Operazione “Bread Express”. Spaccio di droga e estorsione, cinque arresti

Reggio Calabria Cronaca

I Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito un provvedimento di custodia cautelare, emesso dal Gip presso il Tribunale dello Stretto su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di cinque persone: a tre di loro vengono contestati diversi episodi di spaccio di stupefacenti, mentre a due un tentativo di estorsione.

L’attività investigativa nasce da un’altra indagine portata a termine sempre dai Carabinieri di Reggio che, sotto la direzione della Procura Distrettuale Antimafia, culminò il 27 giugno 2013 con l’emissione, nell’ambito dell’operazioneVittorio Veneto, di un decreto di fermo di indiziato di delitto nei confronti di otto soggetti (residenti nel versante tirrenico reggino) e considerati facenti parte di un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti ed armi, operante sul territorio della provincia reggina, in particolare a Cinquefrondi, Polistena ed altri comuni limitrofi, ma con ramificazioni e contatti sul tutto territorio nazionale.

L’operazione “Vittorio Veneto”, a sua volta, nasceva a seguito dell’arresto di un giovane, Carmelo Basile, originario della provincia di Messina ma residente da tempo nel Nord Italia, che fu trovato in possesso di quasi un chilogrammo di cocaina. Basile iniziò a collaborare con la giustizia facendo spostare l’attenzione degli investigatori su un agguerrito gruppo criminale, dedito come al traffico di ingenti quantitativi di stupefacente ed armi e che avrebbe avuto la propria base logistica all’interno di un’abitazione di Cinquefrondi. L’immobile sarebbe di proprietà di Rocco Francesco Ieranò, ritenuto capo del gruppo criminale. Quest’ultimo si era sottratto alla cattura e, dopo una breve latitanza, venne arrestato insieme ad un’altro persona, anch’essa sottrattasi al fermo del 26 giugno 2013.

Le microspie installate dai Carabinieri all’interno dell’abitazione di Ieranò (anch’egli collaboratore di giustizia) captarono, tra l’altro, un colloquio che gli inquirenti ritengono di notevole interesse investigativo e intercorso tra lo stesso Ieranò ed altri due indagati: Riccardo Ierace e Andrea Giovinazzo. Nel corso della conversazione sarebbe emerso che Ierace si fosse fatto consegnare una partita di stupefacente a parziale saldo di un debito vantato nei confronti di un soggetto di Melicucco (nel reggino), successivamente identificato in uno degli arrestati di oggi, Domenico Sellaro, titolare di un panificio. Quella partita di stupefacente, come gli stessi indagati avrebbero affermato durante una intercettazione ambientale, avrebbe fatto parte di una più consistente partita di oltre 400 kg detenuta Sellaro e che gli stessi indagati riferiscono di aver visto, tanto da descriverne anche le modalità di confezionamento: “era quella dentro i pacchi da due… ha 400 chili!... hanno un timbro rosso sopra il cellophane… una macchia rossa… sono 400!”. L’attività di intercettazione telefonica svolta sul panettiere di Melicucco avrebbe confermato la sua attività nel al traffico di ingenti quantitativi di stupefacente, prettamente di “marjuana”, in tutta la Calabria.

Uno dei principali soggetti di riferimento per lo smistamento della droga sarebbe un altro proprietario di un panificio di Santo Stefano di Rogliano (nel cosentino). La droga veniva chiamata dai due con termini criptici nel vano tentativo di eludere eventuali investigazioni, ecco allora che lo stupefacente per telefono diventava: “fresine, biscotti, la farina” e similari. Altro punto di riferimento per lo smercio della droga nel cosentino sarebbe stato rappresentato poi dal proprietario di un’autofficina di Mangone (CS) Antonio Brusco, che - sempre secondo gli investigatori - si sarebbe occupato, principalmente di procurare altri acquirenti a Sellaro. Brusco fu fermato nel corso di un’operazione a riscontro dell’attività di indagine in corso, mentre si sarebbe incontrato con Sellaro e trovato in possesso di 1.600 euro in contanti che, riferirà, sarebbe stata una somma di denaro servita, come meccanico, per acquistare da Sellaro “panettiere” una turbina.

IL TENTATIVO DI ESTORSIONE DA PARTE DI ANTONINO PESCE E ANTONINO CONSIGLIO

Sempre nel corso del dialogo captato all’interno dell’abitazione di Ieranò sarebbe emerso ancora poi che Sellaro sarebbe stato debitore nei confronti di un soggetto di Rosarno di 11 mila euro e che, proprio per tale situazione debitoria, sarebbe stato oggetto di una spedizione punitiva che sarebbe culminata in un brutale pestaggio. Effettivamente, l’attività intercettiva svolta su Sellaro avrebbe confermato anche questa circostanza. In particolare, nel corso delle intercettazioni, è stata captata una chiamata effettuata all’indirizzo di Sellaro e nella quale, un soggetto successivamente identificato in Antonio Pesce, gli avrebbe intimato di portargli tutti i soldi entro il giorno successivo, minacciandolo di morte e preannunciandogli che si sarebbe appropriato del suo panificio. Proprio a seguito di queste minacce, Sellaro, terrorizzato e disperato, avrebbe chiamava Antonino Consiglio affinché intercedesse con il giovane rampollo di una delle più potenti famiglie di ‘ndrangheta della Piana dicendo testualmente: “eh... ha detto che domani viene qua e fa quello che dev fare… non lo puoi chiamare per favore... per… per calmarsi un po’… mi ha detto che domani viene qui e si prende il forno ‘Ntoni!!”.

Sellaro sarebbe poi rimasto per diverso tempo sotto la morsa estorsiva di Antonino Pesce aiutato fattivamente da Antonino Consiglio. In un’occasione addirittura Sellaro, il giorno del matrimonio del cognato, sarebbe stato costretto a racimolare del contante, prelevandolo dalle “buste” che quest’ultimo aveva appena ricevuto in dono, per poi consegnarle ai suoi aguzzini.