Mafia: boss fermato a Palermo, in Calabria procurò 100 kg tritolo

Calabria Cronaca

Vincenzo Graziano, ritenuto il reggente del mandamento mafioso di Resuttana, è stato fermato nel corso di un'operazione disposta dalla Dda nel quartiere palermitano. Graziano era stato arrestato lo scorso 23 giugno nell'operazione chiamata dagli investigatori "Apocalisse" e scarcerato il mese dopo. Secondo l'accusa, ha preso il posto di Vincenzo Galatolo, che dopo l'arresto ha cominciato a collaborare con i magistrati. Graziano, tra l'altro, viene indicato da un pentito come l'uomo che in Calabria procurò 100 kg di tritolo che dovevano servire a compiere un attentato contro il pm Nino Di Matteo. L'operazione si è concentrata anche nella ricerca di armi ed esplosivi.

Il boss del mandamento di Resuttana Vincenzo Graziano, fermato stamattina a Palermo, secondo il suo predessore oggi pentito Vito Galatolo custodiva il tritolo che Cosa nostra si era procurato in Calabria per compiere un attentato contro il sostituto procuratore Nino Di Matteo, uno dei Pm del processo per la trattativa Stato-mafia.

Le dichiarazioni di Galatolo sono inserite nel provvedimento di fermo di Graziano disposto dalla Dda di Palermo, che comunque non contesta al fermato accuse specifiche ai piani contro Di Matteo, sui quali peraltro non ha competenza a indagare essecondo coinvolto un magistrato del distretto.

"Ho avuto modo di vedere l'esplosivo - sostiene Galatolo - nelle circostanze di cui ho gia' riferito in una delle occasioni in cui scesi a Palermo dietro autorizzazione... nel periodo che va dal 15 al 18 marzo (2013). Il Graziano mi fece vedere l'esplosivo il giorno di domenica 16 e lo stesso era custodito in un appartamento dell'Arenella, di mia proprietà". Questa ricostruzione è stata messa a verbale da Galatolo il 21 novembre scorso. Il pentito parla di una riunione svoltasi i primi di dicembre del 2012 tra boss per discutere dell'attentato contro Di Matteo.

Secondo Galatolo, "l'intento di organizzare l'attentato al dottore Di Matteo non è mai stato messo da parte; una volta -racconta- ne parlai con Vincenzo Graziano... ed avevamo pensato di posizionare un furgone nei pressi del Palazzo di Giustizia ma non ritenemmo di procedere perche' ci sarebbero state molte vittime. Pensammo anche, data la disponibilità della famiglia mafiosa di Bagheria, di valutare se procedere in località Santa Flavia, luogo dove spesso il dottore Di Matteo trascorre le vacanze estive".

Il fermo di Graziano è stato disposto dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dai sostituti Francesco Del Bene, Amelia Luise, Annamaria Picozzi, Dario Scaletta e Roberto Tartaglia.

"La presenza di 100 chili di tritolo sul territorio palermitano rende ancora attuale, a mio avviso, il pericolo dell'attentato nei confronti del dottor Di Matteo". Lo afferma il pentito Vito Galatolo in dichiarazioni rese il 14 novembre scorso e inserite nel decreto di fermo del boss Vincenzo Graziano, emesso dalla Dda di Palermo. Galatolo ha parlato dei summit secondo lui effettuati nel 2012 per decidere l'attentato contro il sostituto procuratore Nino Di Matteo, uno dei Pm del processo per la trattativa Stati-mafia "Andai ad una riunione in corso Tukory... Erano presenti oltre me Vincenzo Graziano, Antonino Lipari, Girolamo Biondino, Alessandro D'Ambrogio, Silvio Guerrera. Dopo una presentazione di rito rimanemmo solo io, Graziano, D'Ambrogio e Biondino... qua il Biondino, riprendendo la lettera che gli fu inviata da Matteo Messina Denaro, disse che bisognava fare un attentato al dottore Di Matteo perchè, come già detto, stava andando oltre e ciò non era possibile anche per rispetto ai vecchi capi che erano detenuti".

"In occasione della stessa riunione nei pressi di corso Tukory -continua il pentito- decidemmo di dare una risposta affermativa a Messina Denaro e decidemmo anche, vista l'impossibilità di quest'ultimo ad approntare il denaro necessario, di esporci economicamente per la preparazione e dell'attentato. In particolare io mi impegnai con 360.000 euro mentre le famiglie di Palermo Centro e San Lorenzo, si impegnarono per 70.000 euro. L'esplosivo sarebbe stato acquistato in Calabria da uomini che avevano della cave nella loro disponibilità e trasferito a Palermo. Dopo seppi che Biondino definì l'acquisto dalla Calabria di 200 chili di tritolo e, una volta arrivato a Palermo dopo circa 2 mesi dopo la riunione, fu affidato a Vincenzo Graziano. L'esplosivo, che io vidi personalmente in occasione di una mia presenza a Palermo per dei processi -sostiene Galatolo- era conservato in dei locali all'Arenella nella disponibilità di Vincenzo Graziano ed era contenuto in un fusto di lamiera e in un grande contenitore di plastica dura. Sopra questi bidoni vi era uno scatolo di cartone con all'interno un dispositivo in metallo della grandezza poco più piccola di un panetto. All'interno era composto da tanti panetti di colore marrone avvolti da pezze di tessuto". (AGI)