Omicidio La Rosa. Arrestati i presunti mandanti

Reggio Calabria Cronaca

Due persone, ritenute appartenenti e contigui alla ‘ndrangheta, in particolare alla cosiddetta locale di Canolo, sono stati arrestati nella notte appena trascorsa con l’accusa di essere i mandanti dell’omicidio di Fortunato La Rosa, assassinio avvenuto a Gerace l’8 settembre del 2005.

La Rosa era primario nel reparto di oculistica dell’ospedale di Locri. Una volta andato in pensione si dedicò alla passione dell’agricoltura in alcuni terreni di famiglia situati tra Canolo e Gerace. L’ex medico aveva denunciato più volte soprusi ed atti intimidatori subiti da “ignoti”. Venne assassinato poco dopo mezzogiorno di quell’8 settembre con tre colpi di fucile a pallettoni esplosigli contro mentre transitata lunga la strada che percorreva per raggiungere i suoi terreni.

L’ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita oggi dai Carabinieri, è stata emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia.

LE INDAGINI, condotte dai militari del Nucleo Investigativo del Gruppo di Locri, avrebbero permesso di acquisire indizi di colpevolezza (definiti dagli inquirenti “concordanti”) a carico dei due arrestati: secondo gli investigatori entrambe, in concorso con altri soggetti non ancora identificati, avrebbero deciso, organizzato ed eseguito l’omicidio di La Rosa per agevolare l’attività della “locale di Canolo”, di cui uno dei due ne sarebbe elemento di vertice.

Il movente dell’assassinio sarebbe una punizione della vittima che, secondo la tesi investigativa, “non avrebbe tollerato la sistematica invasione dei propri terreni da parte di bestiame di proprietà del nucleo familiare” a cui appartengono gli arrestati. Altra ragione che avrebbe portato all’omicidio sarebbe stata quella di favorire l’attività di allevamento e di commercializzazione di bovini, di interesse per i vertici del sodalizio, e che sarebbe stata condotta anche attraverso violenze o minacce e con la pretesa del pascolo abusivo su terreni altrui, cosa che avrebbe dovuto essere tollerato, spiegano ancora i carabinieri, proprio in virtù del potere di intimidazione che derivava dall’appartenenza alla ‘ndrangheta.


LE PERSONE ARRESTATE sono Giuseppe Raso, 74 anni, già agli arresti domiciliari per altri reati, ed il cognato, Domenico Filippone. Ai due è contestata l'aggravante di aver commesso il delitto con premeditazione e l'illecita detenzione ed il porto abusivo di armi da fuoco. A loro carico anche il contenuto di testimonianze sommarie assunte dagli investigatori, nonostante il clima di assoggettamento ed omertà della zona, ma anche alcuni riscontri acquisiti grazie alle intercettazioni telefoniche ed ambientali, in particolare quelle effettuate nel corso dell'operazione "Saggezza", che nel novembre del 2012 avrebbe fatto luce sugli organigrammi e le attività illecite della 'ndrangheta, accertando l'esistenza e l’operatività di cinque "locali" riferibili alle municipalità di Antonimina, Ardore, Canolo, Ciminà e Cirella di Platì, individuandone le figure apicali, tra cui proprio Giuseppe Raso.