie? Quale sarà il futuro dei nuovi docenti e non docenti destinati ad essere triturati dai superpoteri delle dirigenze cui si vuole delegare nei fatti anche il potere della licenziabilità dei dipendenti? Quali aspetti tragicomici ha questa millanteria nello stesso momento in cui un intera leva di docenti viene sequestrata sui posti di lavoro dai perversi meccanismi della “riforma Fornero”?

Lo sciopero indetto, pur tardivamente, da molti sindacati per il 5 maggio può rappresentare un’ occasione per il ritorno in campo di un’ intera categoria alla quale non è stata data finora la possibilità di rispondere ad un attacco protrattosi per anni. Ma ciò può avvenire solo se lo sciopero non sarà un paravento dietro il quale le varie burocrazie sindacali cercheranno di ricostruire verbalmente la loro credibilità agli occhi dei lavoratori.

Sta a questi trasformare il 5 maggio nel trampolino per una mobilitazione adeguata con un’ azione prolungata, con la costituzione di un coordinamento nazionale permanente delle RSU e di delegati di base, con forme di lotta adeguate e con un’apertura alla partecipazione attiva degli studenti.

E’ necessaria una mobilitazione di ampio respiro che colga un dato elementare: “la buona scuola” è solo un segmento di una politica generale contro il lavoro, è un tassello di una stabilizzazione autoritaria della società italiana che concretizzerebbe un modello già pensato decenni a dietro dai centri di potere della borghesia italiana. In questo senso Renzi con la sua “buona scuola” si dimostra allievo esemplare dei suoi cattivi maestri.

Il PCL auspica che le forze che scenderanno in campo per contrastare questi disegni siano più numerose possibile e che si costruisca un grande fronte del lavoro contro il capitale. Per la scuola, e in genere per tutto il settore dell’informazione, è necessaria l’adozione di parole d’ordine al tempo stesso semplici, chiare ma anche dotate di una forza almeno pari a quella prodotta dalla controparte: ritiro del ddl sulla buona scuola; varo di un piano per difendere e sviluppare la scuola pubblica anche con l’assunzione dei precari; con il reperimento delle risorse con i tagli alle spese inutili come le prebende alle dirigenze e molti progetti che servono solo ad alimentare circuiti clientelari e speculazione; promuovere una politica di sviluppo del diritto allo studio.

Migliorare edilizia e servizi collegati all’istruzione anche con l’utilizzo, sotto controllo sociale, delle risorse confiscate alla mafia e al sistema della corruzione; ripristinare il diritto pieno alla rappresentatività dei lavoratori e ad una effettiva contrattazione; abolire anche nella scuola la controriforma Fornero e difendere il sistema pensionistico pubblico;

Farla finita con il sistema dei dirigenti manager per affermare, invece, l’eleggibilità dei presidi da parte dei lavoratori; difendere la collegialità nella scuola. Dopo il 5 maggio dunque non si deve tornare a casa o nei ghetti in cui sono state trasformate le scuole. Occorre indire subito un’assemblea nazionale di RSU e delegati per decidere lo sviluppo della lotta e per non ridurre lo stesso sciopero ad un inutile ed episodico sfogatoio.

Licenziamo Renzi con il codazzo dei suoi presidi manager. Diamo le redini della scuola a docente ATA così come affidiamo l’Italia al governo di chi lavora”.